𝟐𝟗☾

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Gli occhi gonfi dopo una nottata infernale e un messaggio di Weston avevano reso chiara la piega che la giornata avrebbe preso

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Gli occhi gonfi dopo una nottata infernale e un messaggio di Weston avevano reso chiara la piega che la giornata avrebbe preso. Mi aveva informato che il responsabile della sicurezza lo aveva richiamato e gli aveva detto che i filmati non erano disponibili nell'archivio in quanto erano stati richiesti da Adam per questioni private, quindi mi ero alzata e mi ero piazzata davanti allo specchio. Avevo pettinato i capelli, passato un filo di mascara sulle ciglia e applicato abbondante correttore per mascherare le occhiaie, poi mi ero vestita e, munita del mio thermos colmo - ovviamente - di caffè, ero uscita di casa per raggiungere la centrale.
Adesso, mentre aspetto seduta nel familiare ufficio, non posso far a meno di pensare ancora a tutto quello che stanotte mi è passato per la mente: a partire dal tradimento inaspettato di Weston fino al coinvolgimento di Adam in questa storia. Tutti gli indizi puntano ad un'unica via e io ho provato in ogni modo a distorcerli ma, alla fine, finiscono sempre lì: Adam ha ucciso Noah. Esalo un respiro tremolante e mi alzo quando vedo Weston seguito da Adam e il suo avvocato. Il biondo alza un dito facendomi cenno di raggiungerlo, ignoro il suo sguardo colmo di determinazione e mi affretto ad uscire dalla stanza. Quando raggiungo la sala interrogatori trovo già tutti in posizione, Adam si alza ma basta la mia mano a fermarlo, non riesco nemmeno a guardarlo negli occhi in questo momento. Se dovesse avere una spiegazione valida, conviverei con il senso di colpa per il resto dei miei giorni e farei il possibile per essere un'amica migliore e più presente ma se dovesse essere il contrario...
In silenzio, mi accomodo accanto a Weston, davanti a lui lo stesso dossier di ieri e quello contenente il materiale su Noah, comprese le sue foto.
«Posso finalmente sapere perché sono stato convocato questa volta o preferiamo bere qualcosa? Ho un lavoro da svolgere, in caso non ne foste a conoscenza.» si lamenta il moro.
«Due chiacchiere andranno bene. Adesso le racconto un paio di cose e poi potrà parlare quanto vuole.» ribatte il biondo.
Adam annuisce stizzito.
«Abbiamo parlato con Monica Green ieri. La sua amica è stata molto chiara sul fatto che lei le ha consegnato dei soldi per coprirla. Dalle registrazioni - nel momento in cui Weston pronuncia quella parola Adam si agita lievemente sulla sedia - è emerso che ha lasciato il locale alle 12:06 e soprattutto, da solo. A questo punto abbiamo richiesto i filmati della sua palazzina ma vuole sapere un fatto divertente?» Weston sbuffa una risata secca. «Il suo impiegato ci ha informati che lei aveva personalmente prelevato i filmati dall'archivio per motivi personali. Sa che i suoi dipendenti sono molto scrupolosi visto per chi lavorano quindi non c'è voluto tanto a farlo parlare. Mi dica, signor Smith, perché ha preso i filmati? Perché ha mentito sull'orario? E soprattutto, perché preoccuparsi di andare a buttare la spazzatura alle due del mattino quando possiede un attico sicuramente munito di scivolo per i rifiuti? Lo sa, io ho una teoria piuttosto solida.» Weston apre il dossier e tira fuori le foto di Noah.
«Mi illumini, allora.» ringhia Adam evitando di abbassare lo sguardo.
«Lei ha ucciso Noah Gallagher. Lo ha raggiunto a casa dopo aver lasciato il locale e per qualche motivo avete discusso e lei lo ha aggredito alle spalle.»
«Tu gli credi?!» Adam si volta nella mia direzione, furia nei suoi occhi.
«Come hai potuto fare una cosa del genere? Ti voleva bene. Noah era il tuo migliore amico, Adam.» deglutisco. Non ho idea di come io stia riuscendo a trattenere ogni singola emozione dentro di me, spero solo di non scoppiare.
Adam si ritira, stringe i denti così forte da mettere in evidenzia la mascella tagliente. Il suo avvocato mormora qualcosa per calmarlo, lui, invece, lo fulmina con lo sguardo e poi batte un pugno sul tavolo di metallo.
«Pensi davvero che lo volessi morto, mmh? Pensi davvero che se potessi tornare indietro nel tempo non lo farei? Cazzo, Michelle!» urla.
Sbarro gli occhi, la mia schiena si pressa alla sedia. Pensi davvero che se potessi tornare indietro nel tempo non lo farei? Rimango paralizzata sul posto. Mi si gela il sangue. Adam ha appena ammesso di aver ucciso Noah. Lo ha ucciso. Lo ha ucciso. Lo ha ucciso.
«Michelle.» la voce di Weston mi arriva lontana.
«Parla.» biascico.
«Forse prima dovremmo fare una pausa.» il biondo poggia una mano sul mio braccio. Mi basta il suo tocco per tornare in me e allontanarmi come scottata dalla sua presa. Mi alzo di scatto, non mi preoccupo nemmeno di rimettere la sedia al suo posto. Mi sposto sull'angolo sinistro della stanza e guardo quello che fino a qualche giorno fa reputavo uno dei miei amici più cari.
«Dimmi come lo hai ammazzato.»
«Dovevamo vederci quella sera ma ero in quel locale quindi gli ho detto che lo avrei raggiunto sul tardi. Quando sono arrivato abbiamo parlato come al solito, poi... poi lui ha cominciato a delirare.» i suoi occhi si inscuriscono. «Voleva espandersi. Cominciare a combattere anche in Asia ed Europa perché voleva più soldi.» le sue parole grondano di rancore.
«Quindi ha ucciso il suo migliore amico perché era troppo avido?» Weston solleva un sopracciglio.
«L'ho ucciso per lei.» ringhia rabbioso.
Non fiato, i pensieri corrono veloci, furiosi.
«Che significa?»
«Voleva sposarla e aveva bisogno di avere più soldi possibile per... per quel cazzo di futuro di cui parlava sempre.» risponde. «Mi sono opposto a quella pazzia. Noah combatteva già con uomini che erano il triplo del suo peso e se avesse deciso di portare il Black Circle oltre oceano sarebbe morto per certo.»
Solo il pensiero di un Noah sorridente che si confida con quello che crede sia il suo migliore amico sui suoi piani futuri mi distrugge. Avevamo parlato così tante volte di matrimonio, figli, una casa tutta nostra...
«Quindi cosa, ci ha pensato lei ad ammazzarlo prima?» lo stuzzica il biondo. «E poi, signor Smith, mi sembra di capire che ci ha raccontato un centinaio di cazzate anche per quanto riguarda il suo coinvolgimento con il Black Circle
Adam sembra sul punto di esplodere, apre e chiude i pugni sotto al tavolo. «Non volevo ammazzarlo!» inveisce.
«Ma certo. Dicono tutti così, poi non si fermano davanti a niente.» Weston ha il coraggio di schernirlo con un altro sorriso, per niente scalfito dal grido dell'uomo di fronte a sé. È chiaro che stia cercando qualcosa che Adam non ha ancora rivelato.
«Chi crede si occupasse delle finanze del club, eh?! Chi crede fosse il socio sconosciuto?» sibila.
«Signor Smith.» cerca di zittirlo il suo avvocato.
È palese si tratti di un argomento di cui non avevano discusso, oltre che a quello della morte di Noah.
«Non si azzardi.» Weston lo fulmina con lo sguardo, poi si rivolge al moro.
«Quindi lei è quello che si fa chiamare Falco. Noah sapeva o era all'oscuro della sua identità?»
«Non glielo avrei mai detto. Non avevo bisogno di altri casini.»
«Che sarebbe successo, altrimenti?»
Porto una mano al petto, lo massaggio piano.
«Lo avrei perso.» mormora.
«Deve essere stato una persona importante per lei, eh? Un buon amico.» calca l'ultima parola.
Adam alza gli occhi, guarda prima Weston e poi me.
«Io lo amavo.» ringhia. «E se non fosse stato per te - batte un altro pugno sul tavolo - cazzo, se non ti avesse mai conosciuta non avrebbe mai avuto pensieri del genere. Si sarebbe accontentato. Non avrebbe rischiato la vita e io non avrei discusso con lui per fargli cambiare idea. Fanculo, Michelle, se non ti avesse mai conosciuta io non l'avrei mai ammazzato!» Urla alzandosi in piedi.
Weston si alza in piedi nello stesso momento in cui tre agenti si fiondano all'interno della stanza per tenere fermo Adam. Si dimena, urla che mi odia e che non avrebbe mai ucciso Noah e poi, si zittisce. Il suo corpo viene scosso dai singhiozzi e io mi ritrovo a fare lo stesso. Scivolo sul pavimento e piango, piango ogni singola lacrima che ho il corpo mentre lo guardo. Il dolore misto all'odio nei suoi occhi mi trafigge il cuore, si appropria di ogni cellula e mi rende poltiglia sulla superficie fredda. Guardo quello che credevo fosse un amico, quello che pensavo mi volesse bene e odiasse vedermi soffrire. Ricordo i momenti passati insieme, tutti i pianti e gli abbracci che ci siamo scambiati. Il solo pensiero di essere sempre stata così vicino all'assassino di Noah mi fa vomitare, mi stravolge a tal punto da non riuscire a trovare le parole.
Gli agenti stanno sollevando Adam pronti a portarlo fuori. Ed è quando lo vedo guardarmi con il sorriso stampato sul volto che la rabbia comincia a scorrermi nelle vene perché lo so, so perché sta sorridendo.
«Tu hai comunque raggiunto il tuo scopo, vero?» mi alzo, accettando l'aiuto di Weston. «Soffri per la morte dell'uomo che avrebbe dovuto passare il resto della sua vita con me e adesso che non è più così... sei comunque soddisfatto perché volevi farmi soffrire.» mi avvicino al suo corpo teso. Continua a sorridere, ma non risponde. «Sei solo un bastardo malato, Adam.» scuoto piano la testa. Sospiro piano, sfioro la sua guancia sotto lo sguardo sconvolto di tutti. «Hai usato il trofeo di Denver, non è così? L'hai colpito con quello.» continuo ad accarezzare il suo viso. «Sì.» sibila velenoso.

«Ehi, Adam. Ti disturbo?»
«Michelle. Certo che no. Dimmi pure.» seppur sorpreso mantiene un tono gentile.
«So che sembrerò paranoica ma... ma qualcosa non va.» deglutisco.
«In che senso?» si allarma.
«Sono a casa, stiamo... stiamo imballando tutto quanto e io mi sono occupata della libreria. Manca un trofeo, Adam.»
«Okay - allunga la 'a' - capisco possa essere importante per te ma non puoi averlo semplicemente messo già via?» domanda.
«Era quello di Denver, me ne ricordo perché lo aveva vinto la prima volta che ero andata ad un combattimento.» spiego.
«Okay, tesoro, voglio che mi ascolti un attimo, va bene?» prendo un respiro.
«Sì.» annuisco anche se non può vedermi.
«Molto probabilmente è finito in mezzo ad uno degli scatoloni e lo ritroverai. Magari è successo tra uno spostamento e l'altro, può accadere. Sono certo che una volta che avrai sistemato tutto nell'altro appartamento lo ritroverai. A proposito, lo hai trovato già o stai traslocando le tue cose adesso così da averle pronte per il futuro?» Più lo ascolto più mi rendo conto di quanto abbia ragione. È ovvio che sarà qui da qualche parte.
«Ho trovato un posto molto carino nella zona in cui vivevo prima, è sempre vicino a lavoro, quindi è okay.» spiego.
«Ne sono felice. Davvero, Michelle. Mi dispiace solo non essere stato più presente ma sono sommerso di lavoro e trovare un secondo libero sembra impossibile.» si scusa.
«Non dirlo nemmeno. Grazie per avermi sostenuta nei giorni peggiori della mia vita. Noah era fortunato ad averti.» rimane in silenzio per alcuni secondi e so, so che i suoi occhi sono appena diventati rossi.
«Ehi, Adam...» lo richiamo.
«Sì?»
«Scusami davvero per prima. Ho dato di matto. Hai sicuramente ragione.»
«Nessun problema. Chiamami ogni volta che ne senti il bisogno. Certo, magari non alle sei del mattino perché sto ancora facendo il sonno di bellezza ma per il resto...» scherza.

Il ricordo è talmente vivido che sembra essere successo solo pochi giorni fa.
«L'unica magra consolazione che mi resta è che passerai il resto dei tuoi giorni in una cella e che quando morirai, perché succederà, marcirai all'inferno. Noah avrà pure commesso degli sbagli ma non posso condannarlo. Voleva farlo per noi, per il nostro futuro e tu, per gelosia e non preoccupazione, hai preferito sfogarti su l'uomo che professi di amare. Peccato che tu non sappia un cazzo di cosa vuol dire amare qualcuno, Adam Smith.» lo fisso dritto negli occhi e, cogliendo di sorpresa anche me stessa, gli sputo in faccia.

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