CAPITOLO V

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Malgrado non volesse dare peso alle parole di suo padre, non si potrebbe definire tranquilla, la notte che passò. Il mattino successivo si svegliò di pessimo umore, non aveva certo voglia di rivedere suo padre, ma era l'ultimo giorno del processo, per nessun motivo al mondo avrebbe lasciato sola Isabel. "Sabina Fuentes...", quel nome, anche se cercava di scacciarlo dalla sua mente, si era impresso in maniera indelebile. Mentre raggiungeva, con i mezzi pubblici, il tribunale, decise di dare un volto a quel nome, che lo tormentava dalla sera precedente. Il motore di ricerca, immediatamente, gli elencò parecchi articoli di giornali di gossip, che evitò accuratamente, spostandosi sulla sezione foto. Ed eccolo lì, il volto della sua "rivale", bella, quasi struccata, occhi blu, sembrava un quadro dell'ottocento. Trovò il suo profilo su un noto social, scorse i suoi post più recenti. Un galà di beneficenza, la foto della laurea, un abbraccio con il padre. Una bellissima e brava ragazza dell'alta società, Tao... Si pentì immediatamente, di avere dato un volto a quello che si annunciava un provabile incubo in arrivo. Si stupì, di quanto poco gli ci volle per scacciarlo, quando incrociò in aula lo sguardo adorante di Javier. Lo amava ed era ricambiato, nessuno poteva togliergli questo.

«Stai bene?» gli sussurrò, mentre si sistemava a sedere dietro di lui.

«Mai stato meglio...» gli rispose, regalandogli lo sguardo più provocante che riuscisse a fare. L'effetto su Javier fu immediato, come anche lo sguardo di rimprovero che gli rivolse, provocandogli una risata soffocata con difficoltà. Pochi minuti prima che entrasse la corte, il padre di Javier lo raggiunse in aula. Eloy rimase quasi a bocca aperta, gli sembrò di vedere Javier con una trentina di anni in più. Dopo che la corte espletò i soliti rituali, Eduardo Blanco chiamò a testimoniare il professor Ciro Moreno.

«Signor Moreno, prego si presenti alla corte.» Moreno era vestito in modo sobrio, aveva un'aria dimessa.

«Mi chiamo Ciro Moreno, ho quarant'anni e sono professore di matematica.» l'avvocato Blanco si avvicinò al suo posto e prelevò una serie di fogli.

«Potrebbe, per cortesia, esporre meglio quali siano le sue abilitazioni professionali?» Moreno sorrise.

«Mi sono laureato in matematica e fisica, primo del mio corso, a Cambridge.» dall'espressione dell'avvocato Blanco si lesse chiaramente la sua ammirazione.

«Studi piuttosto costosi! La sua famiglia deve essere benestante!» Moreno scosse la testa.

«Dal primo anno di liceo, non hanno dovuto più spendere nulla per la mia istruzione, ho sempre goduto di una borsa di studio, che mi ha permesso di frequentare le migliori scuole.» l'avvocato Blanco accennò un applauso.

«Cosa faceva prima di approdare al Santa Barbara?» Moreno si sistemò sulla sedia.

«Avevo una cattedra all'università della Sorbona, a Parigi.» Blanco annuì.

«Cosa l'ha riportata in patria?» Moreno sorrise tristemente.

«Mio fratello si è ammalato gravemente, ed ero l'unico che poteva occuparsi dei suoi figli e dei nostri anziani genitori, dei quali, fino a quel momento si era occupato lui.» Blanco fece una smorfia.

«Quindi, lei ha rinunciato a una cattedra alla Sorbona, per tornare a casa, ed essere di sostegno alla sua famiglia, corretto?» Moreno annuì.

«Ora, la domanda sorge spontanea... come mai, con tutte le possibilità che i suoi titoli di studio, e la sua carriera, le potevano dare, ha fatto domanda in un semplice liceo, per di più, un liceo Omega, mentendo sulla sua natura sessuale?» lo sguardo di Moreno si incupì.

«Perché era il più vicino a casa, ed era l'unico che mi offriva una cattedra fissa fin da subito.» un lieve brusio si diffuse nella sala, immediatamente interrotto dalla voce tonante dell'avvocato Blanco.

«Ma non ha pensato, a quanto potesse essere pericoloso, essere circondato da Omega?» Moreno scosse il capo.

«Sono stato pieno di dubbi, fino al giorno in cui ho iniziato a dare lezioni, ma negli anni trascorsi alla Sorbona, le classi erano miste, molti dei miei studenti erano Omega, non è mai accaduto nulla. Oltre a questo, cambiai inibitore, per non rischiare.» Blanco guardò uno dei fogli che aveva tra le mani.

«Professor Moreno, era consapevole di stare commettendo un reato, quando ha dichiarato, nel modulo di assunzione, di essere un Beta?» Blanco lo stava guardando severamente.

«Purtroppo sì, e me ne assumo la piena responsabilità, ma la mia famiglia ha la precedenza su ogni cosa.» lo sguardo di Moreno, per una frazione di secondo, accarezzò il viso di Isabel, ma questo bastò a mettere in allarme Javier.

«Un'ultima domanda Professore. Ha violentato e morso la signorina Isabel Mendez?» questa volta gli occhi di Moreno incatenarono quelli di Isabel.

«No.» il brusio in divenne quasi insopportabile, costringendo il giudice a richiamare all'ordine l'aula. Javier guardò Isabel, aveva abbassato lo sguardo, stava chiaramente mentendo, o per lo meno, gli aveva omesso qualcosa.

«Vostro onore, ho bisogno di una pausa di un quarto d'ora.» Javier faticava a mantenere la calma, suo padre si domandava come stesse facendo.

«Mi oppongo, l'imputato è piuttosto provato.» il giudice aveva capito che Javier era in difficoltà, decise di dargli una possibilità.

«Avvocato Blanco, ancora meglio se facciamo una pausa, daremo anche all'imputato, la possibilità di rilassarsi. In aula tra venti minuti esatti, a partire da quando la corte si ritirerà.» Javier, sorridendo, si alzò e chiese a Isabel di seguirlo in sala avvocati, insieme a suo padre e Eloy. Quando tutti si furono seduti, Javier si appoggiò sulla scrivania, di fronte a loro.

«Isabel Mendez, anni 17, Omega, bugiarda.» la calma e la fermezza con cui aveva detto quelle parole, colpirono tutti, in quella stanza. Isabel continuava a guardare il pavimento.

«Mi sto sbagliando? RISPONDIMI!» Isabel sussultò, cercando l'appoggio di Eloy, ma il suo sguardo le fece capire che non lo avrebbe avuto così facilmente.

«Hai esattamente 15 minuti per raccontarmi la vera storia, a partire da, ora.» Isabel, con gli occhi pieni di lacrime, finalmente alzò lo sguardo.

«Non so perché, ma fin dal primo giorno che mise i piedi dentro la nostra scuola, mi accorsi che riuscivo a percepire il suo aroma... ogni volta che era nei paraggi, l'odore di caffè torrefatto mi dava alla testa.» tutti dentro la stanza rimasero in silenzio, impassibili e attenti,

«Mi sentivo irrimediabilmente attratta da lui. Iniziai istintivamente a cercare qualsiasi scusa per avvicinarmi. Lui era sempre disponibile, nel giro di qualche mese avevamo instaurato un rapporto di amicizia. Mi aveva raccontato quasi tutto di lui, di come fosse dovuto ritornare in Spagna per aiutare la sua famiglia, di quanto gli fosse costato lasciare la sua cattedra alla Sorbona. Sapevo che era single e, quando uscimmo a cena, mi confessò il suo segreto. Non avevo pianificato di entrare in calore, ma quando è successo lui era lì e io lo desideravo così tanto! Quando abbiamo finito mi ha detto che non sarebbe più successo, che non poteva permettersi di compromettersi con me, che ero troppo giovane. Che la sua famiglia veniva prima di tutto. Lui mi ha illusa, usata e buttata.» Javier sospirò, portandosi indietro i capelli con una mano.

«Maledizione Isabel! Come pensi che possiamo vincere ora? Sei lo stereotipo dell'Omega, "voglio, ma non voglio". Cosa devo fare io adesso? Rovinare un uomo che con te è stato sincero e che tu hai volutamente provocato?» Eloy, fino a quel momento aveva taciuto, ma quelle parole che stavano uscendo dalla bocca del suo uomo, lo stavano ferendo.

«Isabel, sei innamorata di lui?» Javier borbottò qualcosa di indecifrabile.

«Sì...» gli rispose tra i singhiozzi. Eloy le sorrise.

«Credo che abbiate sbagliato entrambi. Non sarebbe meglio cercare di trovare un accordo con la controparte, Javier?» il suo tono era così dolce che attirò l'attenzione di tutti, compreso il padre di Javier, Antonio.

«Questa è la prima cosa sensata che sento. Javier, vado io da Blanco, penso che riuscirò a farlo ragionare, mancano ancora 10 minuti, dobbiamo sbrigarci» Javier annuì.

«Isabel, perché non ti sei confidata, potevamo evitare tutto questo...» Javier li osservava, non riusciva a capire come Eloy potesse essere così condiscendente con quella ragazzetta da nulla.

«La cosa mi ha preso la mano, non sapevo come uscirne... lui mi aveva fatto credere che mi amava, che era solo questione di tempo, che dovevo avere pazienza... ma dopo quella volta lui era sempre più distante e non sapevo come fare per...» Javier intervenne.

«Per legarlo a te contro la sua volontà, vero? Questo è quello che fanno gli Omega...» Eloy si voltò verso Javier, incenerendolo con lo sguardo, aveva passato il segno.

«Mi risultava il contrario, signor avvocato!» "merda", questa l'avrebbe pagata cara, si rese conto immediatamente Javier. Suo padre irruppe nella stanza, insieme all'avvocato Blanco e il professor Moreno.

«Sembra che abbiamo un accordo, sediamoci.» Romero senior si mise a fianco di suo figlio.

«Il professor Moreno si dichiarerà colpevole di omessa dichiarazione di identità sessuale e di attacco consenziente su minore, sempre che noi ritiriamo l'accusa per consentirgli di continuare ad insegnare. Inoltre, la signorina Mendez, compiuta la maggiore età, considererà la possibilità di diventare la sua compagna.» Javier si voltò verso suo padre, era sconvolto.

«E allora perché mi evitavi!? Perché dovrei aspettare!» Moreno guardò Isabel scuotendo la testa.

«Perché non sei ancora pronta, ho cercato di spiegartelo mille volte, ma tu sei così ostinata! Se davvero mi ami, come mi hai ripetuto, devi avere pazienza. Voglio che diventi adulta, poi, se ancora proverai gli stessi sentimenti, io sarò lì per te...» Isabel si gettò tra le sue braccia.

«Sembra che abbiamo un accordo, Avvocati Romero.» ritornarono in aula, toccò a Javier, avvicinatosi al banco della corte, esporre l'accordo, insieme all'avvocato Blanco. Il giudice si ritirò con la corte per deliberare. Isabel si allontanò dall'aula insieme alla madre, ne avrebbe avute di cose da spiegarle quel giorno. Eloy era davvero furioso e, deciso a evitare Javier, almeno per quella giornata. Appena congedatosi da Isabel e dalla madre, si incamminò verso l'uscita.

«Professor Blanco!» la voce tonante di Antonio Romero lo raggiunse, poco prima che potesse infilare la porta.

«Avvocato Romero?» era dietro di lui e, al suo fianco, c'era Javier.

«Non penserà di andare a pranzo senza di noi? Ho prenotato in un ristorantino poco distante.» "ecco, ci mancava solo questa", pranzare con il suo uomo, senza avere chiarito prima, e per di più con in mezzo ai piedi il di lui padre, non era esattamente quello che aveva sperato!

«Avrei qualche impegno da assolvere...» Antonio gli diede una pacca sulla schiena, per poco non gli fece sputare un polmone, scatenando l'ilarità in Javier.

«Nulla che non possa aspettare. Un buon piatto di carne, un paio di bicchieri di buon vino e qualche chiacchiera, non possono che giovare alla giornata.» "sono fritto", pensò Eloy, mentre veniva trascinato fuori da Antonio.

Il ristorantino in cui aveva prenotato Antonio, era davvero poco più che una bettola, ma i profumi che provenivano dalla cucina, promettevano grandi soddisfazioni. Peccato che, Eloy avesse lo stomaco completamente chiuso, capire cosa esattamente pensasse il suo uomo degli Omega, lo aveva ferito a morte.

«Non hai fame?» "grazie a te", si chiese se per caso lo avesse sfiorato l'idea di averlo ferito.

«Come potrei...» gli sibilò, senza neppure guardarlo. Javier incassò.

«Allora Eloy, le cose non son andate come ci aspettavamo, ma la cosa si è risolta per la tua protetta...» Eloy annuì.

«Credo che, tra qualche anno, se davvero si amano, potrebbero diventare una bella coppia, malgrado la differenza d'età...» Eloy continuava ad annuire, sorridendo forzatamente.

«Lui è davvero paziente, lei è il classico Omega, non riuscirei mai ad avere una relazione duratura con una così. Per fortuna ho incontrato Eloy...» a Eloy andò di traverso il boccone, iniziò a tossire rumorosamente.

«Non so perché, ma avevo il sospetto che tra voi due...» Eloy stava bevendo un goccio d'acqua, per riprendersi, ma dopo aver sentito il commento di Romero senior, stava per andargli di traverso anche quella.

«Visto che è la prima volta che parli di una tua relazione apertamente, ne deduco che sia una cosa seria...» "fate pure come se io non ci fossi!" Eloy, oltre ad essere estremamente imbarazzato, ora provava una sorta di fastidio, per come entrambi stavano trattando l'argomento.

«Da parte mia assolutamente sì, altrimenti non te l'avrei detto. Eloy, credo che si debba ancora abituare all'idea di dovermi sopportare per il resto della sua vita, ma conto di riuscire a convincerlo...» "ora gli piazzo un calcio in mezzo alle gambe", ma proprio nel momento in cui stava per esplodere, Antonio Romero gli prese entrambe le mani.

«Allora, benvenuto in famiglia Eloy!» si sciolse come neve al sole, era ben diversa dalla reazione pessima che aveva avuto suo padre!

«Grazie, avvocato Romero» lo sguardo di Javier non lo mollava un attimo, studiava la sua reazione, era consapevole di avere forzato le cose, ma doveva fargli sentire, in tutti i modi, che con lui era al sicuro, che era amato.

«No, no, no. Niente avvocato Romero, per te io sono Antonio, solo Antonio. E ora vi lascio soli, devo andare, ho un cliente che mi aspetta in studio tra mezz'ora.» rimasero soli in attesa che il cameriere portasse loro i caffè.

«A quanto pare abbiamo il resto della giornata libera. C'è qualcosa che ti piacerebbe fare?» Eloy sorrise.

«Vorrei tanto andare a fare un po' di shopping...» non era quello che aveva in mente Javier, ma avrebbero potuto posticiparlo.

«D'accordo.» il cameriere portò i caffè.

«Vorrei... ma ora non voglio più. Ora vorrei andare al cinema. Del resto, sono un Omega, e gli Omega, si sa, un momento vogliono una cosa e il momento dopo...» Javier appoggiò la tazza del caffè lasciandosi andare sulla sedia, incrociò le braccia.

«Sai che non lo penso sul serio...» Eloy faticava a trattenere le urla che avrebbe voluto fargli, ma non voleva perdere il controllo.

«Cosa non pensi sul serio? Il fatto che gli Omega cambino idea da un momento all'altro, o che l'unica loro aspirazione nella vita sia fregare un Alpha e farsi mordere "per sistemarsi"? Perché non ho capito bene, che cazzo ci stai a fare con me?!» "porca vacca Eloy!", aveva voglia solo di sbatterlo, attaccato al muro, per sentirlo gemere e gridare il suo nome, ma la necessità di comprendere la sua anima era più forte in quel momento.

«Quindi, illumina questo troglodita Alpha che hai di fronte, tu giustifichi il comportamento di Isabel? E non mi raccontare che in quanto Alpha non posso capire, perché non è così.» stavano camminando su un baratro e il terreno era sdrucciolevole.

«Forse, sarebbe meglio continuare questo discorso fuori di qui, ti stanno guardando tutti...» quello che aveva alzato la voce era Javier, senza neppure accorgersene. Pagarono il conto, visto che l'appartamento di Eloy era il più vicino, decisero di andare da lui. Eloy non lo lasciò neppure sedere che riprese il discorso da dove l'avevano interrotto.

«Tu! Non hai la minima idea di cosa significhi nascere Omega! I vostri calori non sono neppure minimamente comparabili con i nostri! Rinchiusi in una stanza per giorni e giorni, peggio che essere in prigione! Senza pace, senza consolazione... Per poi ritornare nella società subendo gli sguardi dei tuoi compagni e amici, che ti compiangono per la tua condizione "sfavorevole". Crescendo con la consapevolezza che, anche se sei il migliore del tuo corso, a te non verranno mai offerte le stesse opportunità! Se giustifico Isabel? No! No, mille volte no! Se la capisco? Si, si, un milione di volte sì!» Javier era rapito dalla sua furia, era ancora più bello quando si arrabbiava, il suo impulso sarebbe stato quello di abbracciarlo, proteggerlo da ogni male.

«Perciò, se odi tanto gli Omega, fai un favore ad entrambi, esci da quella porta e non voltarti indietro, perché io SONO un Omega e questo non potrà mai cambiare» la sua voce si era irrimediabilmente incrinata «e se tu... se tu non riuscirai a trovare il modo di farmi tuo...» la disperazione aveva ormai preso il posto della rabbia «Javier, perché hai scelto me, perché...» Javier si sedette resistendo alla voglia di prenderlo tra le braccia e baciarlo, ma doveva a tutti i costi dimostrargli che lui non era come gli altri.

«Quando avevo all'incirca diciassette anni, mi innamorai di una ragazza, Aida. Una mia compagna di classe. Era un Omega, aveva calori instabili, violenti. Quando la vidi la prima volta in calore, rimasi rapito da quella smania che vi invade. La sua faccia stravolta dal desiderio, le sue mutandine bagnate, il suo odore di cioccolata calda che invadeva la stanza... Ogni volta che succedeva, la salvavo dall'assalto degli altri compagni, ero l'unico che poteva farlo, l'unico che resisteva al suo richiamo. Poi, un giorno, le chiesi di mettersi con me e lei accettò. Durante i suoi calori, non eravamo mai arrivati a fare l'amore, anche se era difficile persino per me resistere, ma non volevo che accadesse quando lei perdeva la testa per i feromoni. Uno sfortunato giorno mi ammalai e rimasi a casa quattro giorni, quando tornai, seppi che il giorno prima, aveva avuto un calore e uno dei miei amici l'aveva scopata nei bagni. Da quel giorno ho evitato di uscire con Omega, il dolore di non avere saputo proteggerla mi aveva devastato. Poi, ho incontrato te. So esattamente cosa rischio se non riuscirò a farti mio, ma sono così innamorato di te che, per la prima volta da allora, sono disposto a rischiare, perché tu, Eloy, sei l'unico che voglio, sei il mio Omega.» Eloy si rannicchiò dall'altra parte del divano.

«Mio padre amava mia madre fin dai tempi del liceo. La portò a lavorare con lui per averla sempre vicina. La marchiò e la mise incinta. Quando la presentò ai sui genitori lo obbligarono ad una scelta: se sceglieva lei avrebbe dovuto rinunciare a tutti i sui privilegi e lo avrebbero diseredato, se sposava la donna che avevano scelto per lui, avrebbe mantenuto tutti i suoi privilegi e gli avrebbero fatto riconoscere il bambino. Scelse la sua ricchezza pur mantenendo legata a sé mia madre. Ci ha dato gli scarti della sua vita, mi ha fatto odiare la mia condizione di Omega ancora di più. Ho fatto di tutto per vivere a mio modo, senza farmi condizionare dal fatto di essere un Omega, ma per quanto sforzi io faccia, questa è la realtà con cui devo convivere, io sono un Omega, privilegiato per essere un Tao, ma pur sempre un Omega.» Javier si avvicinò e gli accarezzò dolcemente il viso.

«Mi sembra una buona base da cui partire, tu mi prendi con tutte le mie ferite e contraddizioni e io faccio altrettanto con te. E da questo punto costruiremo il nostro mondo, con le nostre regole.» si abbandonò sul suo petto abbracciandolo. Quella giornata passò così, i loro racconti e le loro ferite furono passate da uno all'altro. Il tempo trascorse così velocemente, che non si accorsero che ormai era scesa la sera.

«Sono le nove, non sai quanto vorrei restare, ma domani mattina devo svegliarmi prestissimo. Ho un corso di aggiornamento fuori regione, non posso proprio permettermi di rimanere.» Eloy era stanchissimo, alla fine era meglio così, se fosse rimasto, sicuramente avrebbero fatto le ore piccole, non necessariamente continuando a parlare.

«Ok. Sarà per la prossima volta...» Javier gli prese il viso tra le mani e lo baciò.

«La prossima volta, devo ricordarmi di comprare un sacco di preservativi, una volta non basterà...» Eloy arrossì.

«Vattene subito, prima che ti salti addosso!» lo spinse alla porta e lo spedì a casa.



Eduardo entrò in casa come una furia, sbattendo porte e urlando contro tutto e tutti. Sua moglie lo raggiunse nello studio, dopo qualche minuto, con una tazza di caffè.

«Tesoro, lo prendi un buon caffè?» Eduardo sospirò.

«Hai voglia di parlarne un po'?» Eduardo sorseggiò il caffè.

«Speravo di seppellire il mio avversario, ma è finita pari questa partita.» Marisol sorseggiava lentamente il suo caffè, fingendo di ascoltare attentamente ciò che le diceva.

«Non sarà l'ultima volta che vi scontrate in aula.» Eduardo alzò le sopracciglia.

«Sai cos'è la cosa peggiore? Che le prossime volte dovrò stare ancora più attento, visto che, a quanto pare, Eloy e Javier sono amanti...» ora aveva catturato tutta la sua attenzione,

«Ma... da quando?» Eduardo alzò le spalle.

«Che ne so! Credo da poco. Ma non mi avevi detto che la tua amica e la madre di Javier si erano accordate per presentargli la figlia? Sabina Fuentes, se non ricordo male è il nome della ragazza...» "e sarà così...", pensò Marisol.

«Evidentemente la cosa non è andata in porto.» si alzò, andando dietro la scrivania per recuperare la tazzina «Non ti preoccupare, vedrai che presto prenderà coscienza che tra loro non potrà mai funzionare. Sabina è quella giusta per Javier, è un Tao femmina, un morso e sarà sua.» aveva parlato anche troppo, sfortunatamente Eduardo non diede nessun peso a quello che disse.

Marisol conosceva molto bene la madre di Sabina, sapeva quanto ci tenesse che sua figlia si sposasse con un ottimo partito e, se aveva capito bene, a Sabina piaceva parecchio il rampollo dei Romero. Era la sua occasione per vendicarsi, l'odio e il rancore che provava nei confronti della sua rivale, finalmente avrebbero potuto avere uno sfogo. Tutti gli anni che aveva dovuto passare a fingere che suo marito avesse delle riunioni, mentre sapeva benissimo che andava da "loro", l'altra famiglia. Tutte le volte che facendo l'amore con lei, la chiamava Maria mentre veniva dentro il suo ventre. Ora era venuto il momento di vendicarsi, gli avrebbe fatto assaggiare il suo dolore attraverso quello del suo adorato figlio! Marisol compose il numero di telefono, la madre di Sabina rispose subito.

«Sono Marisol Blanco, sono appena venuta a conoscenza di alcune faccende che sicuramente ti interesseranno, possiamo vederci al più presto?» si accordarono per vedersi al club il giorno successivo.

Al club c'era la possibilità di parlare lontano da occhi indiscreti, davanti a un cocktail, in piena rilassatezza. Dopo i convenevoli di rito Marisol andò subito al grano:

«Circa dieci giorni fa, ti ho sentito mentre parlavi con la moglie di Romero, per fare conoscere i vostri figli.» Pola annuì.

«Se ho ben capito a Sabina piace molto Javier... sarebbero la coppia perfetta.» annuì, iniziando a guardarla con sospetto.

«Allora abbiamo un problema... il mio figliastro si fa scopare da Javier.» Pola non capiva bene dove volesse andare a parare Marisol

«Abbiamo? Non capisco... vuoi proteggere il tuo figliastro o cosa?» era proprio fuori strada.

«Al contrario, voglio aiutarti a conseguire l'obiettivo.» un ghigno si dipinse sul viso di Pola

«Mi avevano detto che tra di voi non correva buon sangue, ma non avrei mai creduto...» Marisol si stava innervosendo.

«Allora, ti interessa o no?» accidenti se le interessava! Le fece cenno di continuare.

«Non potendo più contare sull'appoggio della madre di Javier, che sicuramente sarà venuta a conoscenza del fatto che suo figlio ha un amante, dobbiamo fare in modo di far incontrare Javier e Sabina in maniera casuale.» passarono le successive due ore a tramare.



Le settimane passavano in un lampo, ancora poco più di un mese e sarebbe finita la scuola. Javier e Eloy si vedevano ogni volta che potevano, dormivano sempre più spesso insieme e entrambi avevano iniziato a invadere gli spazi dell'altro. Aveva iniziato Javier, mettendo il suo spazzolino accanto a quello di Eloy. Lo aveva trovato lì, una mattina, come uno stupido lo aveva persino accarezzato. Così la volta successiva, quando andò a dormire da Javier, lasciò da lui due paia di boxer, facendosi spazio nel cassetto che, la volta successiva, trovò vuoto con un post-it attaccato ai suoi boxer, "questo cassetto è tuo".



«Eloy, la prossima settimana abbiamo un impegno.» Eloy era ancora in dormiveglia, mentre Javier era già pimpante e pieno di vita.

«Cosssa?» gli rispose sbadigliando. Javier si sedette accanto a lui.

«Ho detto che abbiamo un impegno. Dobbiamo andare a presenziare al galà annuale dell'associazione avvocati.» Eloy si mise seduto all'istante, improvvisamente sveglio.

«Solo noi due o anche...» erano almeno due settimane che Javier, direttamente e indirettamente, premeva per fare diventare ufficiale la loro storia. Eloy mordeva il freno, non che non si sentisse pronto, ma avrebbe preferito che prima, avessero risolto la "questione legame", ma il professor Turcotte, ai loro solleciti, rispondeva che aveva bisogno di verificare ancora dei risultati, prima di esprimersi.

«Anche... tutta la mia famiglia... e anche la tua...» sbiancò, non aveva pensato al fatto che anche suo padre avrebbe partecipato!

«No, no, no... non se ne parla proprio!» Javier lo schiacciò contro le lenzuola.

«Sì, sì, sì... è esattamente quello che faremo, insieme. E non è necessario che lo diciamo a tutti, basterà vederci insieme.» Eloy cercò di impietosirlo in ogni modo, ma questa volta Javier era irremovibile.

«D'accordo, ma se poi resterò lì come uno stoccafisso non dirmi che non ti avevo avvertito! Sono allergico a queste cose!» Javier era pronto per uscire, Eloy si stava versando un caffè, lo abbracciò.

«Tu non sei allergico, tu hai paura, ma io sarò al tuo fianco.» gli depose un bacio sul collo martoriato dai suoi succhiotti.

«Vai...» gli rispose con la voce rauca, non smetteva mai di essere sensibile al tocco delle sue labbra.

Il venerdì successivo arrivò in un baleno. Eloy si era categoricamente rifiutato di recarsi al galà insieme a tutta la famiglia con un unico mezzo, perciò Javier lo avrebbe recuperato da casa sua, sarebbero andati insieme. Javier aveva preparato la sua Lamborghini, la poteva usare solo poche volte in un anno perché inquinava troppo. Per poterlo fare, doveva chiedere dei permessi particolari e pagare cifre astronomiche, ma quella era sicuramente una serata che avrebbero ricordato per tutto il resto della loro vita, perciò, ne era valsa la pena, anche la sua "bambina" doveva assistere.

«Dio Eloy! Mai che tu riesca ad essere in orario!?» aveva ragione, lui ci provava, ma alla fine riusciva sempre a fare tardi, sfoderò i suoi occhioni da gattino triste.

«Scusa...» Javier scoppiò a ridere.

«Ti punirò più tardi, sali...» le portiere della Lamborghini si alzarono maestose.

«Mio Dio! È stupenda! Lo so, lo dico ogni volta che la vedo, ma non ne posso fare a meno e poi è la prima volta che la usiamo insieme...» salì, gli sembrò di entrare in un'altra dimensione, si allacciò le cinture e il rombo dell'auto gli invase le orecchie.

«Reggiti.» arrivarono in pochissimo tempo. Si misero in fila per i parcheggiatori, attirando l'attenzione di tutti.

«Ti sei zittito, tutto bene?» Eloy aveva il cuore in gola e la bocca secca.

«No, lo sai...» gli prese la mano e la strinse sotto la sua sopra il cambio.

«Sai cosa c'è di bello in questa serata?» Eloy scosse il capo.

«Che quando torneremo a casa non ti lascerò nemmeno il tempo di toglierti i vestiti.» Eloy sorrise.

«Pensa a questo, quando ti sentirai un po' fuori luogo, là dentro.» erano arrivati davanti all'entrata, un ragazzotto di poco più di diciotto anni, andò a recuperare le chiavi dell'auto da Javier, rilasciandogli il tagliando. Si notava con quanta emozione salisse dentro la Lamborghini, incredulo che gli fosse toccata una tale fortuna.

«Se me la segna ha finito di vivere.» Javier era sbiancato, nel sentire la "sgasata" che il ragazzotto aveva fatto, mentre partiva per parcheggiarla. Javier sfiorò la mano di Eloy che la ritrasse.

«Non ti azzardare... già abbiamo gli occhi puntati addosso, ci manca solo che mi prendi la mano!» il salone nel quale si sarebbe svolto il galà, era per metà pieno di tavoli. L'altra metà era adibita a pista da ballo, nel palco, si sarebbero susseguiti vari oratori, nel corso della serata poi, un'orchestra avrebbe deliziato le loro orecchie con brani classici e, solo molto più tardi, un D.J. avrebbe trasformato quel posto in una vera discoteca. Davanti all'entrata, un grande pannello indicava l'assegnazione dei posti. Quell'anno, l'organizzatrice, aveva battezzato i nomi dei tavoli con quelli delle costellazioni. Il loro era il tavolo "Perseo", ne prendeva uno solo l'intera famiglia. S'incamminarono verso il tavolo, mentre passavano tra gli ospiti già seduti, Javier vide in lontananza il padre di Eloy, per andare al loro tavolo avrebbero dovuto necessariamente passargli davanti, tanto valeva... catturò la mano di Eloy e lo trascinò lì.

«Buonasera Avvocato Blanco, Signora, signorina.» Eloy se li trovò davanti senza neppure averne la consapevolezza.

«Buonasera Javier, ciao Eloy.» Eloy riuscì solo a sorridere.

«Fratellone! Sono talmente impacciata in questo cazzo di vestito, che anche volendo non riuscirei a saltarti al collo! Ma vedo che sei venuto in buona compagnia, perciò...» Natty stava squadrando Javier, come solo un Alpha può fare.

«Natalia! Potresti per cortesia moderare il tuo linguaggio!» la reguardì sua madre, Javier le sorrise.

«E così tu sei la famosa Natty! Sono molto contento di conoscerti.» Eloy voleva andarsene di lì il prima possibile.

«Scusate, ma ora dobbiamo andare.» sapeva di averlo sottoposto a uno stress inaspettato, decise di assecondarlo. La famiglia di Javier era già seduta, li raggiunsero occupando i posti loro assegnati.

«Buonasera Antonio. Buonasera signora Romero, ciao Marcus.» era seduto tra la madre di Javier e Marcus.

«Finalmente ti conosco Eloy! E accidenti, sei davvero bellissimo, proprio come ti avevano descritto!» Marcus aveva ormai superato la sua "cotta", ma era molto affezionato al suo prof.

«Il miglior prof che ci sia, mamma!» Eloy sorrise imbarazzato.

«Allora, adesso ci saranno tanti noiosissimi avvocati, che ci delizieranno con le loro noiosissime orazioni. Poi la cosa si farà via via più informale. Avete fatto bene a venire da soli. Dopo cena faremo un paio di balli, poi ce ne andremo a casa.» dopo poco, grazie alle chiacchiere di donna Maria e di Marcus, Eloy si sentiva a proprio agio, tanto da ridere e scherzare amabilmente con tutti, nella tavolata. La serata proseguì tra una chiacchiera e l'altra. Finiti gli oratori, l'orchestra iniziò a suonare. Le persone iniziarono a spostarsi negli altri tavoli per fare pubbliche relazioni.

«Eloy, vado al tavolo del giudice Torres, se hai bisogno vieni pure a cercarmi, ok?» Javier si era rilassato vedendo che il suo uomo era a suo agio, non l'avrebbe mai fatto altrimenti.

«Vai tranquillo, qui ho tutta la protezione del mondo.» ed era vero, tutta la famiglia si era stretta attorno a lui, si sentiva davvero protetto dalle loro attenzioni.

Parlava amabilmente con la madre di Javier, quando, da lontano, una figura snella, fasciata in un semplice tubino nero, attirò la sua attenzione. Il suo cuore perse un colpo, quando si rese conto che quella ragazza era Sabina Fuentes. Quando si accorse che si stava dirigendo al tavolo dov'era Javier, s'irrigidì. Maria, che era al suo fianco, accorgendosi del suo cambiamento, si girò per guardare cosa avesse attirato la sua attenzione. Tutto si svolse in un attimo; Sabina, passando a fianco di Javier, finse di inciampare, cadendogli praticamente tra le braccia e, sempre fingendo di essersi storta una caviglia, avvinghiata a Javier, si fece accompagnare in una stanza attigua al salone, Eloy seguì la scena senza respirare.

«Eloy, perché non vai a dare una mano a Javier...» Maria era una donna sensibile, aveva colto subito la tensione e la paura, negli occhi di Eloy.

«Quella è Sabina Fuentes, vero?» Maria gli prese una mano stringendola.

«Vai...» Eloy, spinto dalla sua voce, si alzò, incamminandosi nella direzione in cui li aveva visti sparire. Il lungo corridoio era pieno di porte, lentamente le passò una ad una, cercando di carpire un movimento o una voce.

«HAI! Che dolore terribile!» dalla porta che aveva appena passato un grido lo colse di sorpresa.

«Signorina Fuentes, anche se questi tacchi sfacciatamente alti, rendono le sue gambe un sogno, dovrebbe fare più attenzione a dove mette i piedi...» "le sue gambe un sogno!?", già, dimenticava che il suo Alpha non aveva gusti "esclusivamente" maschili? Si fermò ad ascoltare dietro la porta socchiusa.

«Avvocato Romero. Non potevo certo venire al galà con le scarpe da ginnastica!» rise, la sua risata era cristallina, ma quello che gli fece male, fu sentire la risata di Javier che l'accompagnava. Spalancò la porta.

«Va tutto bene?» Sabina lo accolse con un sorriso aperto, quasi ingenuo.

«Salve! Sì, va tutto bene, sono in buone mani! L'avvocato Romero è davvero un esperto in bendaggi!» "è davvero una bellezza questa ragazza...", gli avrebbe rotto quel nasino perfetto con molta gioia in quel preciso istante e non sentiva neppure l'esigenza di nasconderlo. La ignorò completamente.

«Javier, ero venuto a vedere se ti serviva aiuto... ma vedo che te la stai cavando benissimo da solo.» era furioso. Chiuse lentamente la porta e si incamminò a ritroso nel corridoio.

«Perdonami Sabina. Ora te la puoi cavare da sola, vero?» Sabina annuì. Javier uscì velocemente e si mise a rincorrere Eloy.

«Perché non sei rimasto?...» Eloy continuava a camminare senza degnarlo di uno sguardo.

«Non mi andava.» Javier sorrideva sornione.

«Eloy...» Eloy si bloccò. Aveva le braccia distese sui fianchi e i pugni stretti. Si voltò, il suo volto era rosso.

«Lo sai chi è quella?» Javier non lo sapeva, ma era convinto che tra poco lo avrebbe saputo.

«Assolutamente no.» Eloy si morse il labbro.

«Sabina Fuentes, figlia del notaio Fuentes, Omega Tao, femmina, bellissima con gambe da sogno... È con una così che dovresti stare, non con me!» "mi sta sfuggendo qualcosa", pensò Javier, mentre lo prendeva per le spalle.

«Ma che stai dicendo!?» Eloy cercò di divincolarsi, senza in realtà ottenere grandi risultati.

«Sono mesi che sua madre te la vuole presentare... so che ne ha parlato anche con tua madre.» lo strinse a sé.

«Ascoltami bene, testone. Non esiste nessuno che ti possa sostituire nel mio cuore, ok?» aveva preso la sua mano e l'aveva infilata nella tasca della sua giacca.

«Senti qualcosa di duro?» finse di non leggere il doppio senso, la sua mano accarezzò quella che al tatto sembrava una scatolina.

«Tirala fuori.» ed era una scatolina. Javier gliela tolse dalle mani e la aprì, mostrandogli il contenuto.

«Da qui non si torna più indietro... voglio che tu venga a vivere con me. Voglio che tu sia il mio clan, la mia famiglia.» non esisteva nessuno, sulla faccia della terra, che riuscisse a farlo andare sulle montagne russe come il suo Javier.

«Ti pentirai, lo so che ti pentirai...» Javier prese l'anello e gliel'infilò al dito.

«Ti sta perfettamente, infila il mio e lascia che io possa pentirmi per tutto il resto della vita...» Eloy gliel'infilò baciando il suo dito.

«E ora, andiamo a dirlo alla mia famiglia.» Sabina, poco lontano da loro, aveva assistito a tutta la scena. Aveva sentito tutto.

La famiglia di Javier si strinse intorno a lui, specialmente Marcus che, in un certo senso, si sentiva l'artefice di quello che era successo. Javier insistette per andare via presto, adducendo un'improvvisa stanchezza.

«Non pensavo fossi così stanco...» Eloy stava salendo sulla Lamborghini, appena le portiere si chiusero si ritrovò addosso Javier.

«Infatti non lo sono... ma devo ancora punirti, ricordi?» Javier emise una fortissima dose di feromoni a cui il corpo di Eloy reagì immediatamente.

«Vacci piano cowboy, vuoi soffocarmi?» Javier aveva le pupille dilatate, sentire l'odore di torta di mele appena sfornata lo faceva impazzire.

«Ti salvano i tuoi soppressori, con i feromoni che sto emettendo in questo momento, senza, andresti in calore.» sognava il momento in cui lo avrebbe fatto suo senza barriere ma, per il momento, si poteva accontentare di farlo urlare per lui.

«Se continui così potrebbero non bastare...i soppressori dico...» stava ansimando, il suo odore era pungente, ma più ne inalava più ne sentiva il bisogno. In pochi minuti erano arrivati al parcheggio dietro la dependance.

Eloy stava scendendo dall'auto ma, appena mise i piedi a terra, girandosi, si ritrovò sulla bocca, il membro turgido di Javier.

«Apri la bocca...» per la prima volta stava usando i suoi feromoni per piegarlo alla sua volontà, del resto, lo aveva avvertito che era in punizione.

«Questo è giocare sporco...» la sensazione di dominio era una cosa che non aveva mai sperimentato, fino a quel momento, sapeva che non avrebbe potuto resistere. Aprì la bocca accogliendo il suo membro. Javier glielo spinse dentro, fino in fondo, sentendo lo spasmo nella sua gola che si chiudeva sul glande. Gli strinse i capelli dandogli il ritmo che voleva, sentire quanto riusciva ad assecondare i suoi movimenti lo eccitò all'inverosimile. Lo alzò di peso, accompagnandolo contro il muro del garage.

«Spogliati.» gli disse, mentre si sfilava i pantaloni e i boxer. Eloy era lì, di fronte a lui, poggiato contro la parete, nudo e indifeso. Si appoggiò su di lui, gli infilò le dita dentro, come sempre era bagnato, ma non voleva prepararlo troppo. Gli sollevò una gamba e iniziò a strusciare il suo uccello sull'apertura fradicia.

«Non so se sei pronto per prenderlo tutto...» i gemiti di Eloy erano musica per le sue orecchie.

«Smettila di giocare con me...» gli infilò la punta, uscendo e entrando più volte.

«Ti prego Javier...» si fermò, prendendogli il viso, obbligandolo a guardarlo.

«Ti prego Javier, cosa?» Eloy si morse il labbro, gemendo più forte lo abbracciò, sussurrandogli in un orecchio:

«Scopami.» Javier gli alzò di peso le due gambe, schiacciandolo al muro lo penetrò profondamente.

«Allacciati a me.» Eloy si aggrappò a lui, Javier continuò a penetrarlo, facendolo dondolare sul suo membro. Mancò poco che venisse dentro di lui. Eloy era venuto più volte, era rimasto senza forze. Javier lo trasportò di peso sul letto, lasciandogli appena il tempo di riprendersi. Era di nuovo dentro di lui, insaziabile.

Due ore dopo, mentre Eloy già dormiva, Javier andò in cucina per farsi uno spuntino. Distrattamente, controllò le sue mail. Vide che il professor Turcotte gli aveva inviato un messaggio:

"Abbiamo terminato i test. Solo uno di questi ha dato un risultato positivo. E abbiamo capito perché. Nel DNA del suo Omega ci sono dei frammenti di predominanza Alpha. Lo avevamo già notato anche in altri Tao, ma non così forti come nel suo Omega. I test con le cellule, hanno dimostrato che si legano solo se la quantità di cellule usate per farlo, sono dello stesso numero. Credo fermamente che non sia sufficiente che lei lo marchi. Il legame si creerà solo se anche lei verrà marcato dal suo Omega, durante il calore di entrambi. In poche parole, lei per creare il legame, dovrà, per quella volta, diventare anche il passivo." Javier fece cadere la bottiglia che aveva in mano.

OBLIVION - LA STORIA DI JAVIER E ELOYDove le storie prendono vita. Scoprilo ora