«Scelta difficile, non è vero?»
La sua voce le arrivò quasi di sfuggita, mentre fissava metodica i due oggetti che teneva in mano: sulla destra un paio di pantofole a forma di renna, sulla sinistra una teiera colorata, evidentemente fatta a mano, con motivi floreali.
La sua voce le arrivò appena, ma quanto bastò a farle alzare gli occhi.
Se lo ritrovò davanti, il cappotto aperto che lasciava intravedere il maglione verde, la sciarpa ancora avvolta per bene al collo e quell'aria divertita che a primo impatto non scatenava in lei grande simpatia.
«E lei sarebbe?» infatti, fu la sua risposta, sempre sulla difensiva nei confronti degli sconosciuti.
«Io sono Tommaso, Tom» si presentò lui, come se fosse la cosa più semplice del mondo, così spontaneo, così... solare, come era sempre stato.
«Buon per te» lo liquidò lei, abbassando gli occhi e voltandosi, dirigendosi verso un altro scaffale: non era giornata per i regali, era meglio darsi agli articoli da regalo.
Nastri, nastrini, brillantini, colla, forbici... li elencava nella sua mente immaginando già il da farsi: biglietti di ogni tipo, fiocchi, pacchetti o meglio borse regalo?
«Secondo me erano più belle le pantofole a forma di renna: è decisamente in tema natalizio, la teiera può andar bene a un compleanno, se a quella persona piace tanto il té» ancora quella voce richiamò la sua attenzione.
Voltò lo sguardo e se lo ritrovò di nuovo vicino, con quel sorriso semplice e l'aria di chi non se ne sarebbe andato facilmente.
Lei, però, non lo conosceva e, per tanto, decise di passare alle maniere forti.
«Se non la smette di importunarmi, chiamo la vigilanza» tagliò corto, notando come l'espressione di lui diventò da serena e spensierata a seria e quasi preoccupata.
«Ti chiedo scusa» si affrettò lui: lei pensò di averlo finalmente spaventato.
Lo vide mordersi il labbro, nervoso, stava quasi per sorridere fiera quando lui continuò ancora.
«Non volevo passare per uno stalker o un maniaco, ti chiedo scusa, davvero» e lei alzò gli occhi al cielo.
«Ora te ne vai o...?» lo fulminò di nuovo.
Ma non sembrava davvero mollare la presa.
«Al giorno d'oggi è così difficile non sembrare uno squilibrato. Solo che... volevo sapere il tuo nome» confessò lui, sincero.
«A cosa ti serve saperlo?» lei non osò abbassare la guardia.
«Io... non lo so, ti ho vista entrare e non lo so. Sei molto carina e...» lui capì di aver sbagliato tutto: ogni parola gli sarebbe andata contro.
«Quindi siccome sono carina hai pensato di rimorchiarmi, davvero originale» concluse lei, inorridita.
«In realtà... speravo solo di poterti invitare a-» le guance di lui cominciavano ad arrossire.
«No, grazie. Ora se vuoi scusarmi me ne vado» gli voltò le spalle.
Lui non si mosse ma gli venne spontaneo chiedere «Perché no?»
Lei sospirò: mai incontrato un tipo così insistente «Perché no. Perché non ti conosco nemmeno e potresti davvero essere uno squilibrato»
«Almeno concedimi il beneficio del dubbio!» lui si giocò l'ultima carta, giurando nella sua testa di non insistere oltre.
Lei si fermò di colpo.
Quando si voltò verso di lui, Tommaso pensò di aver fatto bingo.
«Se sarà destino, ci rivedremo e io allora accetterò, forse, di prendere un caffè» furono le sue parole, prima di girarsi ed andarsene, lasciandolo impalato e senza speranza.
Roma era grande per una simile opportunità.
STAI LEGGENDO
Solo un'altra storia d'amore
Romanzi rosa / ChickLit«Al giorno d'oggi è così difficile non sembrare uno squilibrato. Solo che... volevo sapere il tuo nome» confessò lui, sincero. «A cosa ti serve saperlo?» lei non osò abbassare la guardia. «Io... non lo so, ti ho vista entrare e non lo so. Sei molto...