Capitolo 3

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Sapete, odio le storie in cui mi fanno sempre il cattivo, quello che mangia le persone, perché non tutti siamo così. Ci piace nasconderci ed ascoltare gli esseri umani avere storie su di noi, di come ci immaginano, ma io ho sempre trovato fastidio nel sentirle. Mi urta, okay? Ci disegnano sempre allo stesso identico modo, tutti facciamo sempre la stessa fine, e tutti hanno sempre la stessa reazione. E non chiedono niente di più. Un po' come fanno con i lupi nelle favole.
Però ieri... Ieri è stato diverso. Ho ascoltato quel ragazzo della casa accanto. Lui ha voluto raccontare la solita storia, ma è finito per scoprire che una di loro, la più piccola, in realtà si è molto interessata, e la cosa mi ha reso molto felice. Agli umani basta solo sapere che siamo "spaventosi e cattivi", mentre quella bambina è stata la prima che ha voluto sapere qualche cosa in più. Lei é diversa. Mi ha sollevato il buon umore. E me lo solleva ancora, quando ci penso.
Sono sempre stato diverso, forse per via del fatto che ho vissuto in questa casa per parecchio tempo. E poi questa casa non appartiene neanche a me. Si tratta della casa di un signore anziano di nome Edward Buck. Eravamo amici, finché non è morto. Ha deciso di lasciarmi la casa come eredità, e tutti lo credevano uno scellerato, un pazzo schizofrenico da evitare assolutamente. Non aveva nessuno, quel pover'uomo... Vivevo nei suoi sogni e nei suoi pensieri. Adesso, vivo nella casa. quella casa, che adesso odio, perché mi ricorda troppo lui. Sapete, ci sono rimasto abbastanza male: era il mio unico amico. Insieme, tenavamo i bambini lontano, spaventandoli a morte, durante tutto il periodo dell'anno. HA! Che ricordi...
Poi, ho sentito delle voci che proveniva da fuori:
- Hey Seb, che ne dici se entriamo lì?
- C-Casa Buck?
- Eddai, Seb! Sei il preferito di tutte noi se lo fai!
- Ma perché?
- Non ti piace il brivido?
- Ehm...
- Eddai, Sebbuccio!
- D'accordo...
- Siiiii!

Si stanno avvicinando. Il ragazzo di ieri sera! È in compagnia, anche! Con lui, c'è un altro ragazzo e altre due ragazze. Svelto, svelto! In cantina! Non ti troveranno lì!
La porta scricchiola. Sono dentro. Si sentono i passi che fanno rumore sulle tavole di legno del pavimento, ormai vecchie. I passi si spostano verso la mia direzione:
- Andiamo in cantina! E' lì che si nasconde il demone, no? - esclama una voce femminile.
- Si, ma non urlare... - le risponde la voce del ragazzo di ieri... Seb, giusto?
Aspetta... Cantina? CAZZO. CAZZO. CAZZO. Esci. Esci. ESCI! Percorro il corridoio. Affanno. Le mie enormi zampe stampano il pavimento, quasi non si spezza una tavola. Giro l'angolo e-
Ce li ho davanti. Gli sguardi sono terrorizzati dalla mia figura, ed il tutto è accompagnato da un silenzio freddo, quasi a preannunciare la tempesta, la morte. Il venticello passa dalle finestre sbarrate, dove filtra quel poco di luce che serve a loro per scrutarmi nel buio. Essa, era molto fioca, dato che era nuvoloso fuori: i raggi del sole, deboli, frastagliavano il pavimento, e sembravano quasi grigi. Il tutto, insieme al corridoio, pareva soffocarmi.
Una delle due ragazze, abbronzata, bionda dagli occhi castani, si porta silenziosamente la mano alla bocca, mentre le lacrime le rigano il viso; l'altra, mora, dalla pelle pallida come la luna, quasi sembra che non respira. Gli altri due ragazzi, entrambi dai capelli castani, trattengono il fiato, sperando di non fare il minimo rumore.
Loro, solo quattro ragazzini, sono molto più piccoli di me, ma mi scrutano con quegli occhi spalancati talmente tanto, che danno l'impressione di essere più grandi di me, e mi sembra di essere piccolo... Sempre più. Quasi indifeso. Sento su quello che può sembrare il mio viso il sudore che mi scende.
Eh sì. Ho paura.
Sapete, non è bellissimo quando ho paura. Perché quelli come noi, quando hanno paura, fanno solo una cosa: attaccano. Purtroppo è una cosa che facciamo solo istintivamente...
E di solito...
... Qualcuno muore...

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