Capitolo 5: Do I know you?

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Non era sicuro di aver sentito bene, anzi era abbastanza sicuro di aver immaginato quel <<Ciao topo>>, che gli pareva di aver udito dal ragazzo dai capelli biondi e gli occhi azzurri.
Comunque, non appena entrò in classe bussando con mano tremante alla porta chiusa, ricevette un "avanti" come risposta e si ritrovò dinnanzi a più di venti paia di occhi a fissarlo, curiosi e probabilmente pieni di voglia di giudicarlo, oh almeno questo era ciò che pensava Giorgio. Il suo peggiore incubo si stava realizzando in maniera sempre più compatta in una stessa ed unica giornata, se non lo avesse vissuto non ci avrebbe mai creduto.

Cercò di scacciare il panico grazie agli ultimi sgoccioli della sensazione di protezione che gli aveva infuso la presenza di quel ragazzo di cui neanche conosceva il nome, ma che sembrava così stranamente familiare.
<<S-scusi il ritardo prof mi ero perso e non trovavo la classe>>, si giustificò deglutendo l'ansia, per poi riconoscere gli occhi divertiti di Cico che lo costrinsero a trattenersi dallo scoppiare a ridere e si andò a sedere nel posto vuoto accanto a lui, dietro al banco di Mario e un altro ragazzo che non conosceva.
<<Esilarante>>, commentò il ragazzo dai capelli di fuoco facendo sorridere l'altro una volta che si fu reso conto del suo stesso imbarazzo.
L'altro lo guardò male mentre lui continuava a ridere silenziosamente, concluse quella scenetta con una rigorosa ma leggera gomitata fra le costole che fece fare al rosso un verso così strano che scoppiarono nuovamente a ridere entrambi.
Prenderlo in giro era lo sport preferito di Cicotobbi e questo Giorgio lo sapeva benissimo.
Non era sicuramente la prima volta, ormai ci aveva fatto l'abitudine, ma la cosa bella era il modo con cui scherzava perché non era pesante, era semplicemente ironia allo stato puro e per questo ci si rideva sopra senza nessun tipo di pressione. 

Quell'incosciente con un sorriso beffardo costantemente stampato sul viso si girò verso il castano, che nel frattempo si era deciso a stare attento alle parole della docente intenta ad "accogliere" la classe, se così si può dire, perché le sue parole erano state letteralmente:
<<Non sperate che qui con il minimo sforzo possiate ottenere un risultato minimamente decente, se non avete voglia di studiare cambiate scuola>>, esattamente ciò che Giorgio si aspettava da un liceo scientifico.

<<Ma si può sapere come hai fatto a perderti?>>, sentì la voce di Cico porgergli la domanda.
<<Non so, ero nella folla ed è successo>>
<<Catorgio>>
<<Smettila e ascolta razza di mucca a pois>>, ribatté facendolo ridere.
<<Eccessivo>>, commentò.

Mentre la lezione finalmente iniziava a prendere piede, Giorgio osservava la finestra chiedendosi più cose di quante avrebbe fatto se non avesse incontrato quel ragazzo biondo.
Ad esempio:
Perché diavolo gli era rimasto così impresso?
No, era stata la sensazione di protezione che aveva provato ad averlo colpito ancora di più di quanto potesse fare il suo aspetto fisico, o quegli occhi di  ghiaccio stranamente familiari e allo stesso tempo distanti dal resto. Giorgio ne aveva visti di sguardi, in strada era diventata un'abitudine quasi divertente scrutare gli estranei, cercare di immaginare le loro vite, lo loro storie, le sofferenze e le gioie, ma quella era stata la prima volta in cui gli occhi di qualcuno gli erano sembrati un muro che lo separava in modo prepotente dall'animo di qualcuno.
In quegli occhi erano scolpite sculture di ghiaccio fenomenali ma intrise di un sentimento di tristezza e nostalgia infinito, che erano le uniche due sensazioni che Giorgio era riuscito a scoprire nonostante la spavalderia con la quale il biondo si impegnava a nasconderle.
Chissà perché.
Voleva sapere di più di lui, trovarlo, chiedergli il suo nome e un'infinità di altre cose, rilevanti o meno che fossero.

A ricreazione si incontrò con il resto dei suoi amici in un angolo dell'atrio, ma nonostante l'entusiasmo di Anna fosse sempre incredibilmente contagioso, quel giorno non riuscì a condividerlo con lei a causa della delusione dovuta al non riuscire a trovare quel biondo dal giacchetto di pelle nero.
Dove diavolo era finito?
Anna lo scosse per cercare di riportarlo in sé quando lo scoprì a fissare un ragazzo in corridoio, che fra l'altro si rivelò non essere neanche la persone giusta, chiedendogli cosa avesse.
<<Non lo sai? Oggi si è perso mentre i prof ci portavano in classe ahaha>>, rise Cico.
<<Ma.. come è possibile? >>, chiese lei e Giorgio si strinse nelle spalle.
<<Ma alla fine sei riuscito a trovarla no?>>, chiese sempre lei.
<<Si...>>
<<A proposito ma come hai fatto>>, domandò Mario.
Non voleva rispondere a quella domanda, era scomoda, non voleva dirgli che aveva pianto, o del panico, o tantomeno dell'aver quasi perso il suo cappello.
<<Magia>>, scherzò per deviare e gli altri abbandonarono inconsciamente l'argomento senza premere per una risposta e fu grato di questo.
Ormai sapeva come "rigirare la frittata" per evitare di stare al centro dell'attenzione, oh almeno, aveva imparato come riuscirci con i suoi amici, ma con tutti gli altri era ogni volta una nuova impresa.
Aveva letto qualcosa online sull'argomento e aveva scoperto il nome che era stato affidato a quell'assurda sensazione: ansia sociale. Era una di quelle tematiche che secondo Giorgio erano decisamente sottovalutate e spesso non venivano neanche trattate con la giusta serietà. La maggior parte delle volte a parlare non è altri che uomini laureati che credono di saperne più di tutti e forse da un lato è anche così, ma provarlo è diverso. L'esperienza ti cambia, e posso assicurare che non ha niente a che vedere con la teoria, anzi.
Quel panico che sale fino in gola e blocca le parole quando devi anche solo entrare in una stanza dove sono già presenti persone sedute, ad esempio una classe sconosciuta, o la sensazione di appannamento oculare tipica dell'inizio di un'attacco d'ansia, sono cose che a lungo andare ti distruggono, frammentano la tua volontà di vedere gli altri e incrementano il desiderio di solitudine e chiusura. E per chi l'ha sperimentato, sentirne parlare in modo superficiale è davvero una fredda, anzi gelida, coltellata al petto.

Ma Giorgio ci aveva fatto una sincera abitudine, che non significa che non gli desse fastidio, ma che aveva imparato a convivere con la frustrazione, tenendo la rabbia racchiusa in un cofanetto dentro di sé.
Il resto della scuola sembrava ignorare la sua presenza, giustamente ognuno ha la sua vita e non si interessa degli altri, ma non mancavano quelle persone che invece sono insoddisfatte della propria e si permettevano di giudicare quella degli altri dall'esterno, incoscienti e superficiali. 
Giorgio osservò i suoi vestiti, dopo aver notato un gruppo di ragazze e ragazzi un po' più alti osservare lui e il suo gruppo.
Aveva un paio di semplici jeans che non si abbinavano molto con le scarpe, ma ad essere sinceri lui non aveva mai avuto il senso dello stile che per esempio avevano Cico o Anna. Non gli era mai interessata la moda o cose di questo tipo, non vedeva perché le persone dovessero fermarsi così tanto a giudicare il suo modo di vestire, come se cosa indossi definisse chi sei.
In quell'istante, mentre fissava con occhi tristi il gruppetto ridacchiare, nacque in lui una nuova rabbia, che si affrettò ad assorbire affibbiandosi la colpa della società ingiusta, del modo di pensare scorretto, del giudizio senza senso e della crudeltà dell'esistenza. 

Era forse colpa sua se le persone non erano capaci di andare oltre? Certo che no, ma in quel momento, si prese carico di tutto e si incolpò, spacciandosi come colui che era sbagliato, pensando a sé stesso come un accumulo di errori, di inutilità e insicurezze così profonde da lacerarlo. Avrebbe avuto proprio bisogno di un abbraccio, di qualcuno che lo facesse sentire al sicuro, la cui presenza bastasse per farlo stare bene e il cui tocco gli scaldasse il cuore.
Guardo Cico, no, non era lui quello che cercava e in quel momento realizzò che era solo.
O meglio, si sentiva solo, doveva di nuovo combattere contro il mondo da solo e lo terrorizzava, "non di nuovo", pensava, "non posso piangere di nuovo", si ripeté scacciando le lacrime e rimandando il senso di colpa a più tardi, a quando sarebbe stato solo nella sua stanza, al buio dietro quelle quattro mura che lo avrebbero protetto dall'esterno, quelle mura che celavano il suo piccolo mondo composto da personaggi dei libri, degli anime, o quelli che lui stesso si divertiva a disegnare e creare mentalmente, affidando loro, grazie ad una semplice matita, personalità e aspetto fisico.
Distolse finalmente lo sguardo e decise di trascorrere in quel modo il resto della giornata, anestetizzando ogni cosa, evitando le persone e le sue stesse emozioni negative fino a quando non sarebbe tornato a casa, dove avrebbe permesso a sé stesso di sfogarsi.

All'uscita di scuola salutò i suoi amici e fu costretto a correre per non perdere l'autobus. Fortunatamente arrivò appena in tempo, riuscendo ad entrare proprio qualche istante prima della chiusura delle porte automatiche. Con il fiatone e il cuore galoppante nel petto, occupò uno dei posti liberi senza accorgersi che alle sue spalle si trovava lo stesso dannato gruppo di persone che a scuola lo avevano preso in giro.
Ignaro di ciò, tirò fuori il telefono ed indossò le cuffiette, perdendosi nelle canzoni dei Maroon 5 e nella luce del sole che calava sempre di più dietro le nuvole che caratterizzano la fine definitiva dell'estate e che solitamente comparivano ad ottobre, ma che evidentemente avevano deciso di essere in anticipo quell'anno. La natura era incredibile, un equilibrio perfetto ma allo stesso tempo fragile, al quale basta sia tolto un piccolo pezzo per deteriorarsi, ed era esattamente ciò che l'umanità aveva scelto di fare, privarla di tutto ciò che aveva, con l'atteggiamento spietato e crudele di un serial killer, che l'umanità stessa dice di condannare.
L'incoerenza e l'egoismo umano vanno oltre qualunque altra caratteristica, e questo è innegabile, ma per fortuna non tutti siamo così e Giorgio si impegnava ogni giorno per dimostrare a sé stesso di essere diverso.
Probabilmente non tutti avevano questi pensieri, troppo presi dalla loro vita o dai loro problemi per accorgersi di quanto sia splendido ciò che ci circonda: l'azzurro limpido del cielo, il candido colore delle nuvole, o il calore del sole che nonostante sia distante milioni e milioni di anni luce, riesce comunque a scaldarci fin dentro al cuore, facendoci sentire felici in sua presenza.
Proprio qualche giorno prima aveva letto che la luce ed il calore del sole favorivano la produzione di una proteina che stimolava l'ormone della felicità, che ci rendeva positivi e sorridenti. Se ci fate caso il sole che torna a risplendere dopo una settimana di piogge, ci regala una sensazione stupenda sulla pelle che non tutti riescono a notare. Bisognerebbe fermarsi, mettere le proprie vite in pausa ed osservare la perfezione che ci circonda, imparando ad apprezzare ciò che diamo per scontato, come, per esempio, la nostra stessa vita.

Trasportato da questi pensieri non si accorse di nient'altro, né del gruppo che aveva appena notato la sua presenza e che aveva ricominciato a prenderlo in giro, né che la sua fermata si stava avvicinando. Quando l'autobus si fermò dinnanzi casa sua, riconobbe la strada e pensò che fosse familiare, ma ciò che lo svegliò furono un paio d'occhi azzurri contornati da una chioma bionda che si sfilava il casco e posizionava il cavalletto della Kawasaki Z 750 ben saldo al suolo... era lui?!
Si alzò di scatto e scese, seguito quattamente dal gruppetto, che aveva deciso di persistere.
Si sentì afferrare dal cappuccio della felpa e sollevare fino ad arrivare a non toccare terra, si sentì leggermente soffocare ma più di tutti, una paura attanagliante lo avvolse, mentre si ritrovava accerchiato da persone dallo sguardo minaccioso ma di cui non conosceva neanche i nomi. 
Cosa diavolo volevano da lui?

<<Ti avevo detto che è un primino>>, disse una voce femminile.
<<Fin lì ci ero arrivato, guarda quanto è ritardato, neanche si è accorto che abbiamo riso di lui per tutto il viaggio>>, disse la voce di un ragazzo alle sue spalle, lo stesso che lo aveva sollevato. Iniziava a mancargli l'aria così lo pregò di metterlo giù ma senza risultati, solo qualche risata di sottofondo. Il panico iniziò ad ovattargli l'udito e creare lacrime all'angolo dei suoi occhi seccargli la gola, "che giornata pessima", pensò mentre sentiva la paura prendere il sopravvento e cercare di chiedere aiuto.
Perché non gliene andava mai bene una, cosa diavolo aveva fatto per meritare tutto quell'odio da parte di quei ragazzi?
Improvvisamente si ritrovò a cadere per terra, il ragazzo aveva mollato la presa... ma perché? Non sembrava molto disposto a farlo fino a qualche istante prima.
Fu tutto molto veloce, Giorgio si girò e ciò che vide lo colpì nel profondo della sua stessa emotività.
Il ragazzo dagli occhi meravigliosi e i capelli biondi,  lo stesso ragazzo distante e un po' freddo che aveva incontrato casualmente quella mattina, era proprio lì dinnanzi a lui. Lo vedeva di schiena, mentre rispondeva ai colpi dei suoi aggressori, venendo colpito ma mettendo in fuga molti di loro in condizioni discutibili.
Quell'immagine, il ricordo di quel ragazzo sconosciuto che lo difendeva mettendo in gioco sé stesso in quel modo, sperò di ricordarla per sempre, ma più di tutti, sperò di non dimenticare mai la sensazione di protezione e sicurezza che stava provando, o come il suo cuore si era acceso quando, una volta aver messo in fuga tutti quei vigliacchi, si era girato verso di lui, con il naso sanguinante e un labbro rotto, chiedendogli se stesse bene.
Assurdo.
Non sapeva cosa dire.
Si limitò ad osservarlo sbalordito, con un'espressione tanto sorpresa e confusa da far divertire l'altro, che cercò di sorridere, ma poi la ferita sul labbro inferiore si fece sentire, costringendolo a strizzare gli occhi dal dolore.
<<Perché ti sei messo in mezzo, guarda che ti hanno fatto>>, disse Giorgio alzandosi nonostante gli tremassero le gambe, per dare assistenza all'altro. 
<<Non è niente>>, rispose l'altro passandosi una mano sul mento per pulirsi dal sangue, mentre con l'altra, pulita, gli passava prudentemente il cappello che neanche aveva notato gli fosse stato rubato. Lo afferrò incredulo di tutto ciò che stava accadendo, sorpreso del regalo che ancora non sapeva la vita gli avesse fatto.
<<Ci hai preso gusto a recuperare il mio cappello>>, sdrammatizzò Giorgio cercando di scacciare la sensazione di pianto che gli si era accumulata in gola, facendo ridere l'altro.
<<Non farmi ridere che il mio labbro inferiore è in fiamme>>, disse senza smettere tuttavia di sorridere, non riusciva.
<<Vieni>>, disse Giorgio afferrandolo per il polso e trascinandolo per il marciapiede, arrivando fino all'entrata di casa sua. Era irreale, neanche conosceva quel ragazzo ma non gli importava, averlo salvato da quella situazione gli era bastato per fargli capire che poteva fidarsi di lui.
Gli aprì la porta senza smettere di tenere per mano il suo polso, come se in quel modo potesse confortarlo. Lo lasciò solo per chiudere la porta una volta dentro.
<<Che fai? Non voglio disturbare>>, si lamentò il biondo non appena furono entrati.
Giorgio richiuse la porta alle sue spalle ma dopo qualche istante sentì le sue ginocchia crollare sotto il suo stesso peso, e riuscì ad attenuare la caduta che succedette quel momento grazie alle braccia, che lo sorressero appoggiandosi al pavimento.
La tensione che era riuscito a sopprimere per tutto il giorno era appena sfociata, insieme al panico e alla tristezza. Si sentiva privo di forze, tremava mentre cercava di riportare la sua respirazione ad un ritmo normale, tenendosi il petto con una mano provando a rassicurare sé stesso pensando al fatto che ormai era al sicuro e che non gli avrebbero più fatto del male.

<<Ei, ti senti bene?>>, disse il ragazzo abbassandosi alla sua altezza e avvicinandosi a lui. Sentì l'altro afferrarlo per le spalle mentre cadeva in una specie di svenimento che durò pochi secondi, poiché si svegliò non appena quegli occhi azzurri incrociarono i suoi.
Il tempo si fermò, quegli occhi erano così belli, rassicuranti e caldi, nonostante fossero di un azzurro gelido; si sentiva davvero al sicuro con quel ragazzo sconosciuto a fianco, si sentiva così bene da non riuscire a trovare una spiegazione plausibile.
Fece un cenno di assenso col capo prima che l'altro lo aiutasse ad alzarsi e lo mettesse a sedere sul divano. Poco dopo il biondo  tornò con un bicchiere d'acqua fra le mani, porgendoglielo con un'espressione preoccupata stranamente familiare.
<<Posso farti una domanda?>>, sussurrò Giorgio che stava rapidamente tornando in sé, e l'altro annuì.
<<Ci siamo mai visti prima?>>, domando e il ragazzo dagli occhi aurei sorrise.
<<Non penso proprio>>, rispose mentre il suo sguardo veniva popolato da una strana luce.
<<Che strano..>>, borbottò prima di alzarsi lentamente reggendosi la testa con una mano.
<<Cosa è strano?>>
<<No niente>>
Il castano osservò il bicchiere che lui stesso teneva in mano e si chiese come avesse fatto quello sconosciuto a sapere la collocazione dei bicchieri all'interno della sua cucina, ma forse stava solo diventato paranoico a causa dello shock, quello stesso shock che lo aveva quasi fatto svenire.
<<Seguimi, ti disinfetto le ferite>>, disse all'altro una volta raggiunto l'equilibrio adeguato per camminare.
<<Come vuoi>>, disse improvvisamente freddo.
Giorgio lo fece sedere su una delle sedie della cucina e aprì lo sportello delle medicine, tirando fuori una confezione di garze, acqua ossigenata e cerotti da ospedale, presenti in abbondanza visto che sua madre lavorava proprio nell'ospedale del paese.
Si avvicinò al biondo e gli alzò delicatamente il viso, percependo lo sguardo dell'altro addosso e probabilmente per la prima volta nella sua vita, una situazione del genere non lo mise a disagio, anzi quasi gli piacque. Si, possiamo dire che non gli dispiaceva affatto essere guardato da lui, la sensazione che quel ragazzo stesse studiando il suo viso, dagli occhi castani, alle ciglia lunghe e scure, o il naso leggermente all'insù ricoperto da lentiggini che lui stesso detestava.
Pulì il sangue rimasto sul viso con un pezzo di cotone per poi applicare l'acqua ossigenata sul labbro e pulire la ferita.
<<Brucia>>, sussurrò l'altro, che non smetteva di studiare il suo viso, ad un'incredibile e pericolosa vicinanza.
<<Ok allora soffio>>, disse prima di espirare un po' sulla zona delicata, provocando all'altro sollievo.
<<Va meglio?>>, chiese Giorgio a bassa voce.
<<Decisamente>>, disse il biondo spostando lo sguardo sulle sue labbra, piccole e delicate mentre soffiavano sulla sua ferita.

<<Hai un bel viso>>, si lasciò sfuggire il ragazzo mentre Giorgio applicava i cerotti, terminando la medicazione. Non appena udì quelle parole, il più piccolo spalancò gli occhi e assunse il colorito simile ad uno dei tulipani rossi all'interno dei vasi che decoravano le finestre della piccola ma luminosa cucina. 
<<Mh, t-tu dici ?...ahah>>, balbettò sciacquandosi le mani, cercando di nascondere, senza uno straccio di successo, l'imbarazzo che lo aveva colpito senza motivo né preavviso.
Sentì l'altro alzarsi, e la paura di rimanere solo lo attanagliò improvvisamente.
<<Scusa per il disturbo, grazie di tutto>>, disse l'altro avvicinandosi alla porta.
Giorgio sentì che mancava qualcosa, qualcosa di estremamente importante che doveva fare ma che gli stava passando di mente. Si precipitò a fermarlo afferrandogli il braccio e una volta che si fu girato, senza smettere di arrossire, si illuminò e ricordò ciò che doveva fare.
<<Non ti ho a-ancora ringraziato, anzi sono io che dovrei scusarmi con te... ti sei ridotto così per colpa mia>>
<<Ma figurati>>, disse l'altro come se tutto ciò che gli stava dicendo non fosse necessario, ma per Giorgio lo era, eccome se lo era.
<<Grazie, davvero>>, disse fissandolo un'ultima volta negli occhi.
Quello sguardo così sincero, puro e intenso fece breccia nel ragazzo dagli occhi di ghiaccio, che rispose sorridendo di sfuggita, per poi tornare immediatamente serio.
Giorgio lasciò la presa sul suo braccio, incapace di leggere la sua reazione, era felice? triste? infastidito? forse aveva solo voglia di andarsene e lasciarsi alle spalle quella storia fastidiosa? Ma in Giorgio crebbe la speranza di stargli simpatico, non conosceva neanche il motivo.
Il più basso si diresse verso la porta, aprendola e appoggiandosi ad essa in attesa che l'altro uscisse, con un'espressione un po' triste, per via di tutto ciò che era successo durante quell'insolita giornata.
<<Ci vediamo>>, disse il biondo scompigliandogli i capelli, prima di incrociare un'ultima volta il suo sguardo e accennando nuovamente ad un sorriso.
<<C-ciao>>, rispose Giorgio accompagnando le sue parole da un candido sorriso.
Non appena chiuse la porta scivolò su essa, finendo seduto con la schiena poggiata a quel legno spesso, forse di Noce. Raccolse le ginocchia al petto con le braccia ed infilo la testa fra esse, chiudendosi in sé stesso.
Che giornata assurda, aveva accumulato così tanta negatività che non era riuscito a reggere ed era quasi svenuto... per fortuna c'era stato lui e realizzò che la sua presenza era stata determinante in ogni singola volta che si era trovato in difficoltà.
Era folle, ma sorrise.
Non conosceva neanche ancora il suo nome, eppure non vedeva l'ora di rivederlo.


Spazio autrice
Li amo.
Diciamo che ci ho messo un po' di tempo ad aggiornare perché ho avuto da fare. Dovrei stare a posto per un po' quindi ricomincerò a scrivere in modo regolare, a meno che non mi programmino una verifica completamente a caso, dovrei essere in safe zone.
Spero che la storia vi piaccia, dovrebbero già essersi capite alcune cose, fatemi sapere cosa ne pensate. 
Have a good day! :) <3

Voglio essere l'uomo della tua vita -TheBadNauts-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora