"Oi, eccoti i vestiti" mi dice Levi porgendomi il completo di mio fratello.
"Potevi anche tenerlo, tanto William non lo usa più" rispondo prendendolo e ripondendolo in una sacca con dentro altri vestiti.
"Quindi, dove mi insegnerai ad usare il coltello?" chiedo mentre mi rialzo in piedi.
"Sei in gonna, non ti posso insegnare in questo modo" afferma lui guardandomi storto.
"Ho portato un cambio composto da un vecchio paio di pantaloni di mio fratello e una vecchia camicia di mia madre così da poter tornare a casa senza avere alcuna traccia di ciò che faremo. Devo solo cercare di non tagliarmi, perché in quel caso non saprei come fare" rispondo mostrandogli il contenuto della sacca.
"Va bene, seguimi" dice avviandosi verso il muro di cinta. Camminiamo per un po' tra stradine della città che nemmeno conoscevo fino a quando non arriviamo ad una vecchia piazza circondata da case abbandonate.
"Perché in qeste case non ci abita nessuno?" chiedo inquieta da quel luogo così isolato.
"Era stato focolaio di pestilenza una cinquantina d'anni fa, da allora nessuno vuole viverci poiché considerato covo del demonio"
"E allora perché noi siamo qui se è pericoloso?"
"È l'unico posto in città dove posso insegnarti a combattere senza essere disturbati e poi non credo in quello che dicono" mi spiega lui mentre lo guardo scettica e leggermente impaurita.
"Vai dentro quella casa e cambiati così che iniziamo" mi dice indicandomi un palazzo che aveva la porta sfondata.
"Io non ci entro da sola in quella casa" affermo allontanandomi leggermente da essa.
"Muoviti, non ho intenzione di mettermi a discutere su qualcosa di così inutile"
"No, mi inquieta"
"Muoviti" mi ordina guardandomi dritto negli occhi con uno sguardo severo.
"Tu vieni con me"
"Ti faccio andare dentro una casa per farti cambiare senza di me e tu mi chiedi di venire con te? La tua proposta non ha senso. Muoviti" afferma con una di ironia.
"Vieni e ti appoggi alla porta, così se ci sono problemi puoi venirmi subito ad aiutare" dico trascinandolo verso la casa e lo sento emettere un "tsk".
Una volta davanti alla porta mi faccio forza ed entro.
"Rimani qui Levi, ti prego"
"No guarda, me ne vado a combattere i giganti. Dove vuoi che vada? Muoviti" dice sarcasticamente mentre mi chiude dentro la casa.
Io, allora, mi cambio i vestiti più in fretta possibile data l'ansia che provo all'idea che possa esserci qualcuno dentro questa casa.
"Eccomi" mi annuncio appena ho finito di cambiarmi.
"Era ora" dice lui incamminandosi verso il centro della piazza.
"Innanzitutto ti insegnerò a combattere senza coltello, se provassimo subito con questo ho paura che torneresti a casa gravemente ferita e non possiamo permettercelo" inizia a parlare lui mentre lo raggiungo "Iniziamo con la posizione di guardia" dice mettendosi in posizione. Aveva la gamba destra leggermente piegata davanti, mentre la sinistra era posta più dietro; le braccia erano piegate davanti il viso come scudo. Lo imito cercando di mettermi nella stessa posizione, lui mi si avvicina e mi sistema le braccia e l'inclinazione del busto.
"Bene, ora prova a parare qualche colpo" afferma con un ghigno in faccia.
"Aspetta, come si par" cerco di dire ma vengo interrotta de lui che inizia a colpirmi. Io cerco inutilmente di parare i colpi, ma lui è troppo veloce e riesce a colpirmi sempre. Dopo una decina di colpi si ferma dicendo: "Fai proprio schifo, non hai un minimo di riflessi"
"Mi hai colta di sorpresa, non pensavo avresti iniziato a colpirmi subito!" esclamo cercando di difendermi.
"E mi hai anche fatto male!"
"Stiamo parlando di lotta corpo a corpo, cosa ti aspettavi? Che ti facesse bene?" disse con tono divertito.
"No, però potevi evitare il viso, se mi escono dei lividi dopo come li spiego ai miei?" sbotto io infastidita.
"Oh, scusi principessina, la possima volta eviterò il viso" continua lui a schernirmi.
"Sai che ti dico? Se faccio così tanto schifo me ne vado via" dico mentre arrabbiata mi giro tornando verso la casa dove avevo lasciato la sacca.
"T/N, vuoi imparare a difenderti da sola? Vuoi entrare nel corpo di ricerca? O vuoi accettare quello che gli altri scelgono per te?" mi chiede tornando immediatamente serio. Mi giro di scatto e lo vedo guardarmi con aria di sfida.
"Sai che lo voglio" gli dico sostenendo il suo sguardo.
"Bene, allora torna qui. L'unico modo per imparare a difendersi è questo, prendendole si impara a parare. Credimi, l'ho sperimentato sulla mia stessa pelle" mi spiega lui mentre si rimette in posizione. Mi rimetto anche io in posizione e ricominciamo, tuttavia, esattamente come prima, non riesco a parare nemmeno un colpo.

"Cosa ne pensi dell'opera che abbiamo visto ieri?" chiedo mentre mi riaccompagna a casa.
"È carina, devo ammettere che il teatro non è così male, anche se è pieno di nobili" dice lui storcendo il naso sulle ultime parole.
"Cos'hai contro i nobili? Lo sono anche io, ti ricordo"
"Si credono superiori a tutto e tutti solo perché sono più ricchi degli altri e sembra non gli importi di nulla che va oltre il loro naso"
"Non so, io ci vivo sin da quando sono nata in questo mondo e non ho mai visto quest'ipocrisia di cui parli"
"Ah no? Secondo me semplicemente ci sei abituata"
"Cosa intendi dire?"
"Nel senso tu sei abituata a certi comportamenti e quindi non ci fai caso. Ad esempio il doversi inchinare ai proprio genitori, la ritengo una cosa stupida. Io non mi inchinerei difronte a nessuno, perché vorrebbe dire ammettere di essere inferiore e che c'è qualcuno che può avere potere sulla mia vita. Tu invece lo fai ogni giorno con i tuoi genitori, come a indicare che loro hanno il controllo sulle tue decisioni e che sono migliori di te" mi spiega lui.
"Non sono pienamente d'accordo: loro hanno vissuto e studiato più di me, inoltre sono sempre loro a pagarmi gli studi e a permettermi di avere un pasto caldo ogni giorno. Probabilmente tu consideri più normale un rapporto tra una madre e un figlio che hai tu. Io considero normale portare rispetto verso i miei genitori e verso chiunque sia più grande perché loro hanno visto e vissuto più situazioni rispetto a me; perciò da chi è più grande si può solo imparare. Su questo secondo me si basa il gesto dell'inchino: un rispetto nei confronti di maggiore sapienza e una richiesta di passare quella sapienza. Non so dirti se è più normale e vero il rapporto tra madre e figlio che hai tu o quello che ho io, però credo che in entrambi i casi ci sia del giusto e del sbagliato" espongo io.
"Tutto bene?" chiedo dopo alcuni minuti di silenzio.
"Sì, è solo che a me sarebbe piaciuto avere un rapporto con mia madre"
"Aspetta, tu non hai una madre?" chiedo stranita.
"È morta quando ero piccolo"
"Tuo padre?"
"Mai conosciuto"
"E con chi hai vissuto fino ad ora?"
"Dopo la morte di mia madre mi ha preso un uomo che mi ha lasciato circa sei mesi fa dopo avermi insegnato come difendermi" mi spiega con sguardo freddo e spento.
Io senza pensarci due volte lo abbraccio e, anche se all'inizio era un po' titubante, alla fine ricambia pure lui. Restiamo così minuti interminabili, poi, però, lui mi fa notare che il sole stava calando e che dovevo tornare a casa. Appena ci stacchiamo sento che mi asciuga una piccola lacrima solitaria sulla mia guancia sinista che non mi ero accorta fosse scesa.

Spazio autore

Buongiorno al pubblico maschile e buongiollo al pubblico femminile.

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Prima che tu muoia vedrò il tuo sorriso Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora