Dimostrazione di fiducia

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3. DIMOSTRAZIONE DI FIDUCIA

"L'universo è pieno di oggetti magici che aspettano pazientemente il nostro ingegno per meglio autodefinirsi.
(Eden Phillpotts)

Artemis non ne poteva più di quell'intenso odore di fenolo che le faceva bruciare le narici. L'ospedale era diventato la sua seconda casa, dormiva e mangiava lì, tornava al suo appartamento solo per lavarsi e cambiarsi i vestiti. Una settimana fa sua madre aveva accusato una brutta tosse che nel giro di due giorni si era trasformata in una violenta infezione polmonare. Erano stati i sette giorni peggiori della sua vita.
"Artemis." Bisbigliò la madre.
Era stanca e affaticata, la sua pelle era di un bianco che si abbinava alle lenzuola. Ogni traccia della donna sorridente e tenace che era stata ora era scomparsa.
"Sono qui, mamma."
Artemis si sedette accanto a lei sul letto e le prese la mano, accarezzò ogni nocca con cura amorevole.
"Ti voglio un bene immenso, bambina mia. Non puoi neanche immaginare quanto."
La ragazza deglutì, inghiottendo lacrime amare. Non voleva piangere e mostrarsi debole agli occhi sciupati della madre. Doveva restare forte per lei.
"Anche io ti voglio bene. Davvero tanto."
La madre le sfiorò la guancia con la mano fredda, la pelle era così secca che pareva sgretolarsi come un muro pieno di crepe.
"Artemis, non devi fidarti mai di nessuno. Il mondo è un posto pericoloso per te."
Yvette ripeteva sempre la stessa solfa: mai fidarsi e stare attenta a ogni possibile pericolo. Fu scossa da un forte colpo di tosse e Artemis subito l'aiutò a mettersi seduta.
"Che hai? Ti senti bene?"
"Sto per morire, bambina mia. So che non vuoi sentirtelo dire, ma è la verità. Devi sempre dire la verità, anche quando fa paura e vorresti fuggire via."
Artemis scoppiò a piangere, non era possibile trattenersi quando tua madre ti stava morendo sotto il naso.
"Mamma ... no. Non mi lasciare. Io ho bisogno di te."
Yvette le scostò una ciocca di capelli e le mise le mani a coppa intorno al viso. Sorrise.
"Ascoltami bene, Artemis. Tu sei una donna forte e so che in futuro diventerai straordinaria. La vita dura, non fa mai regali e per questo tu dovrai lottare per ottenere ciò che desideri. Io sarò sempre con te, nel tuo cuore. Non ti lascerò mai per davvero."
Artemis si accasciò contro la spalla della madre, piangeva a dirotto e non sapeva come fermarsi. Il dolore che stava provando era troppo grande e lancintate per essere espresso a parole.
"Io voglio stare con te, mamma. Ti prego."
"Ti ricordi quel numero che ti ho dato? Ecco, chiama quella persona se sarai in difficoltà."
"Io non..."
Il monitor dei parametri vitali iniziò a suonare e lampeggiare di rosso. Yvette rovesciò la testa all'indietro, la bocca spalancata e gli occhi bianchi.
"No! Mamma! No!"
Un medico e tre infermieri irruppero nella stanza. Artemis fu allontanata dalla madre, e si accucciò in un angolo a piangere.
"Ora del decesso: undici e cinquanta." Dichiarò il medico.
Sua madre era morta e Artemis aveva appena perso tutto.

Due giorni dopo
Artemis si svegliò di soprassalto. Aveva le guance rigate di lacrime e il respiro accelerato. Aveva sognato di nuovo la morte della madre, ormai era l'incubo più ricorrente. Si sfregò le mani e le braccia come a voler cancellare la sensazione del corpo freddo e rigido della madre morente.
"Stai bene?"
La testa di Keelin faceva capolino dalla porta. Indossava la divisa azzurra dell'ospedale.
"Starei meglio se uscissi da questa casa."
"Mi dispiace. Ho tentato di convincere Freya a rompere l'incantesimo di confinamento, ma lei è stata irremovibile. Gli ordini di Klaus sono legge."
Artemis scese dal letto, era sudata e frastornata dal sonno agitato. Aprì la finestra e prese una boccata d'aria, il rumore caotico della città era un'ottima distrazione.
"Klaus se ne pentirà prima o poi di avermi rinchiusa."
"Lo ha fatto per una giusta causa."
Artemis fece un respiro profondo. Avrebbe voluto dare fuoco a quella stupida casa, avrebbe voluto dare fuoco all'intera città. La rabbia la divorava da quando sua madre era morta, e alle volte era insopportabile reggerne il peso.
"Anche io sto agendo per un giusta causa."
"Riportare qualcuno in vita non è giusto. Giocare in questo modo con la magia non va bene."
"Non ho chiesto il tuo parere. Non ho chiesto neanche il parere di quello stronzo!"
"Parli di me? Così mi lusinghi." esordì Klaus.
Si era materializzato davanti alla porta con il consueto vassoio per la colazione, l'odore di zucchero e crema era invitante. Artemis si morse le labbra per non bestemmiare.
"Se ti senti lusingato dagli insulti, sappi che io ho una riserva infinita."
Klaus sfoggiò quel sorrisetto malizioso che Artemis odiava. Era come se la prendesse in giro ad ogni parola.
"Una brioche per addolcire il malumore? E' ottima, te la consiglio."
"Io vado a lavorare, voi cercate di non ammazzarvi." Disse Keelin.
Klaus la salutò con un cenno della testa e poi riportò lo sguardo su Artemis.
"Brioche?"
"Dammi quella stupida brioche e sparisci!" sbottò Artemis.
Arraffò il vassoio e si mise seduta alla toilette per mangiare. La pasta dolce della brioche era soffice ed era farcita di crema pasticceria, le sue papille gustative andarono in visibilio.
"Mi dispiace." Disse Klaus.
Artemis addentò l'ultimo morso della brioche e si girò a guardarlo. L'ibrido non sorrideva più, era serio e sembrava davvero dispiaciuto.
"Dispiace anche a me per essermi comportata da pazza. E' solo che ..."
"Vuoi riavere tua madre."
"Sì, è l'unica cosa che desidero. La sua morte è un dolore troppo grande da sopportare."
Klaus ricordava ancora la risata stridula di Yvette, le sue smorfie di fastidio e quella ruga che le increspava la fronte quando era arrabbiata. La sua amica meritava di vivere.
"Avrei voluto esserci per te e per tua madre. Le cose qui non andavano meglio."
Artemis si sedette sul letto a gambe incrociate, la maglia oversize che indossava le copriva le ginocchia.
"Raccontami."
Per la prima volta c'era intesa fra di loro, pertanto Klaus ne approfittò e prese posto alla toilette.
"Solo un anno fa abbiamo sconfitto l'Ombra, uno spirito potente che voleva sterminare la mia famiglia. Voleva avere mia figlia. Per fortuna siamo riusciti a neutralizzarla. Da allora le cose sono cambiate per tutti."
"Cambiate come?"
"Mio fratello Kol è andato a vivere con la sua fidanzata. Freya e Keelin si sono sposate. Mi sorella Rebekah ha preso la cura e aspetta di sposarsi. Mio fratello Elijah ed Hayley, la madre di mia figlia, sono in vacanza."
Artemis strabuzzò gli occhi. Quella famiglia diventava ogni attimo più interessante.
"Tua sorella ha preso la cura? In che senso?"
"Esiste una cura per tornare umani. Rebekah l'ha presa perché ha sempre voluto una vita normale, sposarsi e diventare madre."
"Tu conosci Damon Salvatore?"
Questa volta fu Klaus a restare sbigottito.
"Io sì. Tu lo conosci?"
"Sì! Io e mia madre abbiamo trascorso diverse estati a Mystic Falls e Damon ci ha affittato la casa sul lago dei Gilbert."
"Perché siete andate a Mystic Falls?"
"Non lo so. Mamma diceva che era una bella cittadina per passare l'estate." Disse Artemis.
Il mistero si infittiva, pensò Klaus. Perché Yvette era andata proprio a Mystic Falls? Era una domanda a cui avrebbe dovuto dare una risposta al più presto.
"E' una cittadina deliziosa."
Artemis notò un velo di rossore sulle guance di Klaus e si mise a ridere.
"Io credo che ad essere deliziosa fosse una donna."
L'Originale annuì con un sorriso, il ricordo di Caroline era uno dei suoi preferiti.
"C'era una donna, è vero. Non è andata bene."
"Perché?"
"Perché lei era innamorata di un altro." Disse Klaus.
Artemis intanto stava bevendo il caffè in una tazza di porcellana decorata. Era una che amava i pettegolezzi e l'ibrido glieli stava servendo su un piatto d'argento.
"Anche con la madre di tua figlia non è andata bene."
"La storia tra me ed Hayley è durata il tempo di una notte. Non sono mai stato innamorato di lei."
"Sei davvero sfigato in amore." Commentò Artemis.
Klaus sogghignò, pur dovendo ammettere che la ragazza aveva ragione.
"Sono in vita da più di mille anni e non ho trovato ancora l'amore vero, quindi direi che sono davvero sfortunato."
"Vuoi una pozione d'amore? Liberami e io te la preparo." Si propose Artemis.
"Non mi raggiri così, signorina. Io e te dobbiamo ancora affrontare il nocciolo della questione."
La strega alzò gli occhi al cielo, tutta quella faccenda iniziava a stancarla.
"Non c'è molto da dire. Voglio solo usare il Libro dei Morti per riavere mia madre."
"Come posso avere la certezza che vuoi solo riavere tua madre? Hai detto molte bugie, fidarsi è difficile."
Artemis ripensò alle parole della madre: Devi sempre dire la verità, anche quando fa paura e vorresti fuggire via. Doveva semplicemente smettere di scappare, dire la verità e pagarne le eventuali conseguenze.
"Mi daresti la tua mano?"
"Certo."
Klaus tese la mano e Artemis la racchiuse fra le proprie. Chiuse gli occhi e si focalizzò sulla loro pelle a contatto.
"Demonstrare fiduciam." Sussurrò Artemis.
Un fascio di luce accerchiò le loro mani unite. Klaus sentì uno strano calore irradiarsi nel petto.
"Che succede?"
La strega riaprì gli occhi e lasciò andare la sua mano.
"Era un incantesimo che dimostra la fiducia. È utile per capire se puoi fidarti di qualcuno. Hai sentito calore nel petto?"
"Sì. Che vuol dire?" domandò Klaus.
"Anche io l'ho sentito. Vuol dire che possiamo fidarci l'uno dell'altro. Io davvero rivoglio indietro soltanto mia madre."
Klaus per qualche strana ragione ci credeva. Forse era l'incantesimo della fiducia, forse era lo sguardo limpido di Artemis, ma ora aveva la certezza di dover agire.
"Allora vestiti. Ti porto in un posto."

BLOODY WAR || Klaus Mikaelson Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora