CAPITOLO IV

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Non vedeva l'ora di arrivare in studio, per poter leggere con calma l'e-mail del professor Turcotte. Ma prima di tutto, doveva organizzare la riconquista di Eloy. Suo fratello era stato piuttosto preciso, nel descrivere i gusti di Eloy, tanto da farlo sentire in imbarazzo, prendendo coscienza di non sapere quasi nulla, in confronto a lui. Però ora, sapeva molte più cose, a partire dalla musica che ascoltava, prevalentemente jazz e soul classici, aveva una collezione di vinili, praticamente introvabili, ma non poteva ascoltarli, perché non aveva una piastra. Adorava le piante a foglia larga, Marcus gli aveva riferito che, in classe, aveva portato una Monstera, perché nel suo appartamento non aveva la luce necessaria. Non gli piacevano i dolci, tranne i panini, per quelli avrebbe fatto pazzie. Inoltre, era ormai un anno che si lamentava del suo portatile, ma aspettava di riuscire ad avere i soldi necessari per poterlo cambiare. Decise di partire da lì. Mentre si stava recando in studio, si fermò in un negozio del centro e gli comprò il miglior portatile che c'era. Era fornito anche dell'ultima tecnologia olografica, ed era possibile registrare un messaggio olografando la propria immagine. Dopo una lunga spiegazione del negoziante, quando arrivò in studio, era pronto per fare la registrazione. Si accinse ad inviargli un messaggio, per chiedergli un appuntamento, ma si accorse che l'aveva bloccato, lo aveva bloccato ovunque... sorrise, questo non faceva che rendergli la cosa ancora più desiderabile. Registrò il messaggio, chiamò un corriere e glielo fece recapitare a scuola.



Quando si ritrovò da solo per strada, Eloy si mise a correre, non aveva mai fatto una scenata di quel genere, mai si era sentito così furioso e così umiliato. Allora per quale motivo si stava sentendo così disperato, se l'era tolto dalle scatole, avrebbe dovuto sentirsi sollevato, invece quel peso sul cuore aumentava, sempre di più. Avrebbe tanto voluto parlarne con qualcuno, purtroppo il suo unico amico era innamorato di lui, ed era passato troppo poco tempo da quando l'aveva rifiutato, non voleva farlo soffrire ancora. Senza rendersene conto si ritrovò a pochi passi dalla casa di sua madre, la luce della sala era accesa. Suonò il campanello.

«Chi è?!» era tardi, forse l'aveva anche spaventata.

«Sono io mamma, posso salire?» sentì il rumore della serratura che si apriva, sua madre lo aspettava appoggiata allo stipite della porta.

«Sei davvero tu... per essere qui, a quest'ora, devi essere nei guai!» Eloy la guardò, il suo sguardo tradiva la sua disperazione, sua madre aprì le braccia, Eloy vi si gettò e quel contatto sciolse le sue ultime resistenze. Lasciò che cullasse il suo pianto, fino a che, sfinito, crollò addormentato tra le sue braccia. Si svegliò in piena notte, lo aveva disteso sul divano, doveva avere faticato per farlo. Lo aveva coperto con un lenzuolo. Si mise seduto e la vide lì, accanto a lui, distesa sulla poltrona, in una posizione piuttosto scomoda. Si avvicinò a lei e le diede un lieve bacio sulla guancia.

«Mamma, vai a dormire nel tuo letto, io vado a casa.» le sussurrò.

«Io me ne vado a dormire solo se ti rimetti a dormire anche tu su quel divano. Non voglio che te ne vai in giro a quest'ora, non cambia nulla se rimani qui.» sapeva che non gli avrebbe chiesto nulla, ma era confortante essersi ritrovato tra le sue braccia. Ritornò a dormire sul divano, sua madre lo svegliò alle sei di mattina, per permettergli di tornare a casa a cambiarsi. Aveva la mente vuota, era stanchissimo e sotto la doccia gli venne prepotente la voglia di darsi malato. Ma il suo senso del dovere ebbe il sopravvento, dopo un altro caffè era pronto per affrontare la sua giornata. Scorse l'orario, le prime due ore aveva la classe di Marcus, avrebbe voluto evitare di vederlo, anche se la colpa di ciò che era successo non era sua, non poteva evitare di essere irritato di avere saputo questa cosa da lui. Entrò in classe, assumendo l'aria più severa che avesse mai avuto, ottenendo immediatamente la loro attenzione e un silenzio tombale, "dovrei farlo più spesso?". La lezione che aveva deciso di affrontare quella mattina era piuttosto difficile, "equazioni e disequazioni irrazionali superiori", ormai era più di un'ora che stava parlando, quando qualcuno bussò alla porta.

«Avanti.» il segretario, assistente dei professori, entrò con un pacco in mano.

«Professor Blanco, hanno consegnato questo pacco per lei, aspettava qualcosa?» Eloy si avvicinò alla cattedra, dove, nel frattempo, il segretario aveva appoggiato il pacco. Non c'erano scritte o biglietti, non aveva la minima idea di chi l'avesse mandato, o di cosa potesse contenere.

«La ringrazio, si tratterà sicuramente di un omaggio di una qualche casa editrice.» terminò la spiegazione, lasciando ai ragazzi l'ultima mezz'ora per potersi organizzare in gruppi di lavoro ed esercitarsi. Mentre i ragazzi lavoravano, si dedicò all'apertura del pacco misterioso. Dentro c'era un computer di ultima generazione, uno di quelli che si sarebbe potuto permettere soltanto nei suoi sogni. Lo accese, immediatamente sullo schermo apparve una scritta: "biglietto olografico, clicca sul messaggio per visualizzarlo." Istintivamente lo fece, al suo fianco comparve, come per magia, Javier.

«Buongiorno, professorino! Visto che mi hai bloccato ovunque, non mi hai lasciato altra scelta, ti piace il tuo nuovo computer?» Eloy entrò in panico, doveva fermare quel messaggio, gli occhi di tutta la classe erano puntati su di lui, quelli di Marcus in particolare! Ma non aveva la minima idea di come fare. Marcus si avvicinò alla cattedra.

«Prof. lo metto in pausa, forse è meglio che vada a finire di sentirlo in ufficio...» Marcus bloccò il messaggio, Eloy non riusciva a guardarlo.

«Prof. la tengo io la classe, può andare, davvero, va tutto bene...» "ma che sta succedendo?", Marcus non era arrabbiato con lui? Si girò, stava sorridendo, il brusio nella classe stava aumentando. Prese il computer e si chiuse nel suo ufficio, pigiò di nuovo il bottone che aveva usato Marcus e il messaggio riprese.

«Credevi davvero che sarebbe bastato bloccarmi per farmi desistere? O che me la sarei presa per un po' di vino in faccia?» sparì per qualche istante, ritornò con una bottiglia di vino in mano e se la svuotò addosso. Se avesse visto la faccia di Eloy in quel momento!

«Sono stato uno stupido, ho avuto paura delle tue reazioni, ho combinato un vero casino. E, cosa peggiore, ho ferito sia te che Marcus. Ma non voglio rinunciare a noi, perciò, sbloccami, non pretendo che tu risponda ai miei messaggi, ma almeno li leggerai, sbloccami e goditi il mio regalo.» l'immagine sparì all'interno del computer, resistette alla voglia di farlo ripartire, anche solo per un attimo, per rivederlo, così, completamente bagnato dal vino mentre, privo di ogni orgoglio, gli chiedeva scusa. Spense il computer, lo rimise nel suo imballo con riluttanza, ritornò in classe e, prima che uscisse, consegnò il pacco a Marcus.

«Ringrazia tuo fratello da parte mia, ma non posso accettarlo.» Marcus stava per ribattere, Eloy si girò dall'altra parte, suo fratello non avrebbe gradito la cosa.

v Ti ho sbloccato, ma non risponderò ai tuoi messaggi, né ho la minima intenzione di farmi comprare dai tuoi regali. – non sapeva quanto avrebbe resistito ad un tale assedio, ma non aveva certo intenzione di rendergli la cosa così semplice.

Ø Ma mi hai sbloccato... - aveva tenuto accanto a sé lo smartphone per tutta la mattina, sperando che arrivasse quel messaggio. Era nel pieno della riunione del lunedì, ma non si sarebbe mai perso quel messaggio, neppure se fosse stato al centro della terra.

Anche Eloy, nel corso di quella giornata, non abbandonò un attimo il suo Smartphone, neppure per un secondo ma, fino a tarda sera, nessun messaggio. Lo abbandonò solo per andare a fare una doccia veloce, quando ritornò in soggiorno, il suo telefono stava facendo scintille, ventiquattro messaggi.

Ø Buonasera, lo so è un po' tardi, ma sono appena tornato a casa, nella mia casa, non nel pollaio. – ne seguivano una serie di foto di una casa del tutto sconosciuta, molto più personale.

Ø Spero di potertela mostrare al più presto dal vivo. È la dependance della villa principale, un po' appartata rispetto alla villa, c'è molta privacy qui. – altra serie di foto prese dall'immensa vetrata del soggiorno.

Ø Vedo che stai visualizzando, perciò non sei ancora andato a dormire, quindi continuerò il mio monologo. Ora vado a farmi una bella doccia, tu sarai già fresco e profumato, ma io ho ancora addosso l'odore del vino. Ho voglia di vederti, una dannata voglia di vederti. – appoggiò lo smartphone e si mise a cucinare qualcosa, anche se la fame non arrivava. Due uova strapazzate sarebbero andate benissimo. Mentre si accingeva a mangiare il primo boccone, il suo telefono ricominciò a ricevere messaggi.

Ø Fresco di doccia, vuoi vedere? – quasi sputò il boccone, ci mancava solo una foto di lui fresco di doccia!

Ø Ora parliamo di cose serie... nei prossimi giorni la mia segretaria, ti manderà una memoria per prepararti alla tua testimonianza. Immagino che non verrai in studio da me per fare una simulazione, vero? Capisco perfettamente ma, ti prego di leggere attentamente e, visto che sarà tuo padre a fare il controinterrogatorio, se ti venisse in mente qualcosa che non ho previsto, sentiti libero di chiamare la mia segretaria. Ci penserà lei ad aggiornarmi. Ora vado a lavorare un po', mi manchi tantissimo. Ah, un'altra cosa, lo so che mi hai detto chiaramente che non vuoi regali ma, apri la porta, c'è una cosa che ho lasciato mezz'ora fa, non prenderlo come un regalo... diciamo che è un prestito, è mio... spero che lo potremo usare insieme, presto...» Eloy si alzò e aprì la porta incuriosito. C'era un pacco sullo zerbino, lo raccolse e lo appoggiò sul tavolo. Finì di sparecchiare e, con tutta calma, si sedette e lo aprì. Conteneva un vecchio piatto per ascoltare i vinili. Sorrise, pensando a quanto impegno ci stesse mettendo Javier. Il piatto era stato modificato per poter essere collegato ai computer home, in modo da poter sentire la musica in tutta la casa. Lo collegò facilmente. Aprì l'anta del mobile della sala, che conteneva i suoi preziosi vinili, scelse un 33 giri, lo pose con cura sul piatto, prese il telefono e lo mise in modalità registrazione. Con una cura che aveva del religioso, staccò il braccio dal suo posto, il piatto iniziò a girare. Dolcemente appoggiò la puntina sul disco, le note gracchianti riempirono la stanza. Ascoltò rapito la musica che si diffondeva per tutta la casa. Finito il brano, bloccò la registrazione. Emozionato la inviò a Javier, questo gesto valeva, per lui, più di mille parole, lo avrebbe capito?

Quando ricevette il Messaggio di Eloy, era immerso nel lavoro, tra poche settimane sarebbe iniziato il processo Mendez contro Moreno, i giornalisti lo avevano fatto già diventare un caso nazionale, gli occhi di tutti erano puntati su di lui, era parecchio sotto pressione, anche se la cosa che lo continuava ad assillare non era quella, ma il pensiero di non riuscire a riconquistare Eloy. Non era un messaggio scritto era un vocale. Premette play. La musica di Ovejoyed di un artista di nome Steve Wonder invase la stanza. L'ascoltò ad occhi chiusi, abbandonandosi sulla sedia davanti al suo computer, ascoltandone, oltre la musica, anche il testo. In particolare lo colpirono alcune frasi, "i miei sogni si sono avverati quando ti ho guardato e forse, se tu ci credessi, potresti essere felice" e soprattutto, "anche se i pronostici dicono sia improbabile, che cosa ne sanno? Nelle avventure sentimentali, tutto quello di cui il vero amore ha bisogno è una possibilità, e forse, con questa possibilità, scoprirai che, anche tu, come me, sarai felicissima, super-amata". Il suo cuore accelerò, Eloy gli stava dicendo che gli avrebbe dato un'altra possibilità! Decise che scrivere non sarebbe stato abbastanza, doveva fargli ascoltare la propria voce.

Ø Eloy, sono così arrabbiato con te... com'è possibile che tu riesca a monopolizzare la mia mente e il mio corpo in questo modo, solo con un gesto? La voglio quella possibilità, la voglio così tanto che non riesco più a pensare ad altro... ti prego fammi entrare, non lasciarmi qui al freddo... - ascoltare la sua voce, calda, avvolgente come una coperta nelle fredde notti invernali, era così...

v Buonanotte. – fu l'unica cosa che riuscì a dire, ma gliela disse registrando la sua voce, sperando che, anche per lui, fosse una coperta in cui avvolgersi.



Nei giorni successivi, lentamente, Eloy ricominciò a rispondere, dapprima solo saluti poi, man mano che i giorni passavano, ricominciò a parlargli. Aveva ricevuto la memoria dalla segretaria di Javier, l'aveva letta attentamente, c'erano le possibili domande che suo padre avrebbe potuto rivolgergli e le possibili sue risposte, era tutto studiato minuziosamente, non gli venne in mente nulla da aggiungere. Oramai mancavano pochi giorni al processo, erano tre settimane che non si vedevano, ma Javier sembrava accontentarsi dei loro scambi, tra e-mail e messaggi, questo lo stava iniziando ad irritare.



Ø Hey, scusa stasera ho fatto tardi... - erano passate le dieci di sera, Eloy si stava persino un po' preoccupando, non l'aveva mai fatto aspettare così tanto.

v Chi sei scusa? – questi erano i momenti in cui la sua pungente ironia esplodeva, aveva deciso di irritarlo e non si sarebbe fermato.

Ø Ha ha ha, bella battuta! – "finalmente ti ritrovo!", gli ci erano volute tre lunghe settimane ma, finalmente, Eloy stava tornando da lui. La piccola ape aveva iniziato a pungere di nuovo.

v Di cosa parliamo questa sera? Di come è andata la giornata? Di come va la preparazione del processo? Oppure potremmo parlare del tempo! – "voglio proprio lasciarti credere che mi farò pungere", pensò Javier.

Ø Ti sto annoiando? Vuoi che cambiamo argomento? Di cosa vuoi parlare Eloy? – "ma mi sta prendendo in giro?", a che gioco stava giocando?

v Secondo te di cosa vorrei parlare? Ma, niente lasciamo perdere... buonanotte! – "oddio non riesco più a resistere, muoio dalle risate!", era arrivato il momento.

Ø Vorresti dirmi che sei pronto a parlare di nuovo di noi? – accidenti se era pronto!

v Sì. – avrebbe voluto "condire" molto di più la sua risposta ma, improvvisamente, si sentiva a corto di parole.

Ø Ok. Ora ti dirò cosa vorrei da te e tu farai altrettanto. – aveva avuto tre settimane per pensare, Javier aveva le idee estremamente chiare.

v Ok. – rannicchiato in un angolo del suo divano, attese con ansia di leggere le parole di Javier.

Ø Chiariamo subito una cosa: io sono innamorato di te. Chiarito questo, voglio che la nostra relazione diventi ufficiale e, non so ancora in che modo, voglio che tu diventi il mio Omega. – "più chiaro di così!", a Eloy tremavano le mani.

v Sai che non è possibile, che tu mi possa fare diventare il tuo Omega, sembra che il morso di un Omicron non funzioni su un Tao... - non poteva ancora parlargli delle teorie del professor Turcotte ma, se aveva ragione, un modo c'era.

Ø Lo affronteremo insieme a tempo debito. Comunque, il morso temporaneo funziona, almeno tra un calore e l'altro. E del resto cosa ne pensi? – ora quello nervoso era diventato Javier.

v Penso che alla mia famiglia prenderà un colpo sapere che sto insieme al nemico, però non importa, visto che anch'io sono innamorato di te, solo... non nascondermi più nulla. – aveva risposto di getto, era troppo emozionato per riuscire a pensare una risposta.

Ø Scusa, potresti ripetere? – aveva una voglia pazza di rivederlo, di fare l'amore con lui e dopo avere avuto la sua ammissione su ciò che provava, il desiderio lo stava facendo impazzire.

v Non devi nascondermi più nulla... - Eloy stava ridendo come un pazzo, se solo lo avesse visto era sicuro che gliel'avrebbe fatta pagare cara.

Ø No, quello che hai detto prima. – Javier era così preso, da non rendersi minimamente conto che Eloy si stesse burlando di lui.

v Che alla mia famiglia prenderà un colpo? – Eloy aveva iniziato a mordersi il labbro, era troppo divertente giocare con lui.

Ø Sai che c'è? Caro professorino, sei fortunato che fino al processo sarò costretto a restare lontano da te, ma ti posso assicurare che, appena ti avrò tra le mani, non solo te lo farò ripetere innumerevoli volte, ma lo urlerai talmente forte, che ti sentiranno fino a Barcellona! – era bellissimo ritrovare quell'allegria, si sentiva di nuovo a casa.

v Ci conto? – Eloy era felice, si sentiva così bene, che avrebbe potuto affrontare qualsiasi cosa.

Ø Certo! Ma dovremo pazientare ancora qualche giorno. Anzi, sicuramente in questi tre giorni riuscirò sì e no a darti la buonanotte, ma non dubitare che sarai sempre nei miei pensieri. Buonanotte Prof. – aveva ancora tantissimo lavoro da fare ed era quasi mezzanotte, a malincuore decise che doveva congedarsi da lui.

v Buonanotte a te avvocato, preparati bene, mio padre non è facile da affrontare, ma contiamo su di te. – avrebbe atteso il momento di rivederlo contando i minuti.



Javier, aveva immaginato di non riuscire a contattarlo spesso, in quei tre giorni che li separavano dall'udienza in cui Eloy si sarebbe dovuto presentare davanti al giudice, e così fu, a malapena riuscì a mandargli la buonanotte. Si era fatto persino aiutare da suo padre, teneva particolarmente a quel processo, non solo perché coinvolgeva così da vicino Eloy, ma anche perché era la svolta della sua carriera. Eppure, più leggeva le carte, più la sua vocina interiore gli ripeteva che qualcosa gli stava sfuggendo.

Il giorno successivo ci fu la prima udienza, come si aspettava, il giudice, che aveva esaminato le carte, pretese di sentire i testimoni minori a carico dell'accusa e, il giorno successivo, quelli della difesa, in questo modo lasciava il tempo ad entrambi di soppesarsi e di aggiustare il tiro. Il pubblico di certo non mancava, Isabel era serena, per quei primi due giorni l'accompagnò solo sua madre. Moreno era seduto impassibile a fianco di Blanco, non rivolse neppure per un secondo il suo sguardo verso Isabel.

Il terzo giorno, al banco dei testimoni, avrebbe chiamato Eloy ma, solo dopo avere interrogato Isabel. Sarebbe stata una lunga giornata. L'udienza era fissata per le nove, poco dopo le otto, Javier era già in tribunale, i giornalisti assediavano l'entrata Immaginandolo, aveva parcheggiato sul retro, sarebbe entrato da una porta secondaria. Si ritirò nello stanzone riservato agli avvocati, per ripassare gli interrogatori, in attesa che Isabel e Eloy arrivassero. Vennero accompagnati da lui da una delle guardie, Eloy aveva indossato un completo blu notte, con la cravatta, era bellissimo.

«Benvenuti. Puntualissimi ed elegantissimi.» rivedere Javier dopo tre settimane era già emozionante di per sé, il suo odore gli fece girare la testa.

«Venite, accomodatevi. Se volete potete servirvi un po' di caffè, è ancora caldo.» la mano di Javier si appoggiò sulla schiena di Eloy, mentre lo accompagnava verso la sedia, con un tocco leggero ma studiato, scivolò fino all'incavo che lo separava dalle natiche, per poi risalire altrettanto lievemente. Le gambe di Eloy tremarono.

«Sei bellissimo.» gli sussurrò, mentre faceva scivolare la sedia sotto di lui. Se solo avesse potuto, si sarebbe girato e lo avrebbe baciato fino a che le sue labbra non avessero iniziato a sanguinare.

«Solo una raccomandazione, quando sarete al banco dei testimoni e ad interrogarvi sarà Blanco, se succedesse qualcosa di inaspettato, vi chiedo di mantenere la calma, ricordatevi che ci sono io e sono lì per aggiustare le cose. Dovete mantenere la concentrazione e la fiducia in me. Siamo d'accordo?» entrambi annuirono.

Il segretario del giudice venne a chiamarli per prendere posto in aula. Mentre si avvicinavano ai loro posti e Javier salutava l'avvocato Blanco, notò che Moreno stava guardando Isabel, e il suo sguardo non era, come ci si sarebbe potuto aspettare, quello di un uomo arrabbiato, era piuttosto lo sguardo di un uomo... innamorato?! Quella sensazione che mancasse un tassello tornò a martellargli il cervello incessante.

«IN PIEDI, ENTRA LA CORTE!» non aveva tempo ora di riflettere su ciò che aveva visto, ora doveva concentrarsi sull'interrogatorio.

«Avvocato Romero, possiamo iniziare quando vuole.» avrebbe iniziato con Isabel.

«Vostra grazia, chiamo al banco dei testimoni la signorina Isabel Mendez.» Isabel si avvicinò al banco, prestò giuramento, poi salì, esternando una calma che era ben lontano da provare, sul banco dei testimoni.

«Signorina Mendez, vuole per cortesia presentarsi alla corte?» Isabel si girò verso il giudice, scandendo con calma le parole eseguì la richiesta.

«Mi chiamo Isabel Mendez, ho diciassette anni e sono Omega.» Javier sorrise teneramente, come avrebbe fatto un fratello.

«Signorina Mendez, vorrebbe esporre, a me e alla corte, i fatti incriminati come si sono svolti?» Isabel arrossì sistemandosi sulla sedia.

«Quella mattina, beh era quasi ora di pranzo, il professor Moreno mi aveva chiesto di rimanere oltre l'orario, per aiutarlo a sistemare alcuni documenti nel suo computer.» Javier la interruppe.

«Succedeva spesso che le chiedesse di fermarsi oltre l'orario?» Isabel annuì.

«Era successo almeno un altro paio di volte.» Javier le fece cenno di continuare.

«Stavo iniziando a organizzare il lavoro, quando iniziai a sentire caldo e un leggero formicolio, beh...» Javier la spronò con lo sguardo

«Alle parti basse.» sussurrò Isabel.

«Mi scusi avvocato, non ho compreso la risposta della teste!» urlò Blanco dal suo posto, senza nemmeno alzare lo sguardo dalle sue carte. Javier scosse la testa sconsolato. Isabel si schiarì la voce, riprese una postura fiera e quasi lo gridò.

«ALLE PARTI BASSE!» l'aula scoppiò a ridere.

«Insomma, mi resi conto che stavo entrando in calore.» Javier si avvicinò all'avvocato Blanco, appoggiando entrambe le mani sul banco della difesa.

«Le è tutto chiaro ora, avvocato Blanco?» Eduardo alzò lo sguardo, incontrando quello di Javier, alzò un sopracciglio e gli fece un mezzo sorriso tornando alle sue carte. Javier si voltò ritornando di fronte a Isabel.

«Non lo riteneva estremamente rischioso entrare in calore, da sola, in una stanza con un uomo adulto?» Isabel scosse il capo.

«Non avrebbe dovuto esserlo, visto che l'istituto che frequento non ammette né alunni né professori Alpha.» Javier annuì e continuò.

«Quindi, lei non lo riteneva pericoloso perché era certa di trovarsi insieme a un maschio Beta, se non addirittura Omega?» Isabel annuì

«Precisamente. Perciò mi rivolsi a lui fiduciosa e glielo dissi. Gli dissi esattamente: "professore, credo di stare entrando in calore, può chiamare mia madre che mi venga a prendere subito?" – Javier annuì vistosamente

«E il professor Moreno lo fece?» Isabel scosse lentamente la testa.

«No, non lo fece...» Javier prese la sua mano, per darle coraggio nel proseguire il racconto.

«Capì immediatamente che qualcosa non andava, lui emetteva un odore che non avevo mai sentito, come quando sei nel bosco in autunno. Mi alzai dalla sedia e andai verso la porta, ma era chiusa a chiave. Mi raggiunse facilmente, anche perché quando entro in calore i miei gesti diventano lenti e goffi. Mi costrinse a stendermi sulla scrivania e mi strappò la camicetta. Urlavo e cercavo di divincolarmi, ma poco dopo era dentro di me e poi non mi ricordo più nulla...» Javier prese la caraffa dell'acqua, ne versò una generosa dose in un bicchiere e, dando enfasi al gesto, lo porse a Isabel.

«Quando lei tentò di aprire la porta questa era chiusa... che cosa le disse il professor Moreno dopo che, quattro ore dopo, la fece rivestire?» il brusio che si diffuse nell'aula era aumentato, nel sentire quanto tempo Isabel aveva subito quell'abuso.

«Mi disse che era colpa mia. Che era meglio che non avessi detto nulla a nessuno e che nessuno mi avrebbe creduto.» Javier si voltò e guardò l'imputato con disprezzo.

«Come definirebbe la sua condizione fisica in quel momento Isabel?» Isabel si passò una mano sul viso, era visivamente provata, ma neppure una lacrima usciva dai suoi occhi.

«Ero a malapena in grado di camminare. Ero sporca, ferita.» Javier si fermò, facendo finta di riflettere.

«Che fosse a malapena in grado di camminare è ovvio, ma non riesco a capire bene cosa intenda per sporca e ferita, ce lo può spiegare meglio?» Isabel chiuse gli occhi e si schiarì la voce.

«Ero sporca, perché il professor Moreno non aveva usato alcuna protezione e il suo sperma, era ovunque. Ferita, perché mi aveva morso.» il brusio crebbe a dismisura, il giudice fu costretto a richiamare il pubblico.

«Isabel, lo so che non è semplice, ma quando afferma che lo sperma era "ovunque", intende sul suo corpo o anche dentro il suo corpo?» Isabel deglutì.

«Più dentro che fuori...» il giudice fu costretto a richiamare ancora una volta il pubblico, minacciandolo di sospendere il processo per poi riprenderlo a porte chiuse.

«Lei era in calore e il professore l'ha morsa, questo significa che ora è legata a lui per sempre?» Isabel sorrise.

«Fortunatamente il morso è incompleto, mi sono recata immediatamente in un centro specializzato, perciò almeno quel rischio è stato scongiurato, per il resto, ho dovuto prendere la pillola del giorno dopo.» Javier scosse la testa.

«Per quanto tempo, dopo l'accaduto, è rimasta chiusa in casa, o per meglio dire, per quanto tempo, non è riuscita a mettere fuori il naso da casa?» Isabel era stanchissima, resistere alle lacrime era ormai un'impresa titanica.

«Subito dopo l'accaduto, con mia madre, abbiamo raggiunto l'ospedale e abbiamo sporto denuncia, quella è stata l'ultima volta che ho avuto contatti con l'esterno, poi mi sono chiusa nella mia camera per un mese, fino a che, mi sono decisa a venire in studio da lei a parlarle.» Javier le sorrise.

«Io ho finito Isabel, se la sente di continuare?» Il giudice la guardò sorridendole.

«Sì.» Javier ritornò al suo posto. Eduardo Blanco, lentamente si alzò dalla sua sedia avvicinandosi a Isabel.

«Cercherò di essere il più breve possibile, Signorina Isabel.» Javier non gli staccava gli occhi da dosso.

«Qual era la sua opinione sul professor Moreno prima dei fatti?» Isabel inclinò leggermente il capo.

«Lo consideravo un ottimo professore, una persona sensibile e disponibile.» Eduardo camminava lentamente di fronte a lei.

«E dal punto di vista estetico, come lo considerava?» Isabel strinse gli occhi.

«Un bell'uomo, ma troppo vecchio.» dal pubblico si alzarono parecchie risate.

«Malgrado questo, siete usciti insieme a cena un paio di volte...» "ne conosco solo una, accidenti!", Javier era già all'erta.

«No. Siamo usciti a cena una sola volta. A meno che Lei non consideri "uscire a cena", il fermarsi, mentre mi riaccompagnava a casa, a mangiare un panino in un chiosco.» "pericolo scampato", Javier ritornò a rilassarsi.

«Dipende, signorina Isabel, io e mia moglie ci siamo innamorati davanti a un panino nel chiosco del mercato. Comunque, ammettiamo che sia stata anche solo una cena. Lei esce spesso a cena con persone adulte, da sola?» Isabel era lieta di averne parlato con Javier in quel momento.

«Con il professor Blanco siamo usciti a cena parecchie volte, visto che è un Omega, non mi sono mai posta il problema. Ugualmente, con il professor Moreno, non mi ero certo soffermata a pensare, visto che, anche se non ne conoscevo la natura, insegnava al Santa Barbara, non poteva essere di sicuro un Alpha.» "l'ha preparata bene", ammirava il lavoro del suo avversario.

«Il professor Moreno è stato il primo uomo con il quale ha avuto un rapporto completo?» Javier si alzò

«Obiezione! Non è una domanda pertinente.» Blanco non lo guardò neppure, rivolgendosi direttamente al giudice.

«Ritengo che sia una domanda più che pertinente, vostro onore. Sappiamo tutti cosa succede al corpo di un Omega che ha già provato cosa significhi uscire dal calore con un rapporto, piuttosto che usando i metodi alternativi dei soppressori!» il giudice rifletté un attimo e respinse l'obiezione di Javier.

«Risponda alla domanda, signorina» Isabel si contorse sulla sedia.

«Purtroppo sì...» la risposta era stata perfetta, ma il ghigno che era comparso sulla faccia di Eduardo lasciava intendere che non fosse finita lì.

«Il signor Adamo Gutierrez ci ha raccontato una storia diversa...» Javier vide letteralmente il viso di Isabel sbiancare.

«Non è così, signorina Mendez?» Isabel abbassò lo sguardo, Javier stava imprecando sottovoce, si voltò a guardare Eloy che scosse il capo.

«Io e Adamo, noi...» Eduardo prese un foglio dalle sue carte e lo porse al giudice.

«Quella che ho appena consegnato al giudice e che il mio assistente sta consegnando in copia al suo avvocato, è la testimonianza giurata del signor Gutierrez, che, cito testualmente, dice: "Io e Isabel ci siamo divertiti molto insieme, a lei piaceva farlo nei posti più assurdi." Ne dovremmo desumere che il signor Gutierrez è un bugiardo?» inaspettatamente lo sguardo di Isabel si fece duro, sfidando apertamente Eduardo.

«Avvocato Blanco, lei può desumere ciò che vuole, io posso solo dirle che il signor Gutierrez ha una pessima reputazione!» non avrebbe potuto rispondere meglio, ma il tarlo si sarebbe insinuato nei giurati, la sua strategia di far vedere Isabel come un angelo stava sfumando miseramente.

«Ma ora ho la certezza che lei non è un cucciolo indifeso...» Eduardo ritornò al suo posto con un sorriso trionfante. Isabel raggiunse a sua volta il suo posto a fianco di Javier, che la rassicurò immediatamente.

«Vostra grazia, presento il mio ultimo testimone, il signor Eloy Blanco.» Eloy si avvicinò al banco dei testimoni, i brusii erano cessati, tutti gli occhi erano puntati su di lui. Suo padre non alzò lo sguardo.

«Signor Blanco, vuole per cortesia presentarsi alla corte?» Javier si avvicinò, cercando di non incrociare lo sguardo di Eloy, sarebbe stato contro producente se i suoi occhioni verdi lo avessero distratto proprio in quel momento.

«Mi chiamo Eloy Blanco, Omega» Javier respirò profondamente, la sua personale torta di mele aveva un profumo inebriante.

«Signor Blanco, in che modo è relazionato alla signorina Mendez?» Eloy stava faticando davvero tanto a mantenere sotto controllo i suoi feromoni, Javier era incredibilmente sexy mentre svolgeva il suo lavoro.

«Sono stato il suo professore di matematica fino all'anno scorso, alla Santa Barbara.» Javier non riusciva a rimanere fermo, si muoveva lentamente, camminando avanti e indietro di fronte a lui.

«Per quale motivo se n'è andato?» Eloy cercava di rispondere alle domande esattamente come Javier le aveva impostate nella sua memoria.

«Ho avuto un offerta migliore e, malgrado fossi molto affezionato al mio posto di lavoro e alle alunne che seguivo fin dal primo anno, questo nuovo lavoro mi dava la possibilità di mettermi alla prova, questo fu principalmente il motivo che mi spinse a cambiare.» Javier annuì.

«Usciva con le sue alunne?» Eloy sorrise.

«Con alcune di loro sono uscito a cena alcune volte, e con un paio sono in contatto tuttora.» Javier non voleva tirarla troppo per le lunghe perciò andò subito al sodo.

«Una di queste è la signorina Mendez, corretto?» Eloy annuì.

«La signorina Mendez è stata la migliore alunna che io abbia mai avuto fino ad ora. I suoi voti in matematica sono sempre stati altissimi. Oltre a questo, abbiamo, da subito, instaurato un rapporto di fiducia che prosegue tutt'ora.» Javier sorrise.

«Possiamo quindi affermare che conosca la signorina Mendez profondamente?» Eloy sorrise rivolto a Isabel.

«Godo della sua stima e fiducia, sì lo possiamo affermare.» Javier si fermò, appoggiandosi al banco.

«Crede che la signorina Mendez possa avere mentito sui fatti di questo processo?» questa domanda non era stata inserita nella memoria che gli aveva inviato...

«Assolutamente no.» Eduardo si alzò.

«Obiezione vostro onore! Queste sono opinioni personali!» ma ormai era riuscito ad avere la sua risposta, Javier era soddisfatto. Ora sarebbe toccato alla difesa interrogare Eloy.

«Signor Blanco...» Eduardo si avvicinò al banco con un sorriso sornione dipinto sul volto.

«Signor Blanco...» l'aula intera si mese a ridere.

«Quindi, ricapitolando, lei considera la signorina Mendez la ragazza perfetta. Brava a scuola, non mente, non provoca, aiuta il prossimo.» Eloy era pronto a tutto, del resto conosceva bene Eduardo.

«Diciamo che, se avessi una figlia, sarei felice che le assomigliasse.» senza volere Eloy aveva dato una carta vincente su un piatto d'argento a suo padre.

«Difficilmente Lei potrà avere una figlia Omega, signor Blanco... soprattutto se continuerà a frequentare l'avvocato Romero.» lo sguardo furioso di suo figlio lo investì.

«E questo inficerebbe il mio parere professionale, avvocato Blanco? E in che modo di grazia? Perché sono un Omega papà?» il giudice lo richiamò all'ordine.

«Mi permette una parola vostra grazia?» il giudice diede la parola a Javier.

«Volevo chiarire subito con la corte il fatto contestato, poiché mi riguarda direttamente. Io e il signor Blanco siamo una coppia, è vero. Non ci stiamo semplicemente frequentando, avvocato Blanco, io e suo figlio abbiamo intenzione di creare il vincolo ma, fino ad allora, come lei dovrebbe sapere, il signor Blanco, ha il diritto di testimoniare poiché, senza il vincolo non potrei ordinargli nulla, la sua è discriminazione, un atto criminale, come viene definito dal nostro codice penale.» Eloy voleva saltare in piedi e correre da lui per abbracciarlo.

«Ho finito vostro onore.» il giudice sospese l'udienza, fissandone una per il giorno successivo e si ritirò con la corte.

Eloy, appena finita l'udienza si avvicinò a Isabel e l'abbracciò.

«Coraggio piccola, siamo quasi alla fine.» mentre Eloy si occupava di Isabel, Javier stava parlando con sua madre cercando di confortarla, era ancora molto scossa. Eduardo si avvicinò a loro.

«Eloy, vorrei scambiare un paio di parole con te.» Javier ascoltava, pronto ad intervenire.

«Credo che non ci sia nulla da dire, non per ora almeno.» suo padre lo guardò con un'espressione di profondo dolore sul viso.

«Eloy, ti prego...» ma lui non lo ascoltava nemmeno, era troppo fuori di sé in quel momento.

«Dobbiamo andare, ricordi? Chiedo scusa, abbiamo un appuntamento, ci stanno aspettando.» suo padre alle parole di Javier si scostò, Eloy fece in tempo a notare che, l'espressione sul suo viso, mentre li guardava andare via, era di puro odio nei confronti di Javier.

«Vieni, usciamo dal retro, ho la macchina parcheggiata nel cortile interno, fuori sarà pieno di giornalisti che ci aspettano.» lo prese per mano e lo trascinò con sé per le scale di servizio. In pochi minuti raggiunsero l'auto di Javier che, prontamente, oscurò i vetri.

«Va tutto bene?» Eloy si sentiva un po' frastornato, quella mattina stavano succedendo troppe cose e troppo in fretta, non aveva ancora avuto il tempo di riflettere su nulla. Ma essere lì, in quel preciso istante, insieme a Javier, era la cosa che davvero contava in quel momento.

«Sì, diciamo di sì. Dove andiamo ora?» Javier si avvicinò e gli diede un bacio sul collo, sussurrandogli:

«A casa mia.» "oh mamma mia" un calore ormai famigliare s'irradiò nel suo basso ventre.

Javier aveva ragione, mentre passavano di fronte all'entrata principale, vide la ressa dei giornalisti che, per fortuna, non si accorsero della loro fuga. Javier parcheggiò l'auto di fronte all'entrata della sua casa.

«Pensi di scendere?» Eloy stava rimirando quella splendida bomboniera a un solo piano, c'erano così tante vetrate che, ne era certo, anche stando in casa, si sarebbe sentito come se fosse all'aperto.

«Sì, scusa. Ma praticamente la tua casa è fatta di vetro! E se passa qualcuno? Non c'è la minima privacy.» Javier rise.

«Solo davanti ci sono le vetrate, dietro è in muratura e, per la privacy, i vetri possono essere oscurati, come quelli dell'auto.» l'arredamento era minimalista, come quello del "pollaio", ma dentro c'era il tocco di Javier. A partire dalla grande libreria che troneggiava nel grandissimo salone. Si respirava libertà dentro a quella casa.

«Vado a farmi una doccia veloce, se vuoi farla anche tu, avanti nel corridoio sulla destra c'è il bagno principale, o vuoi che la facciamo insieme?» la domanda inaspettata lo fece arrossire oltre il possibile.

«No, vado solo...» temeva che ridesse, del suono stridulo che gli era uscito dalla bocca, ma non lo fece. Si sbrigò a rinfrescarsi, voleva chiarire definitivamente le cose, prima di saltargli addosso e darsi da fare con lui. Quando ritornò nel salone Javier non c'era, sentì un profumo delizioso provenire da una stanza, lo seguì. Javier era intento a cucinare qualcosa. Due calici di vino erano poggiati sul bancone della grande cucina.

«Stavo per venire a chiamarti, è quasi pronto.» gli porse il calice, facendolo poi incontrare con il suo.

«A noi.» ci voleva proprio un sorso di buon vino per poter parlare di sentimenti.

«Quello che hai detto in aula...» Javier mise i piatti in tavola, uova con asparagi.

«A cosa ti riferisci?» lo sguardo implorante di Eloy lo fece desistere dal continuare a fare il finto tonto.

«Sì, quello è ciò che voglio e ciò che penso. Ora sta a te dirmi cosa vuoi. Perché non mangi? Non è buono?» Eloy perse la capacità di trattenere i suoi feromoni, l'emozione che stava provando era troppo forte, non era in grado di fermarli.

«Che succede? Se continui così...» ma Eloy non ascoltava più, tutto il suo corpo, i suoi sensi, erano concentrati sull'Alpha che aveva di fronte a sé, il suo Alpha.

«Succede che se non avessi preso doppia dose di soppressori, credo che mi avresti indotto il calore, perché io sto per prendere fuoco.» in piedi, di fronte a Javier con le pupille dilatate, Eloy si slacciò l'accappatoio.

«Ho fame solo di te...» gli disse, passandosi la mano sotto la gola mentre con l'altra si accarezzava l'uccello già eretto.

«"Oscura." Ora noi possiamo vedere fuori, ma nessuno può vedere dentro.» Javier si calò i pantaloni della tuta, iniziando ad accarezzarsi a sua volta. Vedere Eloy mentre lo seduceva, era uno spettacolo che non avrebbe voluto finisse mai.

«Mi piace che tu sia così lascivo. Vorrei che ti appoggiassi alla vetrata, con le gambe leggermente allargate.» Eloy avrebbe scalato l'Everest in quel momento, per avere solo un suo bacio. Camminò lentamente verso la vetrata lasciandosi guardare, appoggiò le mani sul cristallo freddo mettendosi a novanta gradi, separò leggermente le gambe e girò la testa all'indietro.

«Dicevi in questo modo?» Javier non si era reso conto ma, anche lui secerneva feromoni senza volere, e questo non faceva altro che aumentare l'eccitazione di Eloy. Si avvicinò.

«Esattamente la posizione che avevo in mente.» con la lingua accarezzò la sua colonna vertebrale, s'inginocchio dietro di lui separandogli le natiche.

«Sei sicuro di non essere in calore? Perché stai gocciolando.» mentre glielo diceva, gli infilò l'indice e il medio allargando l'apertura che cedette pulsando, Eloy gemette alzando i talloni da terra.

«Lo vedi, non c'è neppure bisogno che ti prepari.» si alzò e s'infilò velocemente un preservativo.

«Ti pregooo...» voleva che arrivasse al limite, voleva che lo pregasse di prenderlo.

«Devi dirlo cosa vuoi professorino, altrimenti non capirò bene e potrei fare cose che non ti piacciono.» non avrebbe resistito ancora a lungo, in realtà. Eloy si spostò sul grande divano alzò le gambe e si allargò le natiche con le mani.

«Voglio che infili il tuo uccello qui dentro.» Javier si mise in ginocchio tirandolo verso di sé e con un solo colpo lo penetrò.

«Così?» Eloy gridò.

«Più forte, più dentro, dammi di più.» e per la prima volta Javier perse la testa. La casa si intrise dei loro odori mescolati. Javier affondava dentro Eloy a un ritmo insostenibile.

«Voltati.» Eloy in trance si voltò, Javier agguantò le sue anche e si spinse dentro di lui. Eloy si scoprì il collo. I canini di Javier si allungarono, era pronto per morderlo, non sarebbe stato un morso definitivo ma, almeno per un po', sarebbe stato suo.

«Ti amo Eloy!» i suoi denti affondarono nella cane bianca della base del collo di Eloy, il suo corpo fu scosso da tremori mentre entrambi raggiungevano l'orgasmo. Eloy perse conoscenza, non era inusuale la prima volta che un Omega veniva morso. Javier si prese cura di lui, lo pulì e lo mise a letto, vegliandolo fino al suo risveglio.

«Hey.» Eloy aprì gli occhi, vederlo accanto a lui gli fece tornare in mente ciò che era accaduto. Arrossì.

«Stai bene?» "non hai idea di quanto", pensò Eloy.

«Sì, mi fa male il morso, ma è stato stupendo.» si abbracciarono.

«Ho contattato un ricercatore, gli ho descritto il nostro caso. Sta cercando una soluzione. Per ora questo basterà.» Si poteva essere più felici nella vita? Dopo cena prese un taxi e si fece riaccompagnare a casa, si sarebbero rivisti il giorno successivo in aula, suo padre avrebbe chiamato i testimoni della difesa.

Quando Eloy arrivò davanti alla porta di casa, suo padre era lì ad aspettarlo.

«Temevo non tornassi.» Eloy d'istinto si portò la mano sul collo.

«Che ci fai qui? Ti avevo detto che non avevo voglia di parlarti.» gli disse, mentre digitava il codice per entrare in casa.

«Ti prego, devo dirti soltanto una cosa, è importante.» Eloy sospirò.

«Entra.» si accomodarono in cucina.

«Allora, di cosa volevi parlarmi?» il tono di suo padre era dimesso.

«Sai che mia moglie frequenta la stessa palestra che frequenta la madre di Javier?» Eloy annuì.

«Due giorni fa era al bar, la madre di Javier stava parlando con la moglie di un noto notaio, Alvaro Fuentes. Parlavano di organizzare una cena per fare conosce la figlia di Fuentes a Javier.» non ci sarebbe stato nulla di male, Javier lo amava avrebbe declinato l'invito.

«Sabina Fuentes e un Omega Tao.» "e proviene da una famiglia più adatta." Queste parole non dette lo ferirono profondamente.

«Lui mia ama. Questo non significa nulla?» suo padre annuì.

«Ricorda, anch'io amavo tua madre e ancora l'amo. Ma ci sono cose...» Eloy gli aprì la porta di casa.

«Vattene.» suo padre mestamente uscì e Eloy chiuse la porta. Ne avrebbe parlato con Javier il giorno successivo.

OBLIVION - LA STORIA DI JAVIER E ELOYDove le storie prendono vita. Scoprilo ora