Sanem:
E' iniziato da poco un altro giorno di lavoro e Cey Cey mi sta spiegando come riordinare le cartelline mentre beve con calma una tazza di caffè.
"I raccoglitori colorati non vanno accanto a quelli neri!"
Mi specifica mentre io invece sto facendo praticamente l'opposto.
"Il signor Emre?" Un fattorino si intromette tra di noi e appena sento il nome del signor Emre decido di fare la prima mossa e pensarci io. D'altronde lui con me è stato così gentile, come potrei non ritirare semplicemente la sua posta?
"Mi dica!" Rispondo quindi sicura di quello che sto facendo.
"Sa a chi lo posso lasciare?"
"Non si preoccupi, lo prendo io!"
"Va bene. Mi può mettere una firma?"
"Ma certo!"
Prendo la penna che mi passa gentilmente e firmo quel foglio di carta che documenta che la busta per il signor Emre è stata definitivamente consegnata.
"Ciao ragazzi, come va?"
Nel frattempo Guliz ci raggiunge, sorridente come sempre.
"Ciao Guliz, tutto bene tu?"
"Bene, grazie."
Mi guardo intorno già esasperata. Il mio stomaco brontola e non ne vuole sapere di smettere.
"Uff... ho fame, ma quando si mangia?!"
"Se ti va prendiamo un insalatona con tonno e semi di ghia!"
Guardo Guliz sbigottita e confusa.
"Ma che cos'è? Io vorrei un panino con il Sukuk, secondo voi si può avere?"
"Cavolo Sanem, mangi pesante..." dice Cey Cey sorpreso per poi lasciarci sole.
"Sei davvero stravagante Sanem, e lo sei anche nella scelta del tuo cibo!"
Sorridiamo insieme da quella considerazione, mentre in automatico prendo la cartellina che è appena arrivata per il signor Emre e la metto insieme a tutte le altre. Non so se è un complimento il fatto di essere stravagante, però mi fa ridere e mentre lo facciamo ci giriamo entrambe contemporaneamente verso l'entrata, come se qualcosa ci richiamasse. Dopo qualche secondo infatti appare lui. Il signor Can. Lo vedo entrare all'improvviso e i miei occhi non ne vogliono sapere di guardare altrove. Metto a fuoco e aggrotto la fronte concentrandomi meglio su ogni suo movimento. Sorrido e mi sento una scema. Un'incredibile scema. Così provo a distogliere lo sguardo, ma qualcosa richiama di nuovo la mia attenzione. Lo vedo alzare il braccio e sorridente salutare qualcuno con aria gentile. Che bel sorriso che ha... è innegabile, è così. Come posso dire il contrario?! Ma no! No Sanem, Ah! Ma cosa stai dicendo? Provo a scacciare via quei miei pensieri inappropriati e istintivamente mi porto le mani davanti al viso e faccio segno di scacciarli via per davvero. Ma purtroppo non ci riesco. Mi giro verso Guliz sperando in una parola di conforto che mi faccia cambiare immediatamente idea, e invece appena lo faccio la ritrovo con lo sguardo rivolto verso di lui nella mia stessa situazione, così istintivamente lo guardo di nuovo anche io. Ma perché non riesco a smettere? Sembra avere una calamita...
"Come mai sta camminando lentamente?" Le chiedo quindi, completamente arresa dal fatto che sia la cosa più bella che si possa guardare in quest'ufficio.
"Non cammina lentamente..."
Scuoto la testa per riprendermi un po'. È vero, non cammina lentamente. Bene, ci mancava solo questo. Quest'uomo ha la capacità di farmi vedere quello che non è, ormai è chiaro.
"... però è davvero bello con quella camicia, non credi?" Continua Guliz. E come darle torto?
"Perché malvagità e fascino si accompagnano?" Le chiedo allora rassegnata.
"Un giorno lo capirai forse..."
La guardo di nuovo e sorrido titubante. Non credo lo capirò mai in realtà. Me lo auguro, ma la vedo davvero difficile. Molto difficile.
E il mio sguardo torna su di lui, e sorprendentemente mi accorgo che si sta avvicinando proprio da questa parte...
"Guliz, ma per caso sta venendo verso di noi?"
"Esatto!" Mi conferma euforica, mentre io vorrei solo scappare dall'altra parte della stanza.
Faccio un passo indietro e quando lo ritrovo davanti a me mi sento una stupida, anche se cerco in tutti i modi di fare finta di niente.
"Sanem, puoi portarmi tutti i documenti delle campagne pubblicitarie degli ultimi tre mesi?"
Lo ascolto parlare, ma sono già confusa. Così decido di partire dal primo problema.
"Va bene, però non so quale sia l'ufficio..." gli confesso intimidita.
"Quello lì, quello di mio padre!" Mi indica lui gentilmente.
"Va bene, glieli porto subito!" Rispondo quindi decisa.
"Puoi lasciarmeli sulla scrivania?" Mi sorride mentre io invece resto di sasso, impacciata, e annuisco semplicemente senza sapere bene cos'altro dire. Saluta Guliz con un cenno della testa e se ne va lasciandoci di nuovo sole con gli occhi di lei che non lo mollano un attimo mentre si incammina nell'ufficio del signor Aziz. Che però adesso è il suo.
"Guliz, sai dove li posso trovare?" Provo a chiederle sperando che almeno mi abbia sentita.
"Prendi tutte le cartelline sullo scaffale, tranne quelle colorate! Anzi, se vuoi posso portargliele io..."
La guardo perplessa da quella sua espressione fissa e concentrata verso il signor Can. Mi avvicino di nuovo verso le cartelline che ho sistemato solamente pochi minuti fa e senza guardare le prendo tutte. Prima di andare però passo una mano davanti la faccia di Guliz per capire bene la gravità della situazione, ma non si muove nemmeno di un millimetro. Cavolo, ma allora si è proprio incantata! Ed io che credevo di aver avuto una reazione esagerata...
Mi dirigo veloce verso l'ufficio del signor Can, do un'occhiata e sembra non esserci ancora nessuno, così entro senza bussare per posare le cartelline sulla scrivania come mi ha espressamente richiesto ma non faccio in tempo a fare qualche passo che una voce mi prende alla sprovvista.
"Già qui?" È il signor Can...
Faccio un salto e dallo spavento le faccio cadere tutte per terra.
"Attenta..." mi raggiunge per darmi una mano.
"Mi scusi, non mi sono accorta di averla alle spalle, mi ha fatto spaventare!" Gli dico alzando le braccia giustificando quel mio buffo gesto come posso.
Mi guarda incuriosito e sorprendentemente divertito da non so bene cosa, poi i suoi occhi cadono sulla mia mano sinistra.
"Che cos'è?"
Seguo il suo sguardo e mi rendo conto di aver scritto sopra ancora i nomi dei due ragazzi che Guliz mi ha detto ieri. Ah, maledetta penna indelebile!
"Niente, un mio hobby!" Mi invento la prima cosa che mi viene in mente, che ovviamente non ha senso. Ma cos'altro posso dire?
"Un tuo hobby?" Ecco appunto. E come faccio a farglielo credere adesso? "Amet e Mete? Hobby? Non si direbbe..."
Lo guardo confusa. Ma cosa gli importa? Si ok è il mio capo ma, queste non sono cose personali? Raccogliamo insieme le cartelline, ma con la testa piena di pensieri inciampo e ancor prima di riporle sulla scrivania ne faccio cadere alcune, di nuovo. Ma questa volta, sorprendentemente, succede anche a lui.
"Hai contagiato anche me..." si giustifica sorridendomi.
Lo guardo senza farmi vedere cercando di studiare quella sua espressione. Sembra gentile. Non capisco...
Il mio cellulare inizia a squillare, così prendo la palla al balzo per tagliare corto quella situazione terribilmente imbarazzante.
"Posso andare o le serve altro?"
"No no vai, non ti preoccupare, qui ci penso da solo..."
Sorrido velocemente e lo lascio lì con le cartelline da sistemare. Forse non è un buon inizio, ma meglio fare una figura scema che rimanere dentro quella stanza con lui. Sono così nervosa che non ci sto capendo più niente...
Così esco e rispondo al telefono già stanca di tutta questa strana situazione. E' mia sorella.
"Leyla?"
"Ciao Sanem, allora come va? Sentono già tutti la mia mancanza?"
"La situazione è abbastanza tesa... per quanto mi riguarda!" Dico quindi. In fondo sto dicendo la verità...
"Figurati... Ah Sanem, ricordati che il signor Emre prende il caffè ogni sessantacinque minuti."
"Si va bene, d'accordo!"
"A più tardi!"
"Si va bene, a dopo!" Sbuffo e riattacco. Già non ce la faccio più! E non è nemmeno l'ora di pranzo...
Corro a preparare il caffè e mentre mi incammino verso la stanza del signor Emre un movimento strano attira la mia attenzione. Ma cosa fa? E cos'è quella scatolina rossa?
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Le Ali del Sogno - parte prima
Fiksi PenggemarQuesto telefilm in qualche modo mi ha cambiata! So che può sembrare assurdo, ma è proprio così... L'ho visto in lingua originale, poi in Italiano, e lo rivedo ogni volta come se fosse la prima volta. Non so perché lo sto facendo. Forse perché, come...