XI

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Vanja Benjamin Ivanov, appartamento di Vanja Benjamin Ivanov, Mosca-Russia.

Quando riaprii gli occhi imprecai. Abbassai le palpebre e imprecai di nuovo. Girai la testa e imprecai ancora quando notai Edrian.

"Hai finito?" La voce di mio padre mi fece imprecare di nuovo. "Seriamente, Vanja, da quando sei diventato così sboccato, cazzo."

Percepii lo sbuffo di mia madre in sottofondo.

"Da quando lo portavi in braccio in giro per la villa e tu imprecavi come un marinaio, chiamandolo carotino."

Mi sollevai a sedere di scatto e le mie guance divennero bordeaux quasi quanto i miei capelli, tanto che dalla vergogna non osai incontrare le pupille di Edrian.

"Ma porca puttana, che cazzo, davvero mamma?"

"Modera i termini, Vanja." I suoi occhi verdi mi fossilizzarono contro il materasso, e poi la strega, perché così l'avevo soprannominata con mio padre quando ero più piccolo, fece un grosso sorriso a Sadie, che era accoccolata sulle sue gambe, come se nulla fosse. "Ma quanto sei diventata grande, bambina."

Le accarezzò le orecchie e Sadie saltò tra le sue premura con gioia.

"Traditrice," bofonchiai e a quella mia esternazione Sadie puntò la testa grigia verso di me e saltò sul letto, facendomi le feste. "Ciao, cucciola." Mi feci leccare il viso e scoppiai a ridere. "Ma ciao, bellissima." Si accoccolò al mio fianco. "La mia ragazza, come sta la mia ragazza?" Le diedi una dolce pacca sul suo bellissimo manto grigio fumo e solo quando scorsi le espressioni sui volti dei presenti, corrugai le sopracciglia. "Qualcosa non va?"

Mio padre si schiarì la voce e indicò il ragazzo al mio fianco che era rimasto in silenzio fino a quel momento.

"Credo che Edrian ti voglia parlare in privato, noi aspetteremo di là."

Mia mamma si avvicinò e mi baciò sulla fronte; storsi il naso in disaccordo.

"Non fare quella faccia inglese, Van." Mi spettinò i capelli. "Vado a fare compagnia a tua mamma, Edrian."

Il ragazzo si sollevò di colpo dalla sedia, paonazzo in volto come se avesse appena terminato di correre una maratona ed imprecai sottovoce: sembrava uno stramaledetto telefilm americano.

"La ringrazio, signora Ivanov."

Mia madre sfarfallò le palpebre per qualche secondo, mentre le spalle di mio padre sussultarono nel trattenere una risata, e poi alla fine anche lei buttò la testa all'indietro e liberò una grassa risata, che fece imbarazzare Edrian, al mio fianco, ancora di più.

"Tesoro, non credo tu mi debba più dare del lei." Gli strizzò l'occhio. "Sono troppo giovane e bella per il lei, Ariel andrà benissimo." E se ne uscì dalla stanza trascinando mio padre con sè, perché quasi sicuramente avrebbe avuto la necessità di sparare qualche stronzata. "A dopo."

Ci fu qualche minuto di silenzio imbarazzante quando la porta si chiuse alle loro spalle, periodo di tempo in cui non ebbi il coraggio di sollevare la testa. Con quel mio atto, quella notte, difendendo Edrian di fronte non solo a suo padre, ma anche al fratello e ai sotto soldati, mi ero esposto. Mi ero davvero esposto e non potevo più tornare indietro; in tutta sincerità, non sapevo se avrei voluto, perché quella mattina, dopo la dipartita di Mirta, ero stato così bene con lui ed era sembrato tutto così reale, semplice e dannatamente quotidiano, che perderlo, perdere quella bellissima atmosfera di casa, mi faceva soffocare, ancor di più del riconoscere la mia sessualità.

"Vanja?"

Non gli diedi tempo di dire altro, perché mi sporsi quel tanto necessario per afferrarlo per la collottola e tirarlo verso di me. Avevo bisogno di baciarlo e di sentirlo; dopo gli avvenimenti dell'ultima sera avevo bisogno di sentire la sua presenza e a quanto pareva, dagli uggiolii di Sadie, anche lei.

Accettazione |THE NY RUSSIAN MAFIA #6Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora