QUINTA PARTE

16 2 0
                                    

Nei tre giorni successivi, quando ero a casa rimanevo chiusa in stanza più tempo possibile. Cenavo in camera mia con un panino veloce e mi rimettevo subito a studiare, mentre sentivo Filippo che mangiava in cucina da solo. La terza sera iniziai a sentirmi terribilmente in colpa. Sarei potuta andare lì, mangiare insieme a lui, fargli compagnia, e invece aspettavo che andasse in camera sua per entrare a bere un goccio d'acqua. Dopo l'episodio del bagno mi sarei sentita in forte imbarazzo davanti a lui, per questo evitavo in tutti i modi di incrociarlo. Non ero sicura che sarei riuscita a dimenticarmi facilmente l'immagine del suo toso nudo, e questo pensiero mi preoccupava (soprattutto per la mia salute mentale). Non era solo attrazione fisica, con lui stavo davvero bene e avevo trascorso dei momenti bellissimi con lui nelle ultime settimane. Non volevo crearmi false illusioni per niente; lui era fidanzato e io non avevo nessuna possibilità. Quello che sapevo era che nessun ragazzo mi aveva colpito così tanto come Filippo. Chissà cosa aveva pensato lui di me quando si era accorto che lo stavo guardando con notevole interesse. Ero stata davvero stupida, sarei dovuta uscire dal bagno con naturalezza e andare dritta in camera mia, senza voltarmi nemmeno un secondo. C'è un ragazzo bono senza maglia affianco a me? Non è nulla, vai dritta lo stesso verso la tua camera e chiuditi a chiave!

Eh, facile a dirlo...

La sera successiva decisi di uscire allo scoperto. Ingerire così tanti panini di fila mi aveva causato una forte nausea e avevo bisogno di mangiare qualcosa di diverso, fosse anche una delle mie solite insalate scondite. Era un sabato, ed ero sicura che Filippo non ci sarebbe stato a cena. Mentre giravo la mia bistecca sulla padella, però, sentii qualcuno aprire la porta d'ingresso. Era Filippo, che entrò di corsa come se avesse dimenticato qualcosa, ma non si girò nemmeno verso la cucina. Rimase nella sua stanza per qualche minuto, mentre sentivo dei cassetti aprirsi e chiudersi uno dopo l'altro, finché passò nuovamente lungo il corridoio per uscire di casa. Nemmeno un saluto.

Sentii la maniglia abbassarsi e la porta aprirsi, poi silenzio. Aprii il frigo per prendere la mia lattuga e, quando lo chiusi, mi venne un colpo quando lo vidi appoggiato con i pugni sul tavolo. Io d'istinto mi portai una mano al petto.

«Che spavento.» dissi, quasi tra me e me.
Lui mi guardava, aveva uno sguardo severo che non gli avevo mai visto in faccia. Io lo guardai con espressione interrogativa, rendendomi conto che non ci eravamo ancora salutati.
«C'è qualcosa che non va Filippo?» gli chiesi per allentare la tensione di quella situazione.
«Dovrei chiederlo io a te, non credi?» mi chiese con tono fermo.
Io appoggiai la lattuga sul tavolo.
«Non capisco.»
«Perché sembra che mi eviti?»
Io strinsi le labbra, sentendo il battito del cuore accelerare.
«Scusami?»
«Hai sentito bene. Mi stai evitando, è chiaro, ma non capisco perché.»
Il suo sguardo adirato, con gli occhi tirati, mi faceva rabbrividire, anche se per certi versi lo rendeva ancora più attraente.
«Io non ti sto evitando Filippo.»
«Allora perché hai cenato in camera tua per tre sere di fila?»
«Ho molto da studiare, e lo sai benissimo.»
«E non trovi nemmeno mezzora per venire qui e fare due chiacchiere?» mi chiese, alzando leggermente il tono della voce.
Io sospirai. «Intanto calmati, va bene? Non vieni da me così infuriato! Se hai avuto una giornata storta e devi prendertela con qualcuno, vai da qualcun altro.» dissi, secca.
Lui si avvicinò, sbattendo le palpebre lentamente.
«La mia giornata è stata bella invece.» disse.
«Non sembrerebbe dalla tua faccia.»
Lui mi guardò dritto negli occhi. «Stai cercando di provocarmi?»
Io stavo iniziando a perdere la pazienza e mi misi davanti a lui. «Ascolta, si può sapere che cos'hai? Sembri arrabbiato con me!» urlai.
«Sì, sono arrabbiato con te, perché mi stai evitando!» rincarò la dose lui.
«E va bene, d'accordo, ti sto evitando! È questo che vuoi sentirti dire?» gridai, mettendomi a sedere con un diavolo per capello. Lui rimase come paralizzato, in silenzio. Poi, prima che uscisse di casa sbattendo la porta, disse qualcosa che mi gettò nello sconforto più totale.
«Pensavo fossi diversa, pensavo avessi il coraggio di dire le cose in faccia.»

Inutile dire che alla fine buttai tutto alla spazzatura e non mangiai fino al giorno seguente. La notte riuscii a prendere sono solo dopo le tre, angosciata dai mille pensieri che gravitavano attorno a quella frase. Cosa intendeva dire esattamente Filippo? Parlava del coraggio di dire le cose in faccia, forse di dire le cose come stanno. Già, come stanno le cose? Era inutile continuare a fare finta di niente, lui mi piaceva e anche tanto, non solo fisicamente, ma anche mentalmente. Non mi era mai capitato niente di simile e non avevo idea di come gestire la situazione, soprattutto perché lui era fidanzato. E allora perché aveva avuto quella reazione così violenta? Perché era rimasto male dal fatto che io lo stessi evitando? Forse anche lui provava un interesse per me, ma non voleva ammetterlo? Non lo sapevo.

Il giorno dopo, mentre facevo colazione, Filippo entrò in cucina. Non lo guardai nemmeno in faccia, ero decisa a troncare subito ogni attrazione verso di lui perché sapevo che mi avrebbe causato solo dolore. Dovevo starne fuori da quella faccenda, concentrarmi sullo studio e basta. Accettare di andare in un appartamento misto non era stata una buona idea, il rischio che possa scattare qualche interesse c'era da metterlo in conto. Mentre ero persa nei miei pensieri, avvertii la presenza di Filippo molto vicino a me, ma io non distolsi lo sguardo dalla mia fetta biscottata. Quando però prese una sedia e si sedette affianco a me, fui costretto a degnarlo di uno sguardo. Lui mi guardava con un'espressione mesta e afflitta. Sembrava un cane bastonato.

«Senti... volevo chiederti scusa per quello che è successo ieri sera.» esordì. Io rimasi in silenzio, non poteva averla vinta così facilmente. «Ero fuori di me.»

«Sei stato incommentabile.» dissi alla fine. «Mi hai attaccata in modo così violento... Eri un mostro irriconoscibile.»
«Adesso non esagerare.»
Io lo guardai con severità. «Posso sapere cosa ti ha dato fastidio esattamente?»
Lui sospirò e fissò il forno, alla ricerca delle parole giuste. «Che mi eviti, semplicemente. Te l'ho già detto.»
«Ti dà così fastidio che ti evito?»
«Sì.»
«Perché?»
«Perché ho capito a cosa stai pensando.»
Io deglutii, cercando di sostenere il suo sguardo.
«E a cosa sto pensando?» chiesi con un filo di voce.
Filippo mi guardava dritto negli occhi e si avvicinò lentamente, fino a essere a pochi centimetri da me. Riuscivo a sentire il suo profumo, simile al muschio bianco. Tutto ciò che era attorno a noi in quel momento non esisteva, c'eravamo solo io e lui. Avevo già socchiuso gli occhi quando qualcuno suonò al campanello, interrompendo quel momento magico. Filippo parve meravigliato quanto me, chi poteva essere a quell'ora del mattino?
Quando Filippo aprì la porta, capii subito di chi si trattava.
«Amore... cosa ci fai qui?»
«Mi mancavi troppo, allora ho deciso di stare qui un weekend.»

In quel momento mi si gelò il sangue.

STORIA DI DUE COINQUILINIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora