Capitolo 1

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Finalmente.

Tre mesi.. tre maledetti mesi chiusa dentro questo inferno, ma non uno di quelli che immaginano tutti, con urla strazianti, ma al contrario fatto di silenzi assordanti, sguardi spenti e anime perse. Il tempo sembra quasi rallentato, come se lo osservassi da fuori, come gli scienziati osservano le loro cavie da laboratorio nelle gabbie, ma io.. io sono stata una delle cavie. E adesso, mentre ripercorro questi corridoi per l'ultima volta, mi sembra quasi di essere triste, ma non perché sto per rivedere finalmente la luce del sole, no... perché guardo tutte le altre persone qui dentro, attanagliate da demoni nascosti, invisibili, sfuggenti a volte, pronti a sparire quando provi ad acciuffarli, ma svelti a ritornare quando pensi di averli sconfitti. Come si fa a vincere una guerra contro la propria mente?

Nemmeno io ci sono riuscita, semplicemente perché non è possibile. Impari a conviverci credo, o forse solo a nasconderlo..

Ed è la parte peggiore. Non è facile far credere agli altri che stai bene, che sei rientrata nei canoni mentali dettati dall'ipocrisia e dalla mancanza di sensibilità della società in cui viviamo. Ormai quando una cosa è rotta la si butta via, non cerchiamo di aggiustarla, e così facciamo con le persone. Una volta che entri in posti del genere, dove la tua libertà viene a mancare per la tua sicurezza o per quella altrui, sei segnato a vita. Ma quasi nessuno ti urlerà ciò che pensa, no.. ti guarderanno in silenzio, da lontano, spaventati da te, da quello che sei e fingeranno, fingeranno di esserti vicini, di vederti ancora per quella che eri prima, ma in realtà, guardandoti, non vedranno altro che qualcosa di rotto, sostituibile e non riparabile.

Forse stare qui, dopotutto, mi ha aiutata ad aprire gli occhi su come il mondo concepisca un singolo soggetto, siamo piccoli granelli di sabbia, parte di qualcosa che con il tempo si è sgretolato, eppure ognuno di noi pensa di essere la spiaggia, e invece..siamo solo parte di essa.

Non voglio essere ipocrita, perché anche io prima ero così, ma adesso sono cambiata, costretta da questa malsana mentalità che non ti lascia libera scelta. Ogni giorno devi fare i conti con te stesso e con quello che ti aspetterà una volta uscito.

Ormai è arrivato il momento di tornare a nuotare con i più grandi predatori esistenti, le persone fuori.

<<Aspetta pure qui, cara>> il sorriso gentile della signorina Drew aiuta molti pazienti qui, ma non me. Mentre torna dietro al bancone della reception la scruto per non dimenticarla.

Se c'è una cosa che ho capito in questi mesi è che nessuno in un posto così è realmente felice, ma in fondo quando navighi nella disperazione non puoi far altro che assimilarla.

Credo che tra qualche anno lei sarà una delle tante cavie. Le occhiaie e lo sguardo spento sono segni chiari di una estenuante pesantezza dell'anima. Questa donna, tutti i giorni non fa che vivere questo inferno gelido da lucida, e posso assicurare che è meglio viverlo storditi dalle pillole. Ti fa comunque sentire parte di qualcosa.

Non faccio nemmeno tempo a sedermi che il Dottore esce dal suo ufficio invitandomi ad entrare.

<< Bene, sarai contenta di uscire immagino>> Ma che razza di domanda è?!

<< Qualcuno è mai stato felice di essere qui?>>

Noto che si blocca per un momento e poi sospira facendo una smorfia << touchè>> e mi porge la mia cartella e un foglio con su scritta la mia terapia.

<< Grazie, so di sembrare scortese, ma spero davvero di non rivederla più Dott. Turner>>

<< Non sarai costretta a rivedere me, ma dovrai comunque fare delle sedute settimanali con uno psicoterapeuta, e mi sono permesso di consigliartene uno>> mi da un biglietto da visita.

Cinnamon Lake [ H.S.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora