4° story

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-> Antica Roma <-

Prompt: AU storico
Categoria: Alternative Universe
Lunghezza: 3557 parole

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Era sera a Roma e una donna camminava per strada da sola, una tunica elegante indosso. Si dirigeva con passo rapido verso la villa di uno degli uomini più influenti della città: Pekka Rollins, un uomo infido ma decisamente ricco.

Inej Ghafa era ancora incredula che quell’uomo avesse invitato anche lei, sì benestante ma non ricca come certamente erano gli altri invitati.

Raggiunse la villa senza che nessuno le desse fastidio. Cammino fino all’entrata, dove uno schiavo dalla pelle scura anche più della sua disse: «Inej Ghafa?»

«In persona.»

«Seguitemi.»

La ragazza venne condotta in un’enorme sala da pranzo. Guardò meravigliata i mosaici sui muri e sul pavimento, così come le colonne: la sua dimora, che chiamarla villa era un’esagerazione, era totalmente spoglia: solo i pavimenti erano decorati con mosaici, ma non altrettanto colorati.

«Ah, ecco la mia nuova ospite!»

Inej riportò l’attenzione sul padrone di casa e fece un sorriso, seguito da un inchino. «Sono onorata di aver ricevuto un vostro invito.»

«Vedo sempre le stesse cinque facce, avevo voglia di cambiare un po’. Inoltre le presenze femminili rendono ogni cosa più piacevole.»

Inej sapeva di fama che quell’uomo apprezzava la compagnia femminile, anche se apparentemente non aveva mai tradito la moglie e aveva anche un figlio. Quel commento le fece ribrezzo, ma nascoste accuratamente il suo parere.

«Prego, siediti pure lì.» disse indicandogli il posto a destra del capotavola opposto a Pekka. La giovane si accomodò e chiese: «Sono stata la prima ad arrivare?»

«In effetti sì, ma sei puntuale, sono gli altri ad essere in ritardo. Poco importa, comunque. Piuttosto, sei venuta davvero sola?»

«Sì. Non mi piace possedere schiavi.» ammise la donna.

«Ti semplificano di molto la vita, invece. Credimi, io non riuscirei a vivere senza, e ho pure una moglie! Come mai però non vuoi schiavi? Confesso di averti invitato per avere chiarimenti proprio su questo, so delle tue posizioni a riguardo e non le comprendo.»

Inej si era chiesta quel pomeriggio perché fosse stata invitata e quella era una delle ipotesi. Fece un lieve sorriso e disse: «Sono figlia di gente che è stata schiava. Mi hanno detto com’è e non augurerei mai a nessuno una sorte simile. Anche tolto questo, gli schiavi sono comunque persone e non mi sembra giusto vengano trattati come animali.»

«Se ci fossero altri nobili probabilmente riderebbero di queste prese di posizione. Io non sono come gli altri nobili e ammiro la tua considerazione di questi… individui. Spero comunque tu condivida il pensiero che ognuno fa’ quel che vuole.» disse Pekka osservando la coppa sul suo tavolo.

«Mi piacerebbe sapere che anche loro hanno dei diritti, ma non è così, quindi al momento sì, ognuno può agire come meglio crede.» rispose la ragazza. Era una bugia bella e buona, ma era meglio tenersi buono il padrone di casa finché poteva.

«Devo dire che nonostante le tue origini, sai come usare le parole. Qualcuno mi porti del vino!»

A farsi avanti con la richiesta dell’uomo fu un ragazzo che doveva essere appena più grande di Inej. Aveva i capelli scuri e la pelle esporta piuttosto chiara, coperta di vecchie cicatrici ancora più chiare; zoppicava lievemente, anche se apparentemente al suo padrone non importava, così come non gli importava di mostrare uno schiavo coperto di lividi.

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