𝙲𝚑𝚊𝚙𝚝𝚎𝚛 𝚝𝚑𝚛𝚎𝚎

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𝐼𝑙 𝑑𝑖𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑑𝑖𝑠𝑡𝑟𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒

Il viaggio di ritorno al quartier generale fu lungo e imbarazzante, camminammo l'una di fianco all'altra nel più assoluto silenzio

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Il viaggio di ritorno al quartier generale fu lungo e imbarazzante, camminammo l'una di fianco all'altra nel più assoluto silenzio. Senza far rumore, estrassi una mela dalla mia borsa e la spezzai a metà. Toccai la spalla della bionda, indicando il succoso frutto che avevo tra le mani, come per chiederle se ne volesse un pezzo. Scosse il capo, senza smettere di fissarmi.
Non riuscendo a reggere il contatto visivo, voltai lo sguardo verso il cielo gremito di stelle.

"Chissà, forse anche tu, Anne, adesso sei una stella. Forse mi stai guardando proprio in questo momento, chiedendoti cosa mi sia successo. Beh, sappi una cosa: non lo so neanche io." Pensai, sorridendo e immaginando la mia amata sorellona giocare con la luce delle galassie o a pescare i meteoriti nel firmamento, spensierata. "Magari un giorno ti raggiungerò e, quando sarà, stanne certa: non smetterò di abbracciarti neanche per un secondo, così nessuno potrà mai più separarci. E 'sta volta, sul serio. "

"Buonanotte, Kurasa." Bisbigliò Luna, mentre mi squadrava da capo a piedi, nel tentativo di analizzarmi e di leggere le mie emozioni. Non mi ero neanche accorta che fossimo arrivate, avevo perso la cognizione del tempo. Quella giornata era stata così...strana. Iniziai ad allontanarmi in silenzio, lasciandola lì impalata.

"Ci vediamo domai, Evans."

"Aaron, attento!" Gridai preoccupata, prima di lanciarmi verso il gigante che stava per colpirlo. Quello sciocco, prima o poi, si sarebbe fatto uccidere se non avesse iniziato a prestare più attenzione. Non aveva capito che stessimo combattendo una guerra e che quella, purtroppo, fosse la realtà. Lo vidi sbuffare. Io lo salvo e lui fa anche la parte dell'infastidito? Sentii il sangue ribollire nelle vene. Provai a controllarmi e a reprime la voglia di schiaffeggiare il suo bel faccino.
"Uffa, perché l'hai fatto? Stavo per ammazzarlo." Scoppiai a ridere, quel ragazzo era così cocciuto. Gli scompigliai i capelli, guadagnandomi una sua occhiataccia.
"Sicuro che non stesse per succedere il contrario?" Mi limitai a dire io, prima di ricompormi. Esasperato, alzò gli occhi al cielo.
"Devi smetterla di trattarmi come un bambino, sono anche più grande di te."
"Smetterò di proteggerti quando tu la pianterai di essere un incosciente. E, per la cronaca, hai solo un anno in più di me." Alzò un sopracciglio, scocciato.

Stava per ribattere, però si fermò improvvisamente, sbiancando. Indicò un punto indefinito dietro le mie spalle e, con le labbra tremanti, domandò:
"Q-quello cos'è?" mi voltai di scatto, una scarica elettrica attraversò il mio corpo. Rimasi di stucco, quasi non ci credevo. Provai a parlare, ma non ci riuscii, le parole mi morivano in gola. Lui era qui. Lui, il gigante colossale, lo stesso che quel giorno distrusse le mura della mia città. Intorno a me si scatenò il finimondo, urla e pianti riempirono l'atmosfera. Una voce ovattata arrivò alle mie orecchie come un suono distante e irraggiungibile, quasi impossibile da comprendere.
"Cosa dobbiamo fare, capitano?" rimasi in silenzio a fissare il vuoto, mentre il titano si avvicinava sempre di più alle mura. Avevo perso il controllo di ogni cosa, del corpo e della mente. Niente sembrava più rispondere ai comandi, ancora una volta stavo permettendo alle emozioni di prendere il sopravvento.

"Il capitano è in trance, il Dio della distruzione è qui e noi siamo a corto di idee, la nostra vita è finita!" Urlò Ciara, risvegliandomi da quei pensieri burrascosi. I miei compagni avevano bisogno di me, non potevo abbandonarli. Aggiustai la maschera sul mio volto, parlando:
"Chi ha mai detto di non avere un piano?"
Luna mi guardò titubante, aveva percepito la mia paura, sapeva cosa stessi passando in quegli istanti. Non c'era da stupirsi, in fondo lei mi conosceva meglio di chiunque altro.
"Kurasa, sicura di sentirtela?" Sorrisi lievemente, mi faceva tenerezza, era sempre la prima a preoccuparsi di me.
"Certo, Evans, farei di tutto pur di proteggervi e poi...ho una seconda opzione?" Un boato potentissimo distrusse l'atmosfera, erano riusciti a penetrante nelle mura. Mi fermai a osservare il gigante circondato da una grande nube di vapore, mentre un desiderio di malata vendetta si impossessava sempre più del mio corpo.

"Preparate i dispositivi di manovra tridimensionale, stiamo per far fuori un bel po' di titani. Luna, Aaron, Amos e Meredith verrete con me, voi altri, invece, vi sparpaglierete e proteggerete i civili da quelle bestie, sono stata chiara?" Urlai, ricevendo un "signorsì" in risposta.
"Benissimo soldati, buona fortuna. Vada come vada, ricordate di essere il mio orgoglio" Conclusi e corsi via, volteggiando tra gli edifici della città ormai distrutta , seguita dai miei compagni. Ci si parò davanti un gruppo di giganti, intenti a divorare i cadaveri dei cittadini che avevano mollato la presa. Un flashback, delle immagini confuse, si ripetevano all'infinito davanti ai miei occhi.

"Lasciate a me il più grosso." Ordinai con tono cupo, accecata dalla rabbia. Mi fiondai sull'anomalo, ponendo fine alla sua inutile esistenza in un secondo. "Ora tocca a voi, sgorbietti" Gridai fuori di senno prima di correre verso gli altri tre, decisamente più piccoli rispetto al primo che avevo sterminato. E così, uno ad uno, i corpi stecchiti di quegli esseri si accasciarono al suolo. Presto, tutti i giganti avrebbero fatto la loro stessa fine, schiacciati sotto il peso delle mie lame taglienti.
"Non è in sé, è impazzita..."Sentii Amos sussurrare, palesemente riferendosi a me.
"Hai ragione, forse lo sono."

Parole: 900

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