Capitolo 3

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Quando si trattava di imprevisti, per Emilia non c'erano troppi problemi: poteva succedere, soprattutto nel suo lavoro, che qualcosa andasse storto.

Ne aveva passate di tutti i tipi: la scottatura micidiale -perché camminare senza crema solare per Roma non era esattamente un bel modo per iniziare la vacanza-, il solito jet lag, semplicemente la pura pigrizia -quando ci si trovava in un hotel a cinque stelle con una SPA da sogno e la voglia di seguire una guida non era esattamente allettante-, insomma, poteva capitare.

Di solito, però, si trattava di grandi gruppi di persone: quindi se all'appello mancava qualcuno, il resto del gruppo si faceva comunque forza per non perdere il giro.

Questa volta, però, il suo gruppo era composto da... una coppia di pensionati.

Dopo essersi accordata con Tommaso sul tour, aveva cominciato a leggere e studiare il programma che avrebbero cominciato quel sabato per altri cinque giorni, la durata del soggiorno degli ospiti.

Non aveva minimamente pensato, però, che da un gruppetto di sei persone, avrebbero effettivamente partecipato solo in due: gli altri, avevano preferito visitare prima Firenze, fermandosi un'altra settimana in Toscana.

I due signori, invece, che avevano proseguito secondo la tabella di marcia, non se lo potevano permettere: avevano il matrimonio della figlia, si erano concessi quella vacanza ma senza divagare, erano fiscali su questo.

Il problema però, non era ancora venuto a galla del tutto: la coppia era arrivata quella mattina presto a Roma, sulle sette.

Il loro primissimo pensiero, non appena messo piede in Hotel, era stato quello di avvisarla che avrebbero rimandato alla domenica l'inizio del tour: troppo stanchi per camminare, troppo stanchi per camminare in una Roma sempre più invernale.

Emilia, a quella richiesta, aveva dovuto deglutire e mettersi l'animo in pace.

Dopo un sospiro di sconforto, inviò un messaggio –perché l'idea di chiamarlo la metteva in agitazione- a Tommaso, con poche parole: avrebbero iniziato il giorno seguente, in quanto la coppia di pensionati aveva rinviato l'inizio del tour.

Ma quasi se lo sentiva dentro che quello lì non avrebbe per niente al mondo aspettato l'indomani.

Ed ora era lì, con il cellulare in mano, a vedere la chiamata in entrata lampeggiare sullo schermo.

Alzò gli occhi al cielo, sedendosi nel letto, prima di rispondere.

«Pronto?» era la prima parola che usciva di bocca quella mattina, erano le otto in punto.

«Ti piaccio così tanto?» sentì dall'altra parte.

«Scusa?»

«No, dico, per rimandare una giornata con me ci possono essere solo due motivi: o ti spavento, ma lo escludo, o ti piaccio e di conseguenza ti imbarazza stare da sola in mia presenza» concluse lui, sempre sicuro di sé.

«Magari ho anche altro da fare, dato che posso rimandare il lavoro a domani»

«Mi piacerebbe molto sapere cosa è più importante di stare con colui che scriverà le sorti della tua agenzia da quattro soldi» sputò lui, un po' troppo velenoso.

Emilia, però, cercò di soffocare quella piccola punta di timore.

«Sai, non per essere scortese ma... non mi importa molto di ciò che scriverai: ne sono passati tanti prima di te che hanno scritto di tutto e di più, non è cambiato nulla» rispose a tono, fiera di quella sicurezza mattutina.

«La verità, Emilia, è che non so davvero più cosa inventarmi con te» lui e la sua maledetta sincerità: si sentì arrossire, ancora.

Non mollava proprio.

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