XXI

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Vanja Benjamin Ivanov, Delirium, Mosca-Russia.

Non mi allontanai da Edrian solo perché fui destabilizzato dalla voce di Mirta.

"Tu mi hai lasciato per Vanja?" La piccola donna atteggiò la bocca ad una smorfia oltraggiata. "Mi hai mollato quasi di fronte all'altare per un uomo?" Soffiò l'aria tra i denti. "Tuo padre aveva ragione, sei un maledetto inetto! Un cazzo di degenerato."

Chiusi le mani a pugno, perché una rabbia fredda, glaciale e pericolosa iniziò a lambirmi la mente; una rabbia che poteva provenire solo dal portatore del gene y della mia famiglia; una rabbia e una follia tale, che solo mio padre poteva comprendere. Un sentimento che offuscava la ragione e ti trasportava in quel piccolo, ghiacciato e confortevole luogo in cui ogni Ivanov si andava a nascondere prima della battaglia. Un piccolo cantuccio della tua mente in cui potevi affogare nella follia di essere un Ivanov, un uomo della Drakta che deteneva il potere di decidere se far terminare la vita di un uomo, o concedergli la benedizione di respiratore ancora per qualche giorno, ora, minuto o secondo; le tempistiche si modificavano in base alla voglia di giocare con la preda.

"Non ti permetto di-

Mirta scoppiò in una risata di scherno di fronte alle maniere diplomatiche di Edrian e, ancora una volta, dovetti bloccare il mio corpo pronto ad entrare in azione. Edrian sembrò notare il bordo dal quale rischiavo di cadere e si mosse con particolare eleganza, posizionandosi al mio fianco. Era il dipinto della calma, l'altra parte della medaglia. L'inizio della mia fine. Le buone maniere contrapposte alla mia forza fisica. Il dialogo della mia azione. La calma della mia rabbia. Il coraggio della mia codardia. L'accettazione di se stessi contrapposta a quella che era stata la mia testardaggine.

Fu il fantasma del suo tocco sul mio braccio a riportarmi al presente, così come la continua risata di Mirta. Un suono distorto dalla pazzia e dall'isteria.

"Non mi permetti, Edrian?" La ragazza si avvicinò minacciosa. "E cosa non mi permetti? Di insultare il tuo compagno? Di prendere a schiaffi quel tuo viso da traditore?" Corrugò le sopracciglia e sputò dritto in faccia a quello che, a quest'ora, avrebbe dovuto essere suo marito, e fu Edrian stesso a dovermi tenere fermo: la razionalità alla mia stupida emotività targata Mikhail Ivanov, ma Mirta non sembrò particolarmente conscia di ciò che stesse succedendo, e continuò imperterrita: "sei sempre stato un inetto, chissà con quanti hai scopato prima di piagnucolare nel letto del tuo migliore amico."

Ancora una volta, cercai di liberarmi dalla figura mastodontica di Edrian, che bloccò il mio avanzamento.

"Nessuno." Il biondo dagli occhi bicolore rispose con serafica calma. "Proprio nessuno prima che ci lasciassimo."

Una bugia, ma era un cortigiano, era stato allenato per indovinare i desideri della gente e riempirgli la mente di ciò in cui volevano credere; di ciò in cui avevano il disperato bisogno di credere e poco importava se fossero delle plateali menzogne, la gente voleva cibarsi delle proprie convinzioni ed Edrian era bravo ad imboccare quelle povere anime.

"E proprio dopo dieci anni, dieci anni da quando stiamo insieme, Edrian, decidi di punto in bianco che ti piace succhiarlo?!" Strillò fuori di sè dallo stupore. "O forse è una tua stupida manovra, non è così? Una manovra da, come ti chiamano? Ah, sì, da cortigiano." Scoppiò a ridere senza ritegno. "Un sottile titolo per intendere che non sei altro che una puttana nelle loro mani, una stupida puttana senza dignità."

E questa volta scattai, superai Edrian e lo spintonai contro la parete solo per liberare parte dell'aggressività, senza rischiare di commettere un casino con quella piccola insulsa ragazzina.

"Basta." Mi avvicinai a Mirta, che sorprendentemente sollevò il mento di qualche centimetro. "Hai detto fin troppo, Mirta. Accetta la situazione e ritorna a casa."

Accettazione |THE NY RUSSIAN MAFIA #6Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora