XIII

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Vanja Benjamin Ivanov, The Sin sotterranei, Mosca-New York.

Vi era silenzio. In quella cella, nei sotterranei del The Sin, non si udiva la musica tamburellante, il vociare inconsulto dei clienti, le grida di gioia degli ubriachi e fatti che popolavano la pista da ballo; no, in quella cella vi era silenzio, un silenzio così freddo e penetrante, che a stento ti sentivi libero di respirare. Senza fare rumore, voltai la testa verso mio padre e verso Andrej, mio zio, i cui denti rischiavano definitivamente di rompersi sotto il carico eccessivo causato dal suo nervoso.

La mia guarigione non era completata, neanche lontanamente, ma mi ero rifiutato con vigore all'idea di mia madre di stare a letto e farmi rimpinzare di schifezze; così, insieme a Edrian, avevo raggiunto mio padre al locale, passando per il retro.

Non avevo idea di come avesse informato i suoi fratelli circa il mio orientamento sessuale, ma dallo sguardo omicida che era dipinto negli occhi azzurri screziati di verde di mio zio Andrej, fui sicuro sul fatto che sapesse; oh, se sapeva e quella situazione non gli andava a genio per nulla, soprattutto perché maneggiava quel suo dannato coltello con fin troppa calma e perizia.

"Allora, Makarov." Il timbro di mio padre fu altisonante e glaciale. "Sai perché siamo qui?"

Percepii uno spostamento d'aria dietro di me e potei giurare che Edrian si fosse mosso involontariamente, quando gli occhi di Makarov senior si fissarono nei suoi.

"Sei così fighetta da lasciare a loro il lavoro sporco?" Sputò nella nostra direzione. "Un piccolo bastardo senza valore."

Mio padre si interpose e con poca delicatezza sollevò il mento di Makarov, facendogli sbattere la nuca contro il marmo freddo.

"Sto parlando io, non Edrian, quindi tu risponderai a me, o devo iniziare a scuoiarti vivo per far sì che tu comprenda l'antifona?" Makarov non si fece intimorire e trascorsero ben cinque secondi prima che sollevasse gli occhi verso Mikhail, fremente di rabbia e disgusto. "Come fai?" Utilizzò un tono così orripilato, che per poco non sputò davvero contro il folle terzo in comando della Drakta. "Come cazzo fai ad accettarlo?"

Mio padre sorrise crudele e rispose pan per focaccia.

"Come fai tu a non accettarlo."

"Non posso." Makarov corrugò le sopracciglia, preso in contropiede da quella frase. "È un abominio."

E mio padre sorrise di nuovo.

"Solo perché hai il cervello piccolo come una nocciolina." Ci indicò con un gesto plateale della mano. "A me piacciono un paio di tette, un bel lato b rotondo e un lato a tutto per me"—quasi imprecai per quella dannata frase, perché non mi andava proprio di pensare ai lati a, b e c di mia madre, ma mio padre non sembrava curarsi delle mie preferenze—"a mio figlio piace un altro tipo di lato a, ma parliamoci chiaro Makarov, mio figlio è un gran pezzo d'uomo e non mi sembra così assurdo che Edrian ne sia attratto, e vale lo stesso per Vanja." Chiusi gli occhi e imprecai, mentre Andrej cercò di trattenere una risata, ma Mikhail non si fece scoraggiare. "Gli piace il cazzo e allora?"

"È uno schifo."

Dovevo ancora decidere se il padre di Edrian fosse davvero stupido o semplicemente incazzato nero.

"Ti faccio una domandina, Makarov." Con casualità mio padre si tolse la giacca e si toccò le fondine, sulle quali erano appese ben quattro pistole. "Per caso, a te piace l'insalata?"
Prese una sedia e vi ci si accomodò a cavalcioni, appoggiando i gomiti sullo schienale, rivolto verso l'uomo incatenato alla parete. "Mh?" Inclinò la testa di lato. "Preferisci l'insalata o la pasta."

Makarov digrignò i denti. "La pasta."

"Bene." Mikhail sganciò una pistola. "E a me piace l'insalata, eppure in questo momento ho voglia di porre fine alla tua insulsa vita non tanto perché ti piace la pasta, ma più perché hai avuto il coraggio, lo stupido coraggio, di aggredire mio figlio." I suoi occhi scintillarono. "Hai alzato le mani nei confronti di un membro della nobiltà di questa società e tu sai quali sono i rischi."

Accettazione |THE NY RUSSIAN MAFIA #6Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora