18° Capitolo - La realtà dei fatti

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Nulla di buono fa presagire il rumore di una porta che sbatte e nel guardare il volto di mia madre ne ho la conferma. La verità è che non ho bisogno di sapere quello che mi sta per dire perché mi rendo conto che non ho voglia di voler sentire a voce alta qualcosa che ho paura possa diventare realtà. Sprofondo con la testa nel cuscino e chiudo gli occhi con forza mentre lacrime copiose iniziano a rigarmi il viso avvolto da un dolore inspiegabile. Stendo le mani lungo il corpo immobile e tento in ogni maniera di muovere le mie gambe: nulla.
Mi piego portando il Busto in posizione eretta, le scopro gettando le lenzuola per aria e con le braccia tento a fatica di spingerle giù da letto: ancora nulla. Riprovo poi alzando il corpo chiudendo le mani in pugno ma anche sta volta non sento.. nulla.
Il terrore sovrasta le mie paure. L'angoscia subentra al fastidio ed il panico prende il sopravvento.
< Simone calmati. > Ripete Camilla
<Tesoro non agitarti, ce la faremo, combatteremo insieme. > Incalza mia madre.
<Via. ANDATE VIA.>  Urlo lanciando qualunque cosa abbia a tiro,prima contro le pareti poi contro la stessa porta che viene immediatamente chiusa dalla mano di mio padre che nel vedere la mia reazione, neppure entra in scena.
< Ti prego tesoro, lasciati aiutare.. siamo qui per te.. > la vedo agitarsi in preda al suo dolore ma non voglio la pietà di nessuno in questo momento. Voglio solo stare solo.
<Cosa non ti è chiaro della parola via? Ti ho detto vattene. Vai Via.> E dal rumore di qualche attimo prima passo al silenzio surreale.
Vedo sprofondare il mio futuro davanti a me. I fantasmi del passato non tardano a farmi visita e impreco mentre mi vedo danzare. Mi manca il respiro sentondomi morire trafitto da un dolore lancinante che mi afferra il petto. Sento il cuore spaccarsi in mille milla pezzi e non c'è nulla che io possa fare. Gli occhi lucidi, inumiditi, si posano lungo la parete bianca e vagano con la memoria: si materializzano le linee del nostro corpo ben distese l'una accanto all'altra prima di stringersi in un continuo volteggiare di piroette e prese. Mi sembra di vederci mentre la sollevo con la mia forza per poi farla ridiscendere lungo il mio petto e dando vita ad una delicata danza che avvolge le nostre anime intrise di passione e vita.
Sento le guance bagnarsi ancora ed ancora ed il sangue mi ribolle dentro. Perché? Perché a me ? Cosa diavolo ho fatto di male per meritarmi questa punizione?

<Ti prego non allontanarmi.. sono qui..>
Volgo la testa dall'altro lato e non preferisco parola.
<Ti prego Simone, non voglio perderti di nuovo. > Sento la sua voce rotta dalle lacrime divenire sempre più forti.
<Ci vorrà tempo ma potrai tornare a camminare. Dovrai fare tanta fisioterapia ma sei forte, sei un atleta e vedrai che insieme ce la faremo.>
Continuo ad ignorarla. Non ho voglia di vederla, né di sentire le sue stronzate. Come può capirmi? Nessuno può farlo.. Dio che rabbia!
<Non ho bisogno di te. Mi hai respinto quella sera. Cosa vuoi ancora? Ti ho aspettato tutta la vita e come mi hai ripagato? Non abbiamo null'altro da dirci.>
Chiudo gli occhi scacciandola via da me. Allontanandola dalla mia vita ed interrompendo la sola cosa bella che avrebbe potuto esserci nella mia esistenza.

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