Capitolo 5 - Marie

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- Seb, sei sicuro di quello che dici?
- Sicuro, mamma! Devi credermi! Non sono stato io! Ho visto tutto, ma loro non vogliono credermi!
- Seb, ti rendi conto che è difficile crederti?
- MA MAMMA! DEVI FIDARTI DI ME!
E a quelle parole, si alzò di scatto dalla sedia, e mi guardò con "lo sguardo deciso".
Fu una cosa che avevamo deciso quando Seb era molto piccolo: dedicarmi uno sguardo che volesse dire solo ed esclusivamente la verità. Lo chiamammo "lo sguardo deciso".
Quando me lo fece, io sapevo in cuor mio che lui stava cercando di dirmi che era innocente. Al momento non potevo credergli fino in fondo, dopo quello che era successo. Lasciai la stanza, e lui mi continuava a supplicare di restare:
- MAMMA, DEVI CREDERMI! TI PREGO!
Dissi agli agenti che non riuscivo a vederlo così. Ed era anche vero.
Mi presi un po' di tempo per andare a trovare mio marito e mia nipote, all'ospedale. Attraversai la strada, passai l'incrocio, sulle strisce pedonali, ed entrai nell'edificio bianco come neve. Chiesi al bancone, e li avevano spostati al secondo piano, perciò mi feci una rampa di scale in più.
Che sbattimento. Mentre salii, ricordai di nuovo l'espressione di mio figlio: persa, impaurita. Non aveva proprio l'aspetto di chi aveva assassinato un gruppo di studenti dentro una casa abbandonata da anni. Forse mi immagino sempre l'assassino come lo immaginano tutti, sporco di sangue e con gli occhi da pazzo. Non si va ad immaginare il proprio figlio. Era una cosa terribile quella che ebbi fatto: andarmene, lasciandolo lì. Avrei dovuto essere più comorensiva, e cercare di capire cosa fosse effettivamente accaduto. Ma è andata come è andata.
Arrivata, spalancai la porta, e trovai mio marito con in braccio mia nipote mentre guardavano i cartoni animati. Fu una scena tenerissima. Mi alleggerì il cuore. Mio marito, sdraiato sul lettino, mi vide, e sorrise, uno dei suoi più belli, mentre la nipotina guardò la TV.
Mi sedetti accanto a lui, e gli raccontai la vicenda di Sebastian:
- Lui sta bene?
- Si... Credo. Aveva uno sguardo terrorizzato.
- Tu... Pensi sia stato davvero lui?
- Non so più cosa pensare, Adam. Aveva lo sguardo impaurito. Non so davvero cosa credere. Tu? Tu credi sia stato lui?
- Non aveva motivi, quindi no.
Mi sedetti accanto a lui, e gli appoggiai le labbra sulla fronte.
Improvvisamente le luci si spensero, e vidi una figura nell'ombra. Aveva le sembianze di un uomo tutto grigio, ma con artigli affilati. Essa si avvicinò alla mia nipotina, e si infilò nelle narici della povera bambina, come se fosse fumo. Poi, di sopraggiunta, tutti i mobili cominciarono a tremare, mentre il corpicino di Agata fluttuava fino al soffitto. Le luci sfarfallavano, mentre si sentivano delle urla stride, e delle voci offuscate. Mi scoppiavano i timpani.

Poi, ad un certo punto, buio.

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