XIV

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Vanja Benjamin Ivanov, The Sin, locale della Drakta, Mosca-Russia.

Lo guardai negli occhi alla penombra del locale, lo guardai negli occhi studiando quelle sue strane chiazze bicromatiche che lo rendevano unico; lo guardai a lungo e in silenzio, nonostante intorno a noi infuocasse la musica tamburellante. Continuai a studiare la sua espressione tesa, la mascella contratta, gli occhi immoti e l'unico dettaglio che potei carpire da quel bronzo di riace fu il nulla.

Edrian era vuoto, annullato e probabilmente alienato. Sapevo che mio zio Andrej non aveva ucciso Makarov senior, lo sapevo perchè mio padre non aveva dato l'ordine, perchè il mio fottuto genitore non aveva ancora deciso di terminare di giocare con lui e in un certo qual senso ne ero soddisfatto, ma non sapevo per nulla come Edrian avesse reagito alle torture del suo 'genitore'.

Quello che sapevo, era che non volevo che Makarov senior finisse di soffrire velocemente, così come non volevo che Edrian si torturasse a quel pensiero, ma quello che proprio ignoravo erano i suoi sentimenti a riguardo, perchè anche se avesse voluto, non avrebbe potuto comunque contrastare l'ordine del terzo in comando della Drakta, men che meno dopo che aveva ricevuto il consenso dal boss della Drakta in persona.

Spalancai la bocca, deciso a dire qualcosa per comprendere come Edrian si sentisse, perchè l'alcol non aveva allontanato il timore che provavo per lui, per il suo stato d'animo e...

"Non parlare." In malo modo mi agguantò per il gomito e mi tirò verso una porta, nascosta dietro il tendaggio del The Sin. "Non osare aprire quella tua stupida bocca."

E la chiusi, con forza, perchè nonostante in pubblico fossi colui che sembrava più incline al comando, Edrian non era certo da meno e lo continuavo a ringraziare, mentalmente, per aver mantenuto fede alla sua parola. Mi lasciai trasportare nei bagni privati, quelli che erano riservati al personale e attesi fino a quando Edrian non scelse il cubicolo a lui più confacente; sprangò la porta e appoggiò la schiena al marmo freddo, spettinandosi i capelli con forza.

"Come stai?" Le parole mi rotolarono lungo la lingua in autonomia e la sua occhiataccia fu fin troppo eloquente. "Scusa." Chiusi la bocca e gli concessi del tempo per metabolizzare, ma quando continuò con quel suo mutismo, lo afferrai per la camicia scura e lo scrollai. "Puoi parlare dannazione?"

Sfarfallò le palpebre con pigrizia e le sue labbra si aprirono in un sorriso perfido, tanto che i suoi occhi brillarono maliziosi.

"Ed io che credevo fossi il ragazzo di ghiaccio." A quell'espressione mi accigliai, ma la mia attenzione venne catturata dal movimento della sua lingua lungo il labbro inferiore: in quel momento, odiai i suoi ventisei anni; certo, erano solo due anni di differenza, ma Edrian era sempre stato un mago nel far cadere la gente ai propri piedi, sarebbe stato un cortigiano perfetto se solo fosse nato nella Francia dell'Ottocento. "Non ti facevo così territoriale, Van."

"Non sono territoriale," blaterai con enfasi, ma avvertii un calore traditore alle guance e fui quasi tentato di nascondermi dentro al cesso e non tirare mai più fuori la testa, ma in qualche modo riuscii a rimanere imperturbato. "Non lo sono mai stato."

"Oh, Vanja, non direi proprio." Mi prese il mento tra le mani e mi avvicinò con prepotenza. "Non sei mai stato bravo a mentire, nemmeno quando ce le scopavamo insieme." Un brivido di malsana eccitazione mi attraversò il corpo, nonostante Edrian avesse un'espressione dannatamente feroce e seria. "O devo ricordarti la barista? Quella volta stavi scopando me, non di certo lei."

Mi allontanai di scatto e ritornai a respirare quasi con facilità. "Cosa vuoi Edrian?" Quando il biondo era in quello stato era impossibile parlare civilmente o trovare un punto di incontro. "Dimmi cosa vuoi," sibilai come un serpente.

Accettazione |THE NY RUSSIAN MAFIA #6Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora