CAPITOLO VI

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Gli era passata la fame. Il solo pensiero di essere dominato da qualcuno, fosse anche Eloy, gli dava la nausea. Entrò nella camera. Eloy, completamente nudo, disteso nel suo letto, era talmente bello da fargli quasi dimenticare tutto il resto. Eloy si girò sulla schiena, Javier non poté fare a meno di guardare il suo membro che, anche a riposo, era di notevoli dimensioni, non quanto il suo, ma era di una misura di tutto rispetto. Istintivamente si toccò il sedere. Si distese al suo fianco guardandolo a lungo, era così perfetto per lui! Ma non era suo... L'aveva morso quella sera, non profondamente, ma quel tanto che gli avrebbe dato la certezza che nessun altro Omicron gli si sarebbe potuto avvicinare, anche in caso di calore improvviso. Lo strinse a sé, respirandone l'odore a pieni polmoni, si addormentò poco dopo.

Il mattino successivo si svegliò ancora abbracciato a lui, sfilò da sotto la testa di Eloy il suo braccio, cercando di non svegliarlo. Fece una lunga doccia, cercando di trovare una soluzione in quel labirinto di incertezze. Quando uscì dal bagno, il profumo del caffè lo raggiunse, deliziandogli le narici. Con solo un asciugamano a coprirgli le parti basse, raggiunse la cucina. Eloy stava preparando una colazione alla francese, i toast sfrigolavano nella pentola, sprigionando odore di burro riscaldato. Eloy era completamente nudo, non si vergognava più di mostrarsi a lui. Quasi lo fece trasalire, quando lo abbracciò da dietro, facendo scivolare le sue grandi mani sul suo sesso.

«Hey! Vuoi che mi bruci?!» lo baciò sul morso, sapendo che gli avrebbe provocato brividi in tutto il corpo e un discreto rilascio di feromoni, che arrivarono, colpendolo direttamente sotto il piccolo asciugamano.

«No, voglio tornare subito in camera...» Eloy si voltò. La sua mano percorse il suo torace, facendolo gemere. Lo sguardo dolce che gli rivolse, portò i battiti del suo cuore a mille. Fu in quel momento che prese la decisione.

«Eloy, oggi prenoto un biglietto per Toronto, vado a parlare con il professor Turcotte. Così appena la scuola finirà, potremo andare in un posto isolato e... provare a...» Eloy affondò la testa in mezzo al suo petto.

«Vorrei venire con te, potrebbero avere bisogno di verificare delle cose...» Javier poggiò il mento sulla sua testa.

«No, non puoi lasciare i tuoi ragazzi soli alla fine dei corsi. Ci metterò poco, dieci giorni al massimo, chiedo a Miguel di venire con me, così non mi saprai solo, ok?» doveva parlare con il professore faccia a faccia poi, avrebbe deciso cosa fare.

Quando raggiunse il suo studio, diede disposizioni alla sua segretaria di rivoluzionare la sua agenda di lì a quindici giorni, rovinandole la giornata. Si chiuse in ufficio e chiamò subito Miguel.

«Avvocato! Qual buon vento ti ha fatto ritrovare il mio numero di telefono?» sperava, con tutto il cuore, che gli dicesse di sì.

«Sei con un braccio dentro una vacca? Perché avrei un tantino bisogno di te.» Miguel percepì, all'interno di quel suo solito modo di fare, una nota stonata.

«Che succede. Aspetta, mi sposto.» uscì dall'ambulatorio, portandosi nel cortile interno della vecchia casa padronale.

«Che cosa ne pensi di andare a pescare salmoni in Canada?» Javier aveva davanti a sé lo schermo del computer, un click e i biglietti per Toronto sarebbero stati suoi.

«Quando...» Javier incrociò le dita.

«Partiamo domani mattina alle dieci.» Miguel aveva appuntamento con una ragazza italiana, che aveva conosciuto on-line, in un sito di chat. Veniva apposta dall'Italia per conoscerlo. Erano due mesi che chattavano, di sicuro non l'avrebbe perdonato...

«Per quanto tempo staremo via?» Javier chiuse gli occhi.

«Dieci giorni.» Miguel ripassò mentalmente i suoi appuntamenti, cercando di trovare un posto a ogni cosa.

«Ci troviamo all'aeroporto alle sei, vengo da solo, devo sistemare parecchie cose. Stai bene?» Javier cliccò sul pulsante paga.

«Ora sì. Ci vediamo domani al check-in.» da quel momento, per entrambi, fu una corsa contro il tempo. Si ritrovò alle nove a rientrare a casa distrutto, Eloy arrivò pochi minuti dopo.

«Hey! Hai la faccia stravolta.» gli corse incontro e lo sollevò da terra, facendolo scivolare piano sul suo corpo per farlo scendere.

«Questa è la nostra ultima notte insieme, parto domani per il Canada con Miguel.» una smorfia spuntò sul viso di Eloy.

«È davvero indispensabile?» Javier tolse dalla sua tasca un piccolo pacchetto regalo e glielo mise tra le mani.

«Aprilo.» Eloy aprì il pacchetto. Conteneva un portachiavi con il simbolo della sua amata Lamborghini.

«Amore, non dovevi! Non ho neppure i soldi per farci benzina a una macchina del genere!» Eloy aveva intuito che quel portachiavi non dovesse necessariamente seguire un'auto, ma gli piaceva vedere come s'imbarazzava il suo uomo quando lo prendeva in contropiede.

«Ha... non credevo che desider...» Eloy scoppiò a ridere.

«Piccolo, ti stai prendendo gioco di me? Vuoi che ti punisca ancora?» si avvicinò minaccioso, mentre Eloy non smetteva di ridere piegato in due. Quando finalmente si calmò, alzò la testa, trovandosi davanti agli occhi un mazzo di chiavi, che ciondolava dalle mani di Javier.

«Queste sono le chiavi di casa mia. Quando ti sentirai solo o avrai bisogno di sentire il mio odore, vieni qui e resta fin che vuoi.» questo era mille volte meglio di una qualsiasi macchina di lusso.

«Non voglio che tu vada... ho un brutto presentimento...» Javier lo abbracciò baciandolo dolcemente.

«Ora ti dirò cosa faremo per scacciare i brutti presentimenti. Per prima cosa, ci sentiremo tutti i giorni alle 23, a Toronto dovrebbero essere circa le 17, così ci sentiremo più tranquilli entrambi. Seconda cosa, ti lascio l'incombenza di prenotare le nostre prime vacanze insieme ma, mi raccomando, scegli un posto abbastanza isolato, così eviteremo di dare fastidio, con tutti i nostri feromoni impazziti. E, ultima cosa, se sei d'accordo anche tu, inizia a calare la dose degli inibitori, così, quando li smetterai, dovresti entrare in calore più in fretta.» Javier aveva pensato proprio a tutto, forse...

Alle nove in punto, Eloy scaricò Javier all'entrata dell'aeroporto Elche, avrebbe voluto dirgli una quantità di cose, ma non riusciva a farsene venire neppure una in mente, che non risultasse mielosa alle sue orecchie e odiava sentirsi così esageratamente "Omega". Perciò, mantenne un sorriso stampato sulla faccia, fino a che non lo vide scomparire dietro le porte scorrevoli. Per sua fortuna, aveva lezione alle undici, perciò, potè raggiungere la scuola in tutta tranquillità, riuscendo a ritrovare anche un certo tono.

L'aereo era in orario perfetto, ma non lo era Miguel, che rischiò di rimanere a terra. Quando lo raggiunse, Javier era già seduto al suo posto, con un diavolo per capello.

«Sei peggio di Eloy! Cos'è, non ti è suonata la sveglia?» "se solo sapessi cosa mi sono dovuto inventare per poterti seguire!", ma non gli avrebbe fatto pesare nulla, sapeva che, se gli avesse raccontato di aver rimandato indietro, la sola ragazza per cui aveva provato interesse nella sua vita, lo avrebbe fatto scendere da quell'aereo, fosse anche con il paracadute.

«Precisamente...» Javier scosse la testa. Appena l'aereo decollò, raccontò tutto ciò che era accaduto a Miguel.

«una cosa non ho ancora ben capito...» Javier si girò verso di lui.

«Per quale motivo vuoi andare di persona dal professor Turcotte? Speri di fargli cambiare idea e di poter salvare il tuo culo vergine?» una signora, nella fila centrale, sgranò gli occhi, Javier le regalò un sorriso ammagliante, facendola arrossire.

«Potresti parlare un po' più a bassa voce? Stai pur sempre parlando del MIO culo! Il professore continua ad essere un po' vago, quando gli faccio delle domande specifiche sui suoi studi. Sono certo che mi nasconda qualcosa, forse, se lo incontrassi, a quattr'occhi, riuscirei a sapere di più e a convincermi che questa sia la cosa giusta da fare. Credimi, se fossi certo che facendomi marcare da Eloy, mentre mi mette sotto, fosse il modo giusto per creare il legame, l'avrei già fatto. Ma ho scoperto che anche altre coppie ci avevano provato e non ha funzionato... non voglio creare false aspettative a Eloy, voglio certezze.» Miguel annuì e si mise a pensare.

«Capisco, se il culo fosse il mio, farei la stessa cosa.» Javier spostò la testa all'indietro, espirando.

«A volte mi chiedo per quale motivo ti considero il mio migliore amico...» Miguel rise.

«Perché io, mio caro, dico sempre ciò che penso.» il volo fu interminabile e, anche se per un buon tratto dormirono, sembrava che non dovessero arrivare mai.

L'appuntamento con il professor Turcotte era per il giorno successivo alle nove del mattino, nel suo laboratorio.

Il laboratorio era all'interno della York University, furono accompagnati da uno degli studenti del professore, direttamente al laboratorio centrale. Il professore era intento ad osservare alcune cellule nel microscopio virtual3D, era buffo vederlo toccare le cellule che lo circondavano, sembrava stesse facendo un balletto insieme a loro. Rimasero incantati a guardarlo. Era un uomo piccolo, piuttosto magro, di età indefinita. I suoi capelli erano brizzolati, perciò non doveva avere meno di una quarantina d'anni ed era inaspettatamente privo di qualsiasi odore. Dopo qualche minuto, lo studente richiamò la sua attenzione.

«Hey prof! I signori che vengono dalla Spagna sono qui.» le cellule che lo contornavano svanirono, come per incanto, e il professor Turcotte li guardò con uno sguardo vacuo, sembrava che in realtà non li vedesse neppure. Chiuse gli occhi e scosse la testa.

«Scusate, mi ci vuole sempre qualche momento per ritornare nel mondo umano, quando sono con le mie cellule mi trovo decisamente meglio. Seguitemi nel mio ufficio, staremo più comodi.» si sedettero, mentre il professore serviva loro tazze di caffè americano fumanti.

«Scusate la scortesia, non vi ho chiesto se preferite parlare in inglese o in francese...» Javier sapeva parlare entrambe le lingue, come Miguel.

«Per noi è indifferente professore.» il professor Turcotte si sedette di fronte a loro, dietro la sua scrivania.

«Allora, se non vi dispiace, parlerei in francese.» dopo alcuni altri convenevoli, calò il silenzio. Javier ne approfittò per intavolare il discorso.

«Professore, ho insistito per incontrarla perché ci sono parecchie cose che non mi convincono.» Il professor Turcotte aprì le braccia.

«Mi dica, se posso aiutarla a dissipare i suoi dubbi...» Javier si concentrò, per non rischiare di dimenticare qualcosa.

«Per prima cosa, mi sono documentato e, quel tipo di "legame" che lei sostiene possa funzionare, è già stato tentato in passato e, a quanto pare, non ha funzionato. Perciò, mi domandavo quali prove le abbiano fatto pensare il contrario.» il professore sembrava del tutto impassibile e privo di reazioni. Javier continuò.

«Ho tantissime altre domande, ma questa, per ora, è quella che mi preme di più.» il professore sorseggiò il suo caffè, appoggiandolo poi sopra una catasta di fogli instabili.

«Corrisponde al vero quello che dice. Ho trovato almeno quattro fallimenti nelle mie ricerche precedenti. Ora, la faccio io una domanda a lei... per quale motivo non vuole tentare?» la risposta di Javier uscì senza nessun tentennamento.

«Perché temo che, se non dovesse funzionare, il mio compagno ne uscirebbe devastato.» Il professor Turcotte sorrise.

«Ecco qual è la differenza. Ora devo andare, se non completo subito il mio esperimento, rischio di gettare al vento mesi di lavoro.» sia Javier che Miguel si alzarono, con il chiaro intento di protestare, ma l'indice del professore, che si posò sul suo naso, e il suo sguardo severo, li fecero desistere.

«Signori...» tese la mano a Javier, che si ritrovò in mano un biglietto. Lo mise in tasca senza guardarlo e uscì dal laboratorio insieme all'amico.

«Costosetto come viaggio, per avere dei risultati così penosi...» Javier non disse una parola, fino a che non furono saliti nel taxi, che li aspettava sul viale principale. Quando si fu seduto, dopo avere dato la direzione all'autista, prese il foglietto che aveva messo in tasca. "162, Albany rd, alle 20.30 precise.", lo passò a Miguel.

«Ritiro quello che ho detto. A quanto pare avevi ragione, c'è molto di più da sapere. Chissà per quale motivo non ne parla apertamente.» di lì a poco, avrebbe dovuto chiamare Eloy, aveva già deciso di non raccontargli nulla di ciò che stava succedendo. La distanza che li divideva era troppa, se avesse frainteso qualcosa, non avrebbe fatto in tempo a correre da lui, e questo, non l'avrebbe sopportato. Fu una telefonata telegrafica quella che si fecero, non potè fare a meno di rimanere un po' sulle sue, adducendo come scusa la stanchezza e il jat-lag.

Quando chiuse la telefonata con Javier, il morso che gli aveva rifatto, nel lato destro del collo, aveva iniziato a pulsare, questo lo aveva reso inquieto, era troppo tardi per uscire e andare a dormire alla depandance, ma era certo, che quella fosse la sola cura che sarebbe riuscito a calmarlo. Il telefono squillò di nuovo, facendolo trasalire, rispose freneticamente, sperando di risentire la voce di Javier, ma quella che sentì, era una voce assolutamente sconosciuta, femminile per di più.

«Buonasera, mi scusi se la disturbo, parlo con il professor Eloy? Eloy Blanco?» si sedette più comodamente per rispondere.

«Sì, sono io. Con chi ho il piacere?» un secondo di pausa, poi la ragazza riprese a parlare.

«Mi chiamo Sabina Fuentes, ci siamo conosciuti al galà, sono la ragazza che è stata soccorsa dall'avvocato Romero.» "ah, questa poi!", di sicuro non sarebbe mai riuscito a pensare che al telefono ci fosse proprio quella!

«Mi dica, come posso aiutarla Signorina Fuentes?» "posso offrirle un po' di cianuro?», il tono che aveva, doveva risultare quello, più o meno.

«Tra due settimane, perecisamente il vederdì, ho organizzato una festa per il mio compleanno, mi farebbe molto piacere di avervi come ospiti. Ho tentato di chiamare Javier ma, purtroppo, non mi ha risposto... vorrei sdebitarmi con voi, in qualche modo.» "non le avrà risposto perché pensava che fosse un cliente", pensò Eloy.

«Il mio fidanzato è fuori per lavoro, mi spiace ma non sono in grado di dirle quando sarà di ritorno. Appena lo saprò, le daremo una risposta.» "il mio fidanzato", non pensava che l'avrebbe detto con questa facilità.

«Complimenti! Non sapevo! Mi tolga una curiosità, come avete fatto per legarvi? Mi perdoni la sfacciataggine ma, anche io sono un Tao, e a quanto so, non mi risulta che sia possibile il legame maschile ma, evidentemente, devo essere rimasta un po' indiet-» Eloy la interruppe.

«No. Non è rimasta indietro. Non abbiamo nessun legame, non ci serve un legame.» "strega malefica, crepa!", non doveva cadere nel suo gioco, ma lo stava facendo.

«Mi spiace, sono stata davvero indelicata. Spero riusciate a venire, siete una bellissima coppia.» non ne aveva la minima intenzione.

«Lo spero tanto anch'io, Javier ne sarà entusiasta.» chiuse la telefonata ancora più inquieto, quei nove giorni sarebbero stati un inferno.

Il giorno dopo, a scuola, aveva le occhiaie evidenti e lo sbadiglio facile. Marcus se ne accorse e, forte dell'investitura di "protettore", ricevuta dal fratello prima della sua partenza, alla prima occasione gli si avvicinò per sondare il terreno.

«Va tutto bene prof?» Eloy terminò l'ennesimo sbadiglio, prima di rispondergli.

«Tutto bene Marcus, ho solo dormito male.» Marcus assunse l'aria più paterna che riuscisse a trovare nel suo breve repertorio.

«Dovresti venire a dormire alla depandance, non ti fa bene rimanere solo... ce l'hai insegnato tu come funzionano queste cose prof.» Eloy trattenne una risata, Marcus prendeva davvero seriamente il suo compito.

«Ti prometto che stasera verro a dormire da Javier, tranquillo.» Marcus, fiero del risultato, tornò dai suoi compagni.

Javier e Miguel giunsero puntualissimi all'appuntamento. Albany rd era un susseguirsi di piccole villette a schiera, quella al numero 162, non aveva nulla che la distaccasse dalle altre. Sulla cassetta della posta non c'era il nome del professore, la targhetta riportava "Brunett Pierre". Visto che Javier non si decideva a farlo, Miguel pigiò il pulsante del campanello. Sulla porta si affacciò un'infermiera di mezz'età, rubiconda e severa.

«Buonasera, entrate, il professore vi aspetta al piano di sopra.» la seguirono fino a un piccolo studio e lei si ritirò in un'altra stanza.

«Quella donna mi fa paura, con una sola mossa sembra in grado di spezzarti la schiena...» sussurrò Miguel a Javier prima di varcare la soglia dello studio.

«Entrate, accomodatevi.» lo studio era in penombra, come tutto il resto della casa, come se troppa luce potesse disturbare.

«Se mi avesse risposto diversamente, non l'avrei invitata qui, avvocato Romero. Nessuno, e glielo sottolineo, nessuno, sa quanto vi sto per rivelare.» la faccenda si stava trasformando in un giallo intricato, Javier non aveva nessuna intenzione di interromperlo, per il momento.

«In una delle stanze di questa casa, c'è un uomo. Lo chiameremo Pierre, anche se questo non è il suo vero nome. Pierre è mio fratello, un Alpha Omicron, come lei, Javier. Ha 67 anni, ed è, fino ad ora, l'unico che è riuscito a creare un legame con un altro uomo e a generare una vita.» ecco svelato il motivo per cui il professor Turcotte era così sicuro di ciò che affermava!

«Vent'anni fa, quando Pierre aveva circa 47 anni, il suo compagno è morto in un incidente stradale. In famiglia, ci aspettavamo che, di lì a poco, Pierre l'avrebbe seguito, ma non fu così. Pierre ha sviluppato una malattia mentale, che lo ha reso instabile. Nei pochi momenti in cui ritrova se stesso, e sono davvero pochi e imprevedibili, il dolore lo assale, devastandolo. Come se in quei momenti, ricevesse la notizia della morte del suo compagno per la prima volta.» il cuore di Javier si colmò di tristezza.

«Ma potrei tentare di parlargli?» Turcotte sospirò, allargando le braccia.

«Ripartite tra nove giorni giusto? Per me può anche tentare, ma non ne ha mai parlato con nessuno, nemmeno con me. E non è detto che in questi dieci giorni abbia un "risveglio".» No, non avrebbe mollato, non ora.

«Potrei trasferirmi qui... se lei è d'accordo.» ammirava quel ragazzo, era come rivedere suo fratello tanti anni prima, perché non farlo tentare.

«È sensato, minimizzerebbe il rischio che lui si "risvegli" in un momento in cui lei non c'è... darò disposizioni all'infermiera.» uscì dalla stanza.

«Miguel, fammi la valigia e portamela. Poi torna a casa, ho bisogno di sapere che qualcuno mi tiene d'occhio Eloy, dopo quello che ho appena scoperto. Ho intenzione di piazzarmi al capezzale di Pierre, per i prossimi nove giorni e ho bisogno che tu convinca Eloy che va tutto bene, pensi di farcela?» la faccenda si stava complicando, non era sicuro di cosa avrebbe potuto inventarsi, ma lo avrebbe coperto.

«Per un bugiardo incallito come me è uno scherzo convincere Eloy che va tutto bene, qualcosa mi verrà in mente.» si abbracciarono come non facevano da tanto tempo.

«Sei come un fratello per me. Non ti ringrazierò mai abbastanza.» Miguel incrociò il professore mentre infilava le scale.

«Il suo amico è andato a prendere la sua roba?» Javier annuì.

«Frida l'aspetta nella stanza di Pierre, io tra un ora andrò a casa. Claudia mi aspetta per mangiare. Claudia è la figlia di Pierre.» avevano avuto un figlio, prima non aveva realizzato, ma anche questa era una notizia meravigliosa.

«E com'è... insomma è Omicron o Tao?» il professore rise.

«È Claudia... non è inscrivibile in nessuno dei generi fin'ora conosciuti. Quelle cellule con cui "giocavo" oggi sono le sue... sa io sono un Beta, in sua presenza i miei cromosomi cambiano a seconda del suo umore... non le sembra una cosa pazzesca?» ecco spiegata la totale assenza di odore! Era pazzesco, ora capiva perché il professore tenesse tutto così segreto, la vita di quella donna sarebbe stata stravolta, se si fosse sparsa la voce.

«Quindi se io e Eloy avessimo un figlio, sarebbe come Claudia?» il professor Turcotte scosse la testa.

«E chi lo può sapere! Andiamo per gradi, vediamo se mio fratello la può aiutare. A quanto pare c'è un modo preciso in cui deve essere creato il legame e, solo lui ce lo può dire.» l'infermiera entrò, la seguì in una stanza, illuminata solo da una piccola luce fievole. Pierre dormiva supino. Era un uomo molto alto, anche se era emaciato, si capiva che la sua struttura doveva essere stata imponente. I suoi lineamenti erano molto marcati, un Omicron, come lui.

Un paio d'ore dopo, Miguel gli portò la sua valigia, il taxi l'avrebbe portato all'aeroporto, il giorno dopo avrebbe contattato Eloy e si sarebbe inventato qualcosa. Per Javier iniziò l'attesa più difficile della sua vita.

Eloy, quella sera, come promesso a Marcus, prese possesso della depandance. Era quasi ora della "loro" telefonata, l'aspettava con impazienza, sapeva che doveva essersi incontrato con il professor Turcotte e non stava nella pelle. Il telefono squillò all'ora pattuita, il suo Javier era puntuale come un orologio svizzero, al contrario di lui.

«Professorino...» non odiava più quell'appellativo, lo trovava persino carino, gli ricordava i loro primi approcci.

«Hey avvocato, com'è andata la giornata?» fremeva per sapere cosa gli avesse detto Turcotte, ma allo stesso tempo, temeva di sentire qualcosa che non gli sarebbe piaciuto.

«Complicata. Dove ti trovi?» si domandò se ci fossero delle telecamere nella depandance.

«Ieri ho faticato parecchio a prendere sonno, perciò, da questa notte, ho deciso che dormirò a casa tua, ho la benedizione di Marcus, tuo fratello è una chioccia.» lo immaginava nella sua casa, sul grande divano bianco, rannicchiato come solo lui sapeva fare, in un angolo.

«Mi manchi, cazzo quanto mi manchi...» avrebbe voluto averlo accanto in quel momento, la lontananza lo stava facendo diventare nervoso. L'unica cosa che lo avrebbe fatto sentire meglio, era saperlo rinchiuso in una gabbia di cui solo lui possedeva la chiave.

«Turcotte?» non aveva resistito, doveva sapere.

«Mi sta sottoponendo ad alcuni test genetici, una roba noiosa e lunga, tanto che ho detto a Miguel di tornare a casa, a quest'ora dovrebbe già avere preso l'aereo.» il morso che Javier gli aveva fatto prima di partire iniziò a pulsare.

«È.. qualcosa di pericoloso?» Javier si sforzò di sembrare sereno.

«Assolutamente no! Solo che sono test lunghi, che mi costringono in laboratorio per quasi tutto il giorno, sarebbe stato inutile sottoporre Miguel a questa noia mortale.» il morso non smetteva di pulsare, qualcosa non stava andando per il verso giusto. Eloy non ne sapeva nulla di morsi e di quali sensazioni potessero dare, ma non era normale che pulsassero o bruciassero, di questo ne era certo.

«Ora devo andare, ho un prelievo verso mezzanotte.» Eloy decise di non esternare i suoi dubbi.

«Ok, non farti dissanguare, ti rivoglio intero e in ottima forma.» chiuse la chiamata. Andò a farsi una doccia, si preparò qualcosa da mangiare e si addormentò davanti al mega schermo, guardando un vecchio film mieloso.

Javier ritornò nella stanza di Pierre, l'infermiera gli aveva preparato una poltrona, si mise a leggere una rivista che aveva trovato nella stanza, scivolando in un sonno profondo, dopo un paio d'ore. Lo svegliò un urlo disumano, che lo fece scattare in piedi. Davanti a lui, Pierre, terrorizzato, urlava indicandolo.

«Un intrus! Un voleur!» l'infermiera si precipitò in suo soccorso.

«Pierre! Pierre! Regarde moi! N'est pas un voleur est un docteur!» istantaneamente le sue braccia scivolarono, inermi, sui suoi fianchi e il suo sguardo tornò inespressivo.

«Pierre, io sono Javier, il dottor Javier Romero.» sperava che avesse ripreso coscienza ma, ben presto, si accorse che non era così.

«Io sono... » si girò verso l'infermiera, cercando conforto.

«Sei Pierre.» tornò verso il letto, dove si distese, guardando il soffitto per ore, senza dire una parola.

«Vuole un caffè Javier?» annuì con foga. L'infermiera versò due tazze di caffè americano dalla brocca riscaldata e gliene porse una.

«Se, e quando, succederà, se ne accorgerà immediatamente. Abbia fede.» Javier sorrise amaramente, forse non sarebbe mai successo.

I giorni passavano lentamente, ne erano passati cinque, da quando si era trasferito in quella stanza, e ancora non era successo nulla. Il teatrino dell'urlo, e delle accuse nei suoi confronti, si era ripetuto più e più volte, ormai non ci faceva neppure più caso. Il professor Turcotte veniva ogni sera a trovarlo, ma lui si allontanava malvolentieri da quella stanza. Lo faceva giusto per fare due chiacchiere con Turcotte nel corridoio, o per fare la solita telefonata a Eloy. Miguel l'aveva contattato appena sceso dall'aereo, cenava con lui quasi tutte le sere, cercando di distrarlo dai pensieri che, era evidente, lo attanagliavano. Ancora pochi giorni e poi sarebbe dovuto ritornare a mani vuote. Non si lavava, né si sbarbava, da quando aveva messo piede in Canada, era stanco e scoraggiato.

«Hey.» Eloy si era precipitato a rispondere.

«Hey.» Javier non aveva neppure più voglia di parlare.

«Coraggio avvocato ancora pochi giorni e-» Javier si girò, trovandosi davanti Pierre, che gli tendeva la mano.

«Lei è l'avvocato Romero, Frida mi ha appena detto che ha aspettato che mi svegliassi.» Javier rimase a bocca aperta.

«Se vuole seguirmi in stanza...» Javier riprese il telefono in mano.

«Javier! Javier! Che sta succedendo!?» Eloy aveva seguito la conversazione, non riusciva a capire chi fosse l'uomo nè che senso avessero quelle frasi.

«Eloy, scusa, ti devo richiamare.» chiuse la chiamata bruscamente e spense il telefono. Frida gli si avvicinò e gli sussurrò all'orecchio, "non sa ancora nulla dell'incidente, lo assecondi più che può".

«Allora giovanotto! Mi diceva la mia segretaria che lei ha bisogno del mio "aiuto".» Javier gli spiegò brevemente la sua situazione.

«Io e il mio compagno, Alfonse, abbiamo fatto molti tentativi prima di "scoprire" la formula giusta! Ma ora siamo felicemente legati e abbiamo una bellissima bambina di dieci anni, Claudia. Sa, l'abbiamo chiamata Claudia perché l'abbiamo concepita a Roma.» Javier sorrise, mordeva il freno, ma non poteva in nessun modo pressare quell'uomo, rischiava di farlo regredire nel suo limbo.

«Mi hanno detto che il morso dev'essere dato da entrambi. E che funziona solo se il morso viene dato durante il rapporto.» Pierre scoppiò a ridere.

«Oh, sì! Questo metodo è stato l'ultimo della lista che dovevamo provare, ed è quello che ha creato il legame. Ovviamente era l'ultimo della lista perché per un Omicron essere "messo sotto", è davvero difficile. Ma non basta diventare passivo sa? La prima volta non funzionò affatto. Deve essere voluto da entrambi, e dovete essere in calore, dipenderà tutto da questo sincronismo e, mi creda, per noi Omicron è una faccenda seria, riuscire a desiderare di essere scopati in pieno calore, con la tua "femmina" che ti chiama.» Javier non aveva la minima idea di cosa significasse questo, non aveva mai sperimentato il calore di un Tao, tantomeno era mai entrato in calore, in presenza di un Tao.

«Claudia è arrivata con il legame?» ormai aveva saputo tutto ciò di cui aveva bisogno, questa era la cigliegina sulla torta.

«Vede, quando si crea il legame, e spero che capiti anche a lei, è inevitabile fecondare il proprio Tao. La penetrazione sarà così profonda, che il suo membro si bloccherà all'interno e, fino a che non avrà scaricato tutto il suo seme, e lui l'avrà accolto, non potrete staccarvi. E quello che si prova in quel momento è simile alla morte, è come precipitare nell'abisso dei sensi, l'Oblivion, così lo chiamano.» Javier beveva ogni singola parola, era estasiato.

«Che ore sono Frida?» Frida sospirò, la regressione iniziava sempre da quella domanda.

«È mezzanotte passata.» il volto di Pierre si oscurò.

«È strano che Alfonse non sia ancora in camera. E Claudia, è già andata a dormire?» era arrivato il duro momento in cui Frida, lo avrebbe dovuto informare.

«Pierre, sai in che anno siamo?» Pierre sgranò gli occhi.

«Che domande! Siamo nel 2055!» Frida gli si mise accanto.

«No. Oggi è il 15 giugno 2078. Tu hai 67 anni. Vent'anni fa ti sei ammalato, io non sono la tua segretaria, sono la tua infermiera.» come se stesse rivivendo tutto, il ricordo s'insinuò in lui.

«Vent'anni fa avevo 47 anni, Alfonse ne aveva 42, ne aveva, perché lui...» un grido, soffocato dentro di lui, esplose e gli tolse l'aria. Javier corse da lui, gli si inginocchiò davanti. Pierre lo guardava con la bocca spalancata, gli occhi atterriti dal dolore lancinante, che gli stava esplodendo dentro. Incominciò a singhiozzare, urlando il nome del suo compagno. Javier abbracciò forte quel corpo scosso da fremiti incontrollabili, aveva paura di romperlo. Lo avvolse, come se volesse togliergli quel dolore, che era anche il suo. Riuscì a distenderlo, quando i fremiti si calmarono un po', lo tenne abbracciato fino a quando lo vide scivolare nel suo limbo. Era finita, ma avrebbe portato con se quel dolore, per sempre, sapendo che un giorno, se fosse riuscito a creare il suo legame, avrebbe potuto capitare anche a lui. Parecchie ore dopo, quando Pierre era profondamente addormentato, Javier decise di rendersi presentabile. In Spagna dovevano essere circa le nove del mattino, appena fosse uscito dal bagno avrebbe chiamato Eloy, chissà come si era preoccupato con tutto quel trambusto. Non riusciva neppure a ricordare esattamente cosa gli avesse detto. Vestito, con i capelli ancora bagnati, mentre stava cercando di prenotare il primo volo per casa, dal computer del professor Turcotte, compose il numero di Javier; "Il numero da lei chiamato non è al momento raggiungibile.", immaginò che si fosse dimenticato di metterlo sotto carica, gli succedeva spesso, anche se... in casa sua non c'era bisogno di mettere sotto carica gli apparecchi, aveva installato il WFricarica. Una brutta sensazione gli provocò un brivido che lo percorse da capo a piedi. I suoi pensieri furono presto interrotti dall'avviso che comparve sullo schermo, l'agenzia gli aveva prenotato un posto su un volo di lì a due ore, aveva appena il tempo di arrivare all'aeroporto e fare il chek-in, non poteva fare altro. Chiamò un taxi e, meno di quindici minuti dopo, si trovava già in strada. Mentre era nel taxi, riprovò almeno altre quattro volte a chiamare Eloy, ma il numero continuava ad essere non raggiungibile. Mentre stava facendo il chek-in, si decise a chiamare Miguel.

«Javier?» stavano già chiamando i passeggeri del suo volo.

«Miguel! Non riesco a mettermi in contatto con Eloy, l'hai visto o sentito ieri sera?» certo che l'aveva visto, avevano cenato insieme, ma era andato via subito dopo perché Eloy era stanco.

«L'ho visto ieri sera, abbiamo cenato e poi io sono tornato a casa. Perché?» qualcosa non andava bene.

«A che ora te ne sei andato?» Miguel non si ricordava esattamente l'ora.

«Che ne so, saranno state poco dopo le undici...» quindi dopo la loro telefonata, pensò Javier.

«Ti ha detto nulla della nostra telefonata?» Miguel riflettè.

«No. Io gli ho chiesto cosa fosse successo visto che l'avevo sentito chiamare il tuo nome più volte, con una certa ansietà. Ma lui ha detto che era perché la comunicazione era caduta...» quindi Eloy aveva tenuto per se ciò che era successo e, se lo conosceva bene, questo poteva significare solo che aveva già in mente la sua personale interpretazione.

«Ho bisogno che tu lo cerchi per me. Sto per salire in aereo, ti contatto appena arrivo a casa, se lo trovi, non lasciarlo solo neppure per un secondo.» Dio come avrebbe voluto che il teletrasporto fosse già stato testato e fruibile!

Eloy chiuse la chiamata, con la certezza che, per l'ennesima volta, Javier gli avesse nascosto qualcosa, ma stavolta non gliel'avrebbe fatta passare liscia! Finse, con Miguel, che andasse tutto bene, pochi minuti prima delle undici lo aveva già spedito a casa. Accese il computer di Javier, iniziando a scansionare ogni file che gli sembrava poter contenere qualcosa di interessante, ma non trovò nulla. Quando ormai aveva deciso che avrebbe dovuto lasciar perdere, l'icona dei messaggi s'illuminò, era un messaggio del professor Turcotte. Lo aprì, fortunatamente la mail di Javier non aveva alcuna protezione.

"Caro Javier, sono dispiaciutissimo di non essermi potuto congedare da lei nella maniera dovuta. Spero ci saranno altre occasioni. Per qualsiasi dubbio, si ricordi che potrà sempre contare sul mio appoggio.» la mail del professor Turcotte, riportava di seguito la cronologia delle loro mail precedenti, di cui Eloy non aveva trovato traccia. La scorse fino a che arrivò alla prima, incominciando a leggere a ritroso. Erano tutte cose delle quali avevano parlato più e più volte. Ma quello che lesse nella penultima, lo pietrificò. Si allontanò dal computer come se bruciasse. Iniziò a cercare di elaborare quello che aveva letto, ma più ci pensava, più la conclusione a cui giungeva era la stessa. Javier gliel'aveva tenuta nascosta per un unico motivo, si rifiutava anche solo di pensare di essere posseduto da lui, anche se quella fosse stata l'unica via, era quello il motivo che l'aveva spinto ad andare dal professor Turcotte, voleva cercare un alternativa. Non l'amava a sufficienza da compiere un sacrificio per loro? Teneva di più al suo essere Alpha che alla loro stabilità? Milioni di domande a cui seppe darsi un'unica risposta.

Prese in mano il telefono.

«Hola!» una voce femminile del tutto inaspettata gli rispose.

«Cercavo Bruno, ma forse ho sbagliato numero...» la voce femminile si scostò per urlare a tutti polmoni il nome di Bruno.

«No, non ha sbagliato, viene subito chi devo dire?» aveva una gran voglia di interrompere la comunicazione, intuendo che quella non fosse proprio "un'amica" di Bruno.

«Eloy...» dopo un attimo sentì la voce di Bruno in lontananza, chiedeva chi fosse.

«Eloy Blanco? Perché non lo lasci in pace?» "o cazzo!", ora aveva la certezza di essere un disturbo. Bruno, sentendo cosa aveva risposto la ragazza, le strappò il telefono di mano.

«Eloy?» si sentiva ancora più stupido, ad avere pensato che Bruno rimanesse a sua disposizione.

«Bruno, scusa, non volevo disturbare, nulla che non possa aspettare.» Bruno si spostò in un'altra stanza, mandando su tutte le furie la sua ragazza.

«Tranquillo, si calmerà. Ma tu dimmi, ti prego.» Eloy si fece forza.

«Hai ancora la barca a vela?» Bruno corrugò le sopracciglia.

«Sì, è ancorata nel porto di Denia» Eloy respirò profondamente.

«Mi presteresti la barca per un po' di tempo?» Bruno era già preoccupato, quando Eloy aveva quel tono di voce così deciso, c'era da preoccuparsi, lo conosceva bene.

«Convincimi.» doveva inventarsi qualcosa, e in fretta, ma non voleva essere del tutto sincero o Bruno lo avrebbe convinto a comportarsi in modo diverso.

«Diciamo, che voglio mettere della distanza tra me e Javier. Ho bisogno di schiarirmi le idee e se lui è vicino a me non ci riesco.» sapeva che Eloy era un ottimo Skipper, quello non lo preoccupava, e sapeva anche che non gli avrebbe detto altro.

«Ora devo uscire, ti lascio le chiavi dentro la buca delle lettere?» ecco, quella era la soluzione perfetta, non avrebbe neppure dovuto incontrarlo!

«Grazie. Ah, dì alla ragazza che mi ha risposto che non sarò mai più un problema per voi, né per nessun altro.» Bruno rise e si salutarono.

Eloy aveva la sua barca, ora doveva sistemare il resto, compose il numero di telefono di Sabina Fuentes.

«Sabina?» la voce mielosa che gli rispose era sicuramente la sua.

«Professor Blanco! Che sorpresa!» Eloy fece uno sforzo immenso per non interrompere la chiamata.

«Sabina, ti interessa davvero Javier?» Sabina rimase spiazzata, ma decise di stare al suo gioco.

«Ovvio. Quanti Omicron hai conosciuto nella tua vita? E di questi quanti del livello di Javier?» era lei la soluzione giusta per Javier.

«Allora se lo vuoi devi ascoltarmi. Tra pochi giorni tornerà a casa, smetti di prendere gli inibitori ora, io ti lascierò una lettera da consegnargli e quando lui ti chiamerà tu gliela porterai e la natura farà il resto.» Sabina non poteva crederci, glielo stava servendo su un piatto d'argento!

«Perché.» Eloy non voleva raccontarle i dettagli, era troppo doloroso e l'avrebbe fatta sentire ancora più trionfatrice.

«Non è affar tuo. Lo vuoi o no?!» Sabina decise che alla fine quello che contava era raggiungere il suo scopo.

«D'accordo. Ti aspetto con la lettera.» Eloy sospirò.

«Ti chiedo solo una cosa, non aprire la lettera, ma fai in modo che Javier la legga.» tutto sommato era un prezzo che poteva pagare, pensò Sabina.

Eloy scrisse la lettera, la stampò, la chiuse sigillandola con la ceralacca che trovò nello scrittoio di Javier. Corse a casa, fece una valigia, prese le chiavi della barca che Bruno gli aveva lasciato nella buca delle lettere e chiamò un taxi. Portò la lettera a Sabina e si fece portare al porto di Denia. Aveva spento il telefono, sapeva che Javier lo avrebbe cercato.

Arrivato al porto salì sulla barca e accese il telefono. Come si aspettava Javier gli aveva fatto mille chiamate, così come Bruno. Gli aveva mandato anche dei messaggi, che non lesse. Chiamò sua madre, fu una lunga telefonata, voleva imprimersi nella mente la sua dolce voce, gli disse che stava partendo per un viaggio in barca, senza per altro dirgli esattamente da e per dove. Prima di spegnere definitivamente il telefono mandò un unico messaggio a Javier.



"Appena scendi dall'aereo chiama questo numero 27254236489", il giorno successivo avrebbe preso il necessario per poter salpare, non doveva fare grandi scorte, del resto, al massimo avrebbe dovuto mangiare per un paio di giorni, i morti non mangiano.

OBLIVION - LA STORIA DI JAVIER E ELOYDove le storie prendono vita. Scoprilo ora