CAPITOLO II

660 36 5
                                    



«Hey! Dov'eri finito?! Pensavo fossi stato inghiottito dalla folla... ma è successo qualcosa?» tutto, era appena successo tutto. Ma, l'unica cosa che riuscì a fare Eloy, fu quella di voltarsi verso l'angolo dietro di lui e vomitare anche l'anima.

«Oh porca vacca!» Bruno si alzò di scatto andando da lui.

«Vieni, usciamo, hai bisogno di prendere aria.» lo trascinò di peso fuori dal locale, facendolo sedere sopra uno scalino, poco distante dall'entrata del locale.

«Hai decisamente bevuto troppo...» "magari fosse così", pensò Eloy.

«Sì, dev'essere così, ti dispiacerebbe accompagnarmi a casa? Oppure chiamarmi un taxi...?» Bruno lo aiutò ad alzarsi, avviandosi, insieme a lui, verso l'auto.

«Secondo te potrei mai lasciarti andare in giro da solo, in queste condizioni?» Dio quanto avrebbe voluto rimanere solo, aveva bisogno di mettere ordine nei suoi pensieri, aveva bisogno di capire cosa fosse successo.



Javier invece, quando era rimasto solo, aveva provato, per la prima volta nella sua vita, un senso di potenza e appagamento come mai prima di allora. Si domandava se fosse quella, la sensazione che si provava a mordere qualcuno, anche se quello morso era stato lui. Quel piccolo morso, lo sguardo di sfida di quel ragazzo, la certezza che se solo avesse dato libero sfogo ai suoi feromoni l'avrebbe catturato e mangiato in un solo boccone, gli avevano dato una carica adrenalinica pazzesca. Un lupo, ecco come si sentiva, un lupo che cacciava un cerbiatto.



Ma la luce del giorno gli schiarì le idee, lui non sapeva se era pronto per una relazione, e ancora meno per una relazione che partiva in salita come quella. Non si era mai interessato più di tanto a conoscere le problematiche delle coppie Tao/Omicron, ma quel poco che aveva letto, bastava a fargli passare la voglia di provarci. A questo si aggiungeva il fatto, non meno importante, che suo fratello era innamorato perdutamente del professorino e, anche se non aveva la minima speranza di poterci combinare qualcosa, non voleva certo farsi odiare da Marcos soffiandoglielo da sotto il naso. Perciò, da quel momento, s'impose di non pensarci più e riprendere la sua vita di sempre.



Eloy finalmente avrebbe potuto dormire fino a tardi, non aveva neppure messo la sveglia, nessuno lo avrebbe disturbato, avrebbe dormito fino a che ne avesse avuto voglia e avrebbe dedicato tutto il resto della giornata a bighellonare per casa, tra il divano, il letto e le peggiori schifezze da mangiare. Ma, alle nove di mattina, il telefono si mise a squillare senza tregua e non poté ignorarlo.

«Sì...» dall'altra parte gli rispose una voce che gli parve stranamente famigliare.

«Eloy Blanco?» "il professor Blanco è in ferie!", si chiese chi potesse essere, ma non gli venne in mente nulla.

«Sì, sono io, chi parla?» sentì in sottofondo un brusio di voci, come se quella persona si trovasse in un luogo affollato.

«Sono la madre di Isabel, Isabel Mendez.» certo che si ricordava. Era una delle sue alunne preferite, quando ancora insegnava alla Academia Santa Barbara, erano rimasti in contatto, non si sentivano da un paio di settimane.

«Salve signora Mendez! Come sta Isabel?» si domandava perché lo stesse chiamando.

«Mi perdoni se la disturbo, ma sono disperata e non so a chi altri rivolgermi. Avrei bisogno di chiederle un grande favore.» non aveva la più pallida idea di quale favore volesse chiedergli.

«Mi dica...» sentiva dal tono della voce, che la signora era molto agitata.

«Isabel è stata assalita dal un suo professore, abbiamo sporto denuncia, ma lei non vuole andare a parlare con l'avvocato, forse se l'accompagnasse... ha sempre avuto una fiducia immensa in lei...» ora era completamente sveglio e molto, molto arrabbiato. Come era potuto accadere?! Non potevano esserci insegnanti Alpha alla Santa Barbara!

«La ringrazio della fiducia, ma come è potuto accade-» la madre di Isabel lo interruppe bruscamente.

«Ha mentito, ha mentito per poter insegnare dentro quella scuola, e quando Isabel è entrata in calore erano soli...» stava già preparandosi, mentre ascoltava quella storia raccapricciante. Certo che l'avrebbe aiutata!

«Ci aiuterà?» sapeva benissimo dove abitavano. Chi poteva avere fatto del male a quella ragazzina stupenda!

«Sarò a casa vostra tra una mezz'ora.» la madre di Isabel sospirò rumorosamente.

«Grazie professore, la aspetterò davanti al portone.» quello che doveva essere il suo primo giorno di vacanza si sarebbe trasformato in una giornata che non avrebbe dimenticato facilmente.



«A che ora arriva?» lo aveva già chiesto a sua madre, ora stava ripetendo la medesima domanda a suo padre, che si era seduto a fare colazione in quel momento.

«Chi deve arrivare? Una tua "amichetta"?» Javier si era materializzato alle sue spalle.

«Che miracolo! Tutta la famiglia riunita a fare colazione!» sua madre, avrebbe voluto che succedesse più spesso.

«Javier! Ha, tu non lo sai! Oggi viene a trovarci nostro cugino dall'Irlanda!» erano anni che non vedeva quel ramo della famiglia, non aveva particolarmente voglia di ricevere visite, in quel momento.

«Che bello!» gli scompigliò i capelli mettendosi a sedere. Si versò una generosa tazza di caffè.

«Vai in tribunale oggi?» non aveva cause pendenti fino alla settimana successiva, sarebbe andato in studio più tardi, per lo meno, era quello che aveva deciso di fare, questo prima di sapere che, di lì a poco, avrebbero ricevuto visite.

«Devo sentire dei testimoni per la causa Mendez contro Moreno, è un caso difficile. Isabel Mendez è minorenne e Ciro Moreno è un uomo di quarant'anni, non mi è ancora chiaro cosa sia successo, Isabel è il cliente più reticente che abbia mai avuto, se non si decide a raccontarmi cosa sia realmente accaduto, non penso che riuscirò a portare la causa in tribunale...» suo padre non lo aveva mai visto così in difficoltà.

«Lo sai chi è il difensore di Moreno?» non aveva avuto ancora il tempo di verificarlo, era troppo preso a organizzare gli interrogatori dei testimoni.

«No, ma non mi interessa più di tanto...» suo padre storse il naso.

«Dovrebbe... Blanco è il più temibile in questo tipo di cause...» Blanco, quel cognome in quel momento non gli ricordava certo il vecchio avvocato.

«Vorrà dire che dovrò preparare la ragazza a ricevere le peggiori accuse della sua vita, spero che abbia sufficiente carattere per resistere...» finì di bere l'ultimo sorso del suo caffè, mentre già si stava alzando.

«Vado a fare un po' di telefonate dal mio studio, alle 10 ho il primo testimone da ascoltare e, se sua madre riesce a convincerla, nel pomeriggio mi incontrerò con Isabel.» la ferita sul labbro gli dava fastidio, ma allo stesso modo, ogni volta che la sfiorava con la lingua, gli faceva venire in mente ciò che aveva provato, e questo bastava a distrarlo e a infastidirlo.



«Isabel, apri la porta, sono Eloy, per favore... vorrei parlare con te...» era ormai al terzo tentativo e, se non avesse saputo che, dietro la porta di quella stanza, c'era qualcuno, avrebbe scommesso che fosse vuota, tanto era il silenzio. In quel silenzio assordante, la chiave che girava nella toppa, fu un suono inaspettato. Eloy aprì la porta e entrò, richiudendola dietro di sé. Isabel era seduta in un angolo della stanza, le tende erano tirate, la poca luce che filtrava, non gli permetteva di vedere a sufficienza, ma gli sembrava che la stanza non fosse nelle migliori condizioni.

«Hey... non è un po' buio qua dentro?!» avrebbe voluto abbracciarla forte, dirle che andava tutto bene, ma non era così, le avevano rubato la cosa più preziosa che aveva... le avevano rubato la possibilità di scegliere, le avevano tolto la libertà.

«Era il tuo sostituto, era bravo sai? Non quanto te, ma era bravo... ed era simpatico, come te... forse è stato questo che mi ha fatto confidare in lui... ma lui non era te... non dovevi andartene Blanco, maledizione!» Eloy prese la sedia che si trovava appoggiata al muro e si avvicinò a lei, quelle parole lo avevano ferito, anche se sapeva di non doversene fare una colpa, la sua empatia glielo impediva, sentiva il suo dolore crescergli dentro, come se avesse subito lui stesso la violenza.

«Isabel, non posso tornare indietro, e non posso cancellare quello che ti hanno fatto, ma, insieme possiamo fargliela pagare, però tu devi collaborare, devi andare a parlare con l'avvocato. Se lo farai, ti prometto che sarò al tuo fianco, fino al processo.» Isabel si alzò e si portò di fronte a lui. Era molto provata, sul suo viso, i segni delle notti insonni, erano evidenti e, dal suo stesso portamento, si intuiva il peso che stava portando.

«Devi giurarmelo, giura che non mi lascerai sola e io combatterò!» ecco, ora la riconosceva, quella piccola guerriera che aveva "allevato" con tanta cura per tre anni.

«Ti ho mai delusa? A parte quando sono andato via dalla Santa Barbara?» inaspettatamente Isabel gli gettò le braccia al collo.

«Mi manchi così tanto!» anche a lui mancavano le sue alunne, anche se, la scelta di andare a insegnare in una scuola per soli Alpha, era stata una sfida che aveva vinto, gli mancavano le giornate tranquille insieme alle sue ragazze.

«Hey... non fare cose inappropriate con il tuo ex professore.» le disse, scostandola dolcemente.

«Non ti sarai trasformato in un Alpha anche tu?!» scoppiarono a ridere.

«Ci mancherebbe solo questo! Mi basta starci in mezzo tutti i giorni! Ora vai a farti una doccia e vestiti, ti aspetto in cucina, ti preparo qualcosa da mangiare, facciamo quattro chiacchiere e poi andiamo dal tuo avvocato, ok?» Isabel annuì e Eloy uscì dalla stanza andando in cucina, per mettere in pratica ciò che le aveva detto.

La madre di Isabel era andata al lavoro, alle tre del pomeriggio, sarebbe tornata a casa per accompagnare entrambi dall'avvocato. Quando arrivò, si commosse, vedendo sua figlia di un umore completamente diverso, maledicendosi per non avere pensato prima a Eloy, sapeva quanto era legata al suo professore, anche se non si sentivano spesso, si erano mantenuti in contatto e, quando aveva lasciato il Santa Barbara, sua figlia era rimasta giorni e giorni a disperarsi. Anche l'avvocato Romero si era stupito che Isabel si fosse finalmente convinta ad andare a parlare con lui.

Plaza Doctor Balmiz era sempre una bellissima visione, la madre di Isabel li lasciò davanti al portone dello studio, e fu in quel preciso momento che Eloy realizzò che, l'avvocato di Isabel era Romero.

«Isabel sai, questo è il padre di uno dei miei alunni...» il portone si aprì.

«Non pensavo fosse sposato, l'avvocato Javier...» ciò che temeva, era uscito dalla bocca di Isabel, lo stava per rivedere, istintivamente toccò la tasca dei suoi pantaloni, i soppressori erano lì. La segretaria li fece accomodare in un salottino, offrendo loro da bere.

«Blanco, tutto bene?» Eloy era teso come una corda di violino, odiava trovarsi in situazioni che non aveva previsto, decisamente era un maniaco dell'ordine.

«Lo chiedi a me? Tu, piuttosto, sei anche troppo calma...» la segretaria si affacciò, comunicando loro che l'avvocato li stava aspettando. Isabel entrò nell'ufficio con passo sicuro e il sorriso sulle labbra, avere al suo fianco Eloy la rendeva più forte. Javier le andò incontro, sfoderando uno dei suoi sorrisi Alpha irresistibili che si oscurò, appena vide dietro di lei Eloy.

«Vedo che sei venuta in compagnia. Una compagnia inattesa e decisamente inappropriata.» non offrì a Eloy neppure una stretta di mano.

«Mi scusi?!» Eloy era già sul piede di guerra, era incredibile quanto quell'uomo riuscisse a farlo infuriare appena apriva bocca, e quanto, quella stessa bocca, lo avesse reso plastilina nelle sue mani!

«Prego, accomodatevi. Dicevo, Professor Blanco, che non mi sembra il caso che, il figlio del mio antagonista in questa causa, assista a questa chiacchierata, non sarebbe una cosa corretta nei confronti della mia assistita.» quanto avrebbe voluto gridare in quel momento, ma non voleva sembrare isterico, non davanti a "mister ghiaccio bollente".

«Precisiamo un paio di cose, avvocato Romero. Prima di tutto, i rapporti con mio padre non sono così assidui, visto che ci vediamo all'incirca un paio di volte l'anno. Seconda cosa, la mia presenza è stata richiesta espressamente dalla signorina Isabel, che non mi permetterei mai di tradire, in nessun modo! Comunque, se lo ritiene necessario, sono pronto a firmare un patto di non divulgazione.» Isabel intervenne, prima che Romero potesse ribattere.

«Avvocato, se sono qui oggi è perché Blanco mi ha convinto che questa fosse la cosa giusta da fare, la prego di considerare il professore come uno di famiglia, ha la mia fiducia totale.» Javier alzò le mani in segno di resa.

«D'accordo, ma, Isabel, un documento di non divulgazione lo farò redigere ugualmente, a mia e sua tutela, è necessario.» Eloy si appoggiò allo schienale, sentendosi un po' vincitore.

«Ho letto le carte, i referti dell'ospedale e questa mattina, ho finito di sentire i testimoni dell'accusa. Ora ho bisogno che si concentri e che mi racconti tutto, nei minimi particolari, Isabel. Lo so che è difficile, pensi a me come a un confessore, più dettagli mi darà, più io sarò in grado di difenderla al meglio.» Isabel si stava muovendo a disagio sulla sedia. Eloy le sorrise, annuendo.

«Insieme al Professor Blanco, abbiamo scritto tutto in questo foglio, di più non ricordo. Trovo che sia più semplice per me, che raccontarle tutto a parole.» Romero strinse gli occhi, prese il foglio e lo lesse con tutta calma.

«Testimonianza precisa. Non potevo chiedere di meglio.» appoggiò il foglio sulla scrivania e, lentamente, si alzò, dando loro le spalle. Per qualche secondo, si perse guardando la piazza.

«Signorina Mendez...» si voltò, guardandola dritta negli occhi. «Quanti anni ha?» Isabel alzò un sopracciglio.

«Ne compio 17 il mese prossimo.» giocherellando con una matita tra le mani, Javier si mise a camminare su e giù per la stanza.

«E... desumo che, questo non fosse il primo calore che affrontava...» Isabel era confusa, ma rispose.

«Credo fosse il terzo, perché?» Javier, non aveva nessuna intenzione di rispondere, a nessuna delle sue domande. Con la coda dell'occhio, continuava, incessantemente, a osservare Eloy, era più forte di lui, quel ragazzo era una calamita.

«Per quale motivo non aveva con sé i suoi soppressori?» Isabel, ora, era un po' spaventata, non capiva il perché di tutte queste domande e soprattutto il tono con il quale gliele faceva.

«Avevo cambiato la borsa, è forse un delitto?» Javier non si scompose. Notò immediatamente che Eloy, aveva cambiato espressione e lo guardava con attenzione.

«E lei, consapevole di poter entrare in calore, senza avere soppressori con sé, è rimasta chiusa, da sola, con un uomo, in una stanza? Com'era vestita quel giorno?» Isabel, si sentì improvvisamente messa sotto accusa, il suo cuore, iniziò a battere più velocemente.

«A-avevo una camicia bianca e la gonna...» Javier, aggirò la scrivania, appoggiandosi proprio di fronte a Isabel. Il suo sguardo era penetrante, l'espressione con cui guardava Isabel, incuteva timore. Eloy era evidentemente nervoso e pronto a scattare, nella mente di Javier, si materializzò l'immagine di loro due che lottavano in un corpo a corpo, finendo per fare tutt'altro.

«Aveva i tacchi alti? Si era truccata e profumata, era innamorata del bel professor Moreno? È un bell'uomo, single...» Eloy, che fino a quel momento si era trattenuto, appena vide la prima lacrima spuntare dagli occhi di Isabel, non ce la fece più. Si alzò e la prese per mano, trascinandola verso la porta.

«COME SI PERMETTE! È lei la vittima! Che razza di avvocato è lei?!» Javier non mosse un passo, la sua espressione rimase glaciale. Mai, nella sua vita, gli era capitato di conoscere un Omega così combattivo e pieno di orgoglio. Si stupì, nel pensare che, sarebbe stato bellissimo, averlo alla sua mercé.

«Se siete sconvolti da quello che è appena accaduto, meglio che lasciamo perdere la causa. Quando, al mio posto, ci sarà suo padre, Professor Blanco, queste domande le sembreranno quelle di una scolaretta. Scaverà nella vita di Isabel come un cane da tartufo, troverà ogni ragazzo con il quale ha avuto anche un piccolo, singolo, bacio. Scoprirà che tipo di soppressori prende, produrrà ogni singola foto che ritrae Isabel in posizioni, o in luoghi, non consoni. Se non regge queste mie piccole, insignificanti, domande provocatorie, abbiamo perso in partenza.» Eloy si bloccò con la mano sulla maniglia della porta, che figura di merda che aveva appena fatto. Aveva ragione Javier, sapeva il fatto suo. Si girò, il suo sguardo vagò sul corpo di quel bellissimo esemplare di maschio Alpha, era imponente e, anche se in quel momento non sprigionava feromoni, avrebbe fatto girare la testa a chiunque.

«Isabel, è necessario, pensi di potercela fare?» Isabel ritornò sui suoi passi, asciugandosi le lacrime con la manica della camicia. Javier le porse un pacchetto di fazzoletti, e le diede da bere un bicchiere d'acqua.

«Non pensi, Isabel, che mi piaccia metterla sotto torchio in questo modo, ma, se voglio spedire Moreno in galera, e togliergli fino all'ultimo soldo che ha in banca, non mi posso permettere che lei ceda davanti alla giuria. Lei, li dovrà convincere, che è la sua, la verità assoluta, e lo deve fare, a prescindere da ciò che riuscirà o meno a trovare l'avvocato Blanco. Perciò, glielo chiedo un'ultima volta: c'è qualcosa che mi ha tenuto nascosto?» Isabel si coprì il viso con le mani e sospirò.

«Il professor Moreno e io, eravamo usciti a cena, la settimana precedente... ma, non era successo nulla, assolutamente nulla! Uscivo a cena anche con Blanco, tuttora, ogni tanto, lo facciamo.» sapeva che gli stava tenendo nascosto qualcosa d'importante, il suo sesto senso glielo stava dicendo dalla prima volta che le aveva parlato. Ma questo! Strinse con il pollice e l'indice l'attaccatura del naso, chiudendo gli occhi.

«Professor Blanco, sarebbe disposto a testimoniare su questo?» era scontato che l'avrebbe fatto.

«Può contare su di me, senza dubbio.» due colpi discreti alla porta, distolsero il gruppetto dalla conversazione, la segretaria entrò.

«È arrivata la signora Mendez, chiede se ne avete ancora per molto.» Javier alzò la mano, indicandole che avevano bisogno di cinque minuti.

«Per questa volta abbiamo finito, come compito, per il prossimo incontro, voglio che mi porti due cose; la prima, è una relazione dettagliatissima della serata che ha trascorso con il Signor Moreno, e la seconda, una lista di fidanzatini, o presunti tali. Ci vediamo in studio, tra una settimana, alla stessa ora, d'accordo? Prometto che farò di tutto per inchiodarlo.» Isabel gli sorrise.

«Ti accompagniamo noi a casa, Blanco?» Javier, aveva sentito quella frase di sfuggita; il suo istinto, gli stava suggerendo di buttarsi a capofitto in quella inattesa apertura, la sua ragione, gli stata gridando di starne lontano.

«Posso accompagnarla io, Professor Blanco? Ho finito, sto andando a casa anch'io.» Eloy, avrebbe voluto dire di no, centomila volte no.

«La ringrazio, Avvocato, se non è troppo disturbo.» Javier, lo avrebbe avuto tutto per sé; una felicità inaspettata lo fece sentire come un ragazzino al primo appuntamento, ma cercò di non darglielo a vedere, mantenendo la sua aria gelida.

«Nessun disturbo.» dopo avere salutato Isabel e sua madre, scesi per strada, si divisero.

Eloy seguì Javier, camminando, silenziosamente, al suo fianco.

«Grazie.» Javier si fermò, voltandosi verso di lui.

«Di che cosa mi stai ringraziando, professorino?» "mmmmh, ora ricomincia!", s'impose di non reagire alle sue provocazioni.

«Grazie per difendere Isabel, e scusa, se ho dubitato delle tue capacità, prima.» ripresero a camminare, lentamente.

«Mi fa ancora malissimo...» Eloy lo guardò, corrugando le sopracciglia.

«Il labbro inferiore dico, mi fa ancora malissimo...» Eloy arrossì, lo aveva colto alla sprovvista.

«Scusa ancora... ma poi perché? Non devo chiederti scusa! Mi hai assalito tu, te la sei cercata!» Javier si mise a ridere, aveva una di quelle risate cristalline che riempivano l'aria, alle quali era impossibile resistere.

«Hai ragione, hai ragione! Credimi, non so per quale motivo abbia agito in quel modo, ti chiedo scusa. Che cosa ne pensi, di ricominciare da capo? Salve, mi chiamo Javier Romero, ho 32 anni, sono un famoso avvocato, ho due fratelli, uno lo conosci bene, Marcus e l'altro, si chiama Francisco, di due anni minore di me, si è trasferito anni fa negli Stati Uniti. Ah, sono un Alpha Omicron.» Eloy scosse la testa, ma decise di stare al gioco.

«Piacere di conoscerla avvocato Romero, io mi chiamo Eloy Blanco, sono professore di matematica, un ottimo professore, ho una sorellastra molto più piccola di me, ho 29 anni e sono un Omega Tao.» erano arrivati alla macchina di Javier.

«Bella auto!» aveva preso la sua auto "da lavoro", se avesse visto la sua Lamborghini, cosa avrebbe detto?

«Niente di che, tu che auto hai?» Eloy sorrise, pensando alla sua bagnarola, a confronto con la Mercedes di Javier.

«Ho un'auto che ha 15 anni, una Renault elettrica, non so neppure come stia ancora tutta insieme!» non capiva per quale motivo, era figlio di Blanco, avrebbe potuto permettersi le stesse sue auto.

«Comprane una nuova!» Eloy alzò le spalle.

«Non ho abbastanza soldi da parte, e non ho certo intenzione di chiederli a mio padre, me la cavo benissimo da solo.» Javier mise in moto.

«Sicuro che sei un Omega?» non poteva immaginare, Javier, quanto quella frase lo stesse inorgogliendo.

«Certo! Vuoi provare?» le parole, erano uscite dalla sua bocca senza che il suo cervello fosse collegato.

«Professorino, stai attento quando parli, potrei prenderti sul serio.» lo sguardo penetrante che gli rivolse, lo fece agitare. Pochi minuti, ed erano sotto casa di Eloy.

«Bene, grazie del passaggio.» stava per scendere dall'auto, quando, Javier bloccò le portiere.

«Beh?! Perché non mi fai scendere?» non emetteva feromoni, non lo voleva attaccare, almeno sperava.

«Quando ci rivediamo?» Eloy si girò verso di lui.

«Perché vuoi rivedermi?» sembrava impacciato, era adorabile.

«Devo prepararti per la testimonianza giusto?» "non te la caverai in questo modo, avvocato.", pensò Eloy.

«Chiamerò la tua segretaria e mi farò dare un appuntamento, soddisfatto?» Javier sospirò.

«Ahh, professorino, voglio rivederti perché mi interessi.» voleva di più, non gli bastava.

«Ti interesso come testimone?» "adesso ti sistemo io, professorino!", si sporse verso di lui, mettendo la sua bocca vicina al suo orecchio.

«Sono interessato a te come uomo, mi piaci professorino, hai risvegliato la mia curiosità.» una serie di brividi percorsero l'intero corpo di Eloy, arrivando dritti al suo bassoventre, la voce di Javier, quando scendeva di un paio di toni, era a dir poco sensuale.

«Non sono sicuro che sia una buona idea...» continuava ad avvicinarsi pericolosamente a lui, inconsciamente, iniziò ad emettere feromoni, questo bastava a fermare qualsiasi Alpha che gli si avvicinava, ma non funzionava con lui, lui era un Omicron, su di lui avevano tutt'altro effetto, cercò di smettere, ma le pupille di Javier si stavano già dilatando.

«Come non è una buona idea, mettersi ad emettere questo profumo di torta di mele alla cannella, esci di qui, prima che inizi a mangiarti tutto...» si allontanò da lui, Javier sbloccò le portiere compiendo uno sforzo notevole.

«Ti chiamo per metterci d'accordo, buona notte, professorino.» raggiunse il suo appartamento, con un sorriso da ebete sulle labbra, quell'uomo era la quintessenza della sensualità, ma con la poca esperienza che aveva lui, poteva veramente piacergli? Uscire con lui non era una buona idea, ne era conscio, ma era stanco di razionalizzare tutto e, Dio quanto gli piaceva!

Erano da poco passate le dieci, era immerso nella visione di un vecchio film, di quelli che sicuramente lo avrebbero fatto piangere come un'aquila, quando ricevette un messaggio che lo fece sussultare.

· Che cosa starà facendo il mio professorino, mi sono chiesto? – se aveva il suo numero di telefono, significava che era tornato appositamente in studio per prenderlo?

Ø "Mio"? Non sapevo di essere "tuo". – "non può essere un omega, non si sta per nulla comportando come un omega!" e questo lo stava facendo impazzire, scatenando in lui pensieri, che non sapeva nemmeno di saper formulare.

· Se ti dico che sono convinto che lo sarai? – se solo si fosse immaginato come si stava sentendo in quel momento, era così combattuto tra il buttarsi tra le sue braccia e scappare via, lontano anni luce da lui!

Ø Penso che tu sia il maschio Alpha più presuntuoso che io abbia mai conosciuto. Cosa ti fa credere che cadrò ai tuoi piedi così facilmente? – neppure lui lo sapeva, ma nessuno, fino a quel momento, lo aveva preso in una forma così totalizzante. Non era solo il suo profumo, era il suo modo di essere, quel ragazzo era così fiero di sé stesso e allo stesso tempo così fragile.

· Buona notte Prof., sognami! - "ma, ma, ma..." che uomo impossibile, pensò Eloy.

Ø Difficilmente sogno, buonanotte a te. Giovedì sono libero. – "ah, molto bene", pensò Javier.

· Allora passo a prenderti alle otto, abbigliamento sportivo. – e lui che sperava in una bella cena in un ristorante costoso!

Ø Perché? Dove hai intenzione di portarmi? – aveva una mezza idea di dove portarlo.

· In paradiso, ti porto in paradiso prof., preparati... - se avesse potuto vedere la sua faccia in quel momento, si sarebbe reso conto che era già suo.



Il giorno dopo era mercoledì, aveva promesso a Bruno di accompagnarlo a fare delle compere e, anche se non ne aveva nessuna voglia, decise di andarci, ne avrebbe approfittato per chiarire la loro situazione. Si trovarono in un caffè, il Bardin Bakery. Quando Eloy arrivò, Bruno aveva già preso posto in un tavolino appartato, in fondo alla sala.

«Scusa il ritardo, non riuscivo a trovare parcheggio...» Bruno gli fece cenno di sedersi accanto a lui, sul piccolo divano.

«Non preoccuparti, sono qui da meno di cinque minuti, ti ordino un caffè?» Eloy sapeva che non era vero, era in ritardo di più di mezz'ora, e Bruno, era sempre in anticipo.

«Sì, ti prego.» Bruno chiamò il cameriere e ordinò il caffè per Eloy. Parlarono del più e del meno per qualche minuto. Bruno lo stava fissando da un po', quando, improvvisamente, allungò la mano posandola nel lato delle sue labbra.

«Scusa, avevi una briciola al lato del labbro, non ho resistito. Avrei preferito toglierla con la mia lingua, ma...» Eloy approfittò di quella frase.

«A proposito di questo, credo che sarebbe meglio se mantenessimo il nostro rapporto di amicizia. Non credo che tra noi possa funzionare.» Bruno era un uomo di mondo, questo cambio repentino, per lui, poteva avere una sola lettura.

«Come si chiama?» Eloy arrossì, pensava di essere riuscito a dargli una risposta che lo sviasse dal pensare questo, ma evidentemente, lo aveva sottostimato.

«Romero...» lo sguardo scandalizzato di Bruno, gli fece capire che stava fraintendendo.

«Che hai capito!? Javier Romero, il fratello del mio alunno!» Bruno sospirò sollevato.

«Per un attimo, ho pensato che fossi impazzito! Ok, ok. Se non sbaglio è un Omicron... non ho proprio speranze, quindi...» Eloy era sinceramente dispiaciuto, lui stesso, solo pochi giorni prima, pensava che tra di loro avrebbe potuto nascere qualcosa.

«Sì, lo è...» Bruno attirò verso di sé la sua mano, baciando la punta delle sue dita.

«Un bel sogno, è stato un bel sogno poter pensare che io e te un giorno potessimo stare insieme, ma voglio che tu sappia, che in me troverai sempre un porto sicuro a cui tornare. Ho imparato a volerti bene prima come amico, che come uomo. Non ho la minima intenzione di rinunciare alla nostra amicizia. Lasciami solo un po' di tempo però, prima di confidarmi quanto sia bello stare con lui, almeno questo me lo devi...» "perché non mi sono innamorato di lui!?", aveva una voglia pazza di abbracciarlo in quel momento, ma pensò che, forse, quella fosse l'unica cosa che doveva evitare per non farlo stare ancora più male.

«Allora, ci buttiamo a fare un sacco di compere?» gli disse Eloy con le lacrime agli occhi.

«Assolutamente sì!» dopo avere pagato il conto, si mischiarono nella folla pomeridiana. Fu un pomeriggio decisamente strano, aveva appena imboccato una strada, senza sapere dove portasse, ed era la cosa più azzardata che avesse mai fatto in tutta la sua vita. Pregava, che tutto questo, davvero ne valesse la pena.



Si era tolto questo peso dal cuore, ora poteva andare avanti. Il "paradiso" che gli aveva promesso Javier, era sempre più vicino; ancora poche ore e avrebbe scoperto cosa aveva in serbo per lui. Si ricordò che gli aveva raccomandato di vestirsi in maniera comoda e, anche se avrebbe preferito mettersi dei vestiti che esaltassero le sue qualità, gli diede retta. Indossò un paio di jeans non aderenti e una maglia blu notte con lo scollo a v, non amava mettersi le scarpe da ginnastica, ma erano l'unica opzione, con quell'abbigliamento. Alle otto in punto, Javier suonò il suo campanello.

«Arrivo in cinque minuti.» Javier odiava i ritardi, e aveva prenotato, perciò gli rispose seccamente:

«Due minuti, hai solo due minuti.» e Eloy odiava chi gli faceva fretta, ma cercò di non darlo a vedere quando, trafelato, lo raggiunse davanti al portone.

«Andiamo?» notò immediatamente che Javier era più teso della volta precedente, forse, era già pentito di essersi preso un impegno con lui? Saliti in macchina s'immisero nel traffico, dirigendosi nella prima periferia della città.

«Posso sapere, ora, dove mi stai portando?» il suo silenzio lo stava innervosendo, la voglia di fuggire da lui ritornò, prepotente, a farsi viva.

«Ancora pochi minuti di pazienza e lo saprai.» incrociò istintivamente le braccia sul petto, non disse più una parola. Parcheggiarono in un grande spiazzo, di fronte a una fazenda.

«Siamo arrivati.» scese dall'auto e si guardò intorno, non c'erano cartelli ad indicare cosa fosse quel posto. Non era di sicuro un ristorante, sarebbe stato segnalato. E neppure un Hotel, per fortuna.

«Perdonami, ma non capisco, che posto è questo?» Javier gli tese la mano.

«Un posto, che ci rivelerà un sacco di cose l'uno dell'altro. Questa, è la migliore Escape Room mai creata.» neppure se si fosse spremuto le meningi per tutto il giorno, avrebbe mai potuto immaginare che lo portasse in un posto del genere! Era questa la sua idea di "paradiso"?

«O mio Dio! Sono una completa frana nei giochi!» gli catturò l'altra mano e iniziò a trascinarlo, camminando all'indietro.

«La prossima volta sceglierai tu, prometto! L'unica cosa che ti lascerò fare questa sera, è scegliere il tema della stanza.» un uomo si materializzò all'entrata, ormai era tardi per scappare.

«Avvocato Romero! Che piacere! Venite prego, dovete passare prima dal mio ufficio e scegliere i dettagli.» il tema che più gli si addiceva sarebbe stato quello scientifico, ma, non voleva essere scontato, non a quel punto. Perciò, puntò sullo storico e scelse l'antico Egitto. La storia era abbastanza semplice, si basava sul racconto di Howard Carter sul ritrovamento della tomba di Tutankamon. Loro avrebbero dovuto trovare dove si nascondevano i resti del faraone, nell'immensa stanza che avevano a disposizione e, sotto la mummia, avrebbero trovato la chiave, che avrebbe loro aperto la porta per uscire dalla stanza. Avevano sessanta minuti a loro disposizione. Il proprietario li fece accompagnare da un assistente all'interno della stanza e li chiuse dentro. Una voce fuori campo, diede loro il primo indizio.

«Benvenuti nell'antico Egitto signori, sapete già quale sia la vostra missione! Il primo indizio, lo troverete nella scatola di legno contenuta nell'auto del faraone, buon lavoro. Ricordate, potrete contare sul mio aiuto, ma soltanto per tre volte.» incredibilmente, quella cosa lo stava entusiasmando molto di più di quello che avrebbe creduto, Eloy si avvolse le maniche.

«Andiamo a cercare un paio di ruote, avvocato!» Javier sorrise, la tensione che aveva, era dovuta al fatto di non sapere come avrebbe reagito a quell'inusuale appuntamento, ma, a quanto pareva, la reazione era più che positiva.

«Di sicuro non avevano delle auto, perciò dovremmo cercare una specie di carro...» Javier lo osservava divertito, mentre si spostava da una parte all'altra, cercando di scrutare in ogni anfratto.

«Ecco! Trovato, e la scatola dovrebbe essere questa. Ma non vedo nessuna serratura...» Javier si avvicinò, facendosi passare la scatola. Eloy scese dal carro e si portò al suo fianco, le mani di Javier si muovevano sulla scatola, saggiandone ogni lato. Con la punta delle dita sfiorava il legno, Eloy s'incantò a quella scena, pensando a quanto delle mani così grandi, potessero essere così lievi, immaginarle su di lui gli provocò una scarica di adrenalina che l'attraversò da capo a piedi.

«Credo che, effettuando una lieve pressione in questo punto e contemporaneamente ruotando la scatola, dovre...» un "click" accompagnò l'ultima parola, la scatola si aprì, rivelandone il contenuto.

«Ma... come hai fatto?!» ne aveva una molto simile, a casa. Gliel'aveva regalata suo padre, di ritorno da un viaggio a Cuba, l'aveva studiata per una settimana poi, casualmente, era riuscito ad aprirla.

«Una chiave, mmmh, ma non è certo quella che apre la porta principale, dobbiamo cercare qualcosa che si possa aprire con questa piccola chiave, qualche idea prof?» Eloy si guardò intorno, una quantità smisurata di oggetti era sparsa sul pavimento o accatastata contro le pareti.

«Forse è la chiave di un cassetto...» si divisero la stanza iniziando a passare al setaccio ogni mobile.

«Eloy, vieni, forse ho trovato.» era la prima volta che lo chiamava per nome, e il suo nome, pronunciato da lui, lo mandava in estasi.

«Dammi la chiave.» la chiave apriva proprio quel piccolo cassetto. Al suo interno, trovarono un grande flacone, pieno di un liquido azzurrino, che ricordava quello che usavano le nonne per pulire i vetri. Si portarono nuovamente al centro dello stanzone, un po' perplessi. In quell'istante, la luce si spense, lasciandoli in un buio totale. Eloy si strinse a lui.

«Non mi dirai che hai paura del buio! Accidenti, avrei dovuto chiedere di spegnere la luce da subito!» Eloy gli sferrò un pugno sul bicipite, gli sembrò di averlo scagliato su un muro di cemento. Javier, per tutta risposta, lo strinse a sé.

«Mi piace sentirti così vicino, ora che facciamo?» Eloy finse di non cogliere il doppio senso, guardò il flacone, il liquido al buio era diventato luminoso. Si divincolò e lo mise davanti alla faccia di Javier.

«Dobbiamo spruzzarlo... ma come?» Javier prese in mano il flacone, era di plastica morbida. Con una chiave che aveva in tasca, produsse un piccolo foro nel tappo.

«Così...» il getto fuoriuscì dalla punta, andando a bagnare ciò che era di fronte a loro. Si mossero lentamente, cercando di non sprecarne neppure una goccia e, finalmente, qualcosa che avevano bagnato, s'illuminò. Era un piccolo vaso. Eloy saltò al collo di Javier, la luce si accese.

«E così sei un entusiasta prof...» Eloy effettivamente si sentiva felice, come da ragazzino quando sua madre lo portava alle giostre. Forse fu questo il motivo che non lo fece sentire in imbarazzo in quella situazione. Sorrise a Javier ed appoggiò la sua testa sul suo petto.

«Mi fai sentire bene...» "e tu mi stai facendo perdere il controllo, se continui a comportarti in questo modo così seducente!", respirò, riempendosi i polmoni della sua fragranza, lo scostò da lui, rabbrividendo. Prese il vaso, concentrandosi sulle iscrizioni. Eloy si accorse del repentino cambio di umore di Javier, domandandosi cosa avesse fatto di male per metterlo improvvisamente di cattivo umore. Continuarono le ricerche con i vari indizi e, cinque minuti prima della fine del gioco, riuscirono a trovare la tomba del faraone e ad uscire dalla stanza. Uscirono dalla fazenda che erano quasi le dieci, s'incamminarono verso l'auto, in silenzio.

«Grazie, è stato bellissimo... almeno per me.» Javier si bloccò, girandosi verso di lui.

«Anche per me è stato piacevole, perché pensi che non lo sia stato?» il tono di voce di Javier era cambiato, Eloy non sopportava le persone che fingevano che nulla fosse accaduto, quando era evidente che non fosse così.

«Beh, fino a che non è tornata la luce eri "mister simpatia&entusiasmo", appena è tornata la luce sei diventato "mister ghiacciostammilontanocheèmeglio", o mi sbaglio?"» "allora è davvero inconsapevole di sé!", il suo sguardo lo penetrò, inesorabile.

«Tu, davvero non hai capito cosa mi sia successo la dentro?» Eloy a quel punto era davvero spazientito, come poteva capire se lui non si spiegava!

«No! Che cavolo c'è da capire!?» Javier gli si era avvicinato, pericolosamente, e aveva iniziato ad emettere feromoni. Con un braccio lo catturò, attirandolo a sé.

«Non mordere...» con l'altra mano, infilata nei suoi capelli, dietro la nuca, l'attirò a sé. Le labbra di Javier sfiorarono le sue, la sua lingua ne disegnò i contorni, cercando un varco. La bocca di Eloy si schiuse come un fiore per accoglierlo. Altroché morderlo! Lo spinse contro un grande albero, a fianco del vialetto illuminato, senza lasciare le sue labbra. Si staccò a malincuore da lui.

«Ora hai capito perché o devo ripetere?» Eloy sprigionava così tanti feromoni che, se per caso un alpha fosse passato di lì, sarebbe morto.

«Mi fai perdere il controllo, e non voglio assalirti senza che anche tu sia d'accordo. Non voglio rovinare tutto, tu mi piaci, più di quanto io stesso volessi ammettere, ma quando ti sono così vicino, non riesco a non pensare a quanto vorrei strapparti tutti i vestiti di dosso e possederti fino a farti urlare il mio nome. Non mi sono mai sentito così, non mi piace sentirmi così!» Eloy faticava ad ascoltarlo, era tutto ovattato. Improvvisamente, sentì qualcos'altro, si era bagnato così tanto che, il liquido aveva intriso i suoi pantaloni, e l'aveva solo baciato!

«Neppure a me piace sentirmi così, ma, il mio corpo non mi risponde quando sono con te, ho bisogno di passare da casa, dovrei...» ringraziò l'oscurità che li avvolgeva, per non avergli fatto vedere quanto fosse diventato rosso!

Javier si passò una mano sul viso.

«Penso che per oggi basti così, forse se ci prendiamo a piccole dosi, riusciremo a conoscerci meglio prima di saltarci addosso...» Eloy si trovò d'accordo con lui, se ci avesse riprovato, glieli avrebbe strappati lui i vestiti da dosso!

Si sedette in auto in una strana posizione, sperando che Javier non gli domandasse il motivo.

«Professore, martedì prossimo, ci posso contare? Vorrei portarti a cena fuori.» Eloy, pur di uscire indenne da quell'auto, avrebbe risposto di sì a qualsiasi tipo d'invito.

«Sì, ma il posto lo scelgo io. Buonanotte avvocato.» la portiera era già aperta, Eloy, inaspettatamente, si lanciò su Javier, rubandogli un bacio, per poi scappare via verso il portone.

Prima di ripartire, la mano di Javier si posò sul sedile, era abituato ai beta, quell'odore di umori del sesso che stava sentendo, non poteva sfuggire al suo olfatto, e pensare anche solo un istante al suo cazzo avvolto da quel lubrificante naturale, lo fece eccitare a tal punto, che non vedeva l'ora di essere a casa per dare sfogo a tutte quelle fantasie che avrebbe reso reali, sperava, il prima possibile.



Copyright © 2019 VERONICA REBURN

Tutti i diritti riservati

OBLIVION - LA STORIA DI JAVIER E ELOYDove le storie prendono vita. Scoprilo ora