Un brindisi alla strega

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6. UN BRINDISI ALLA STREGA

"Io sono un grande ammiratore del mistero e della magia. Guardate questa vita - è tutta mistero e magia."
(Harry Houdini)

Due giorni dopo
Artemis spesso aveva fantasticato sul primo incontro con suo padre. Aveva immaginato di incontrarlo in un parco e di sedersi su una panchina a mangiare gelato fra chiacchiere e confidenze. Invece, con sgomento da parte sua, stava capitando tutto l'opposto. A separarla dal genitore c'era soltanto una porta di legno a doppio battente. Era nervosa. I palmi delle mani sudavano e asciugarli sulla salopette era diventato ben presto un tic. Chiuse gli occhi per regolare il respiro, come le aveva insegnato Darren durante le loro lezioni di meditazione. Magari era brava a gestire le emozioni altrui, ma quando si trattava di sé non era mai in grado di districarsi. Sentiva la voce di Klaus, era ovattata per via della porta ma poteva captarne il sarcasmo tagliente.
"Sei più forte delle tue paure." Esordì Freya.
Artemis era così felice che la strega l'avesse raggiunta. Un altro secondo da sola con la sua mente incasinata e sarebbe crollata.
"Io già lo conosco. Quando io e mia madre passavano le estati a Mystic Falls, affittavamo una casa sul lago e lui era il nostro vicino. Diceva di chiamarsi Brian Preston."
"Ciò significa che già conosci il mostro che si cela dall'altra parte." Disse Freya.
Artemis si guardò le mani, ciascun dito erano ornato da un anello. Un gioiello la fece sorridere, era un anello con una piccola pietra blu che apparteneva a sua madre. Malgrado avesse paura di affrontare il mostro, doveva farlo per riavere sua madre.
"Grazie, Freya."
Freya le regalò un verso sorriso per la prima volta e le diede una pacca sulla spalla.
"Io e Keelin ti aspettiamo di sotto."
Artemis annuì, sentiva una nuova energia fluire dentro il corpo. Abbassò la maniglia ed entrò nello studio di Klaus a testa alta.
"Tu devi solo tac- ... oh, Artemis. Accomodati, mia cara." La invitò Klaus.
Nella stanza c'era anche Gabriel, appollaiato alla finestra come un gatto che osserva il mondo con distacco. Artemis gli scoccò un'occhiataccia, dopo avrebbe fatto i conti anche con lui.
"Artemis."
Quella voce le fece venire tremendi brividi freddi lungo la schiena. Aveva già sentito quel tono risoluto, eppure sembrava lo ascoltasse per la prima volta.
"E' così che mi chiamo, se ti interessa."
Artemis piantò gli occhi in quelli di Klaus in cerca di conforto. L'Originale annuì come a dare tutto il suo sostegno.
"Lo so che ti chiami così. E mi interessa. Mi è sempre interessato di te." disse Oscar.
"Mmh. Questa l'hai rubata da qualche film strappalacrime?"
Artemis si voltò con uno scatto e Oscar sobbalzò sulla sedia. Ora erano faccia a faccia, nessuna via di scampo. L'uomo era invecchiato, i capelli color caramello era striati di grigio sulle tempie e intorno alla bocca vi erano rughe marcate.
"Non essere aggressiva. Ci sono delle cose che non sai. Io e tua madre ..."
"Voi cosa? Avete commesso un errore e poi tanti cari saluti?"
Oscar sbarrò gli occhi e indurì la mascella, al che Klaus si mise in allerta.
"Tu non sei un errore. L'unico ad aver sbagliato sono io. Avrei dovuto lottare per te, avrei dovuto sfidare la mia congrega per te, però ero terrorizzato e ho preferito abbandonare tua madre. Sono stato un uomo meschino, lo so, ma era l'unico modo per tenerti al sicuro."
"Blah, blah, blah. Non mi dici nulla di nuovo." Replicò Artemis.
Gabriel sghignazzò e Klaus lo fulminò con lo sguardo per farlo zittire. Il cuore di Artemis batteva all'impazzata, quasi temeva che le schizzasse fuori dal petto.
"Perché non ci sono scuse per come ho agito. Avevo paura per Miriam e Nathaniel, dovevo proteggere sia loro che te e ho scelto l'unica strada che mi sembrava sicura. Artemis, tu sei nata da due stirpi diverse di streghe e questo ti rende unica. Mia madre, mia sorella e la mia Congrega ti avrebbero uccisa volentieri."
Artemis fece spallucce, fingendo una freddezza che non provava. Klaus poteva sentire i suoi sentimenti rimescolarsi in lei come il pentolone di una strega.
"La tua congrega mi voleva morta e la congrega di mia madre mi voleva morta, il messaggio di morte mi è arrivato forte e chiaro. Ma tu sei qui per un altro motivo."
Oscar si alzò e fece un passo verso la ragazza, però Klaus si mise in mezzo come una guardia che difende la propria regina.
"Resta seduto, ti conviene. Taci e ascolta cosa ha da dirti Artemis."
Oscar tornò a sedersi, le spalle ingobbite per l'offesa di essere stato messo all'angolo da un ibrido spocchioso.
"Ti ascolto."
Artemis guardò Klaus, parlavano un linguaggio muto attraverso gli sguardi.
"Miriam ha qualcosa che mi serve. Qualcosa di molto prezioso che devo ottenere entro mezzanotte."
"Di che stai parlando? Miriam non possiede nulla che possa interessarti." Disse Oscar.
"La tua figliola si è fatta costruire una cassaforte tre mesi fa." Gli comunicò Gabriel.
"Di solito nelle casseforti nascondiamo oggetti preziosi." Rimarcò Klaus.
Artemis incrociò le braccia e si sedette sulla poltrona di Klaus, l'imbottitura di velluto nero era davvero comoda.
"E una cassaforte significa codici di accesso. Poiché Miriam è una strega, sono certa che abbia usato degli incantesimi di protezione."
"Che cosa mi state chiedendo?" volle sapere Oscar.
"Voglio che tu abbatta le barriere magiche che proteggono la cassaforte."
"E poi? Non posso rubare in casa di mia figlia."
"A quello ci pensiamo noi." disse Gabriel, un ghigno sulle labbra.
"Cosa c'è di tanto prezioso in quella cassaforte?" domandò Oscar.
Artemis tamburellò le dita sulla scrivania, il rumore simile ad un corvo che gracchia.
"Il Sacro Graal."
Klaus si morse le labbra per non ridere, così come Gabriel soffocò una risata nel gomito. Oscar contrasse i muscoli in un'espressione allibita.
"Perché mai dovrei aiutarvi?"
"Perché altrimenti uccidiamo i tuoi figli."
"Artemis ..."
Artemis non provò nessuna pietà per l'uomo. Era il suo genitore biologico, ma non era suo padre e mai lo sarebbe stato. Aveva liquidato sua madre come fosse spazzatura, l'aveva fatta scappare da New Orleans e poi aveva finto per riavvicinarsi. Non si poteva fidare di lui.
"Abbatti quelle barriere magiche entro mezzanotte, oppure Miriam e Nathaniel moriranno."
Gabriel agguantò il braccio di Oscar e lo spinse verso la porta, sarebbe rimasto con lui per assicurarsi che non avrebbe avvisato i suoi figli.
"Andiamo, streghetto, abbiamo del lavoro da fare."
Rimasti da soli, Artemis si accasciò sulla poltrona e buttò fuori l'aria compressa nei polmoni. Klaus le sfiorò il mento con le dita, una lieve carezza ma confortante.
"Come stai?"
"Delusa. Arrabbiata. Ma soprattutto determinata."

Quando le campane di Saint Louis rintoccarono le otto di sera, Artemis si guardò allo specchio un'ultima volta e si chiuse la porta alle spalle. Andò verso la stanza di Klaus, bussò e attese una risposta.
"Avanti."
"Klaus, sono pr-..."
Artemis rimase con la bocca semiaperta. Klaus era a petto nudo e girovagava in cerca di una camicia da abbinare al completo elegante. Dal pettorale sinistro sino alla spalla correva un tatuaggio formato da una serie di piume. Con lo sguardo seguì ogni singolo muscolo teso, il cuore in gola.
"Artemis? Sembra che tu abbia visto un morto."
La ragazza scosse la testa per risvegliarsi e accantonare ogni fantasia. Aggrottò le sopracciglia.
"Tu sei morto per metà, quindi sto guardando un mezzo cadavere."
Klaus rise, poi tornò a rivestirsi. Mentre si abbottonava la camicia bianca, i suoi occhi scrutavano Artemis di nascosto. La ragazza si era seduta sul letto e muoveva le dita a ritmo, forse stava canticchiando qualche motivetto nella sua testa. Indossava un abito di Rebekah, uno dei tanti che aveva lasciato a palazzo, e sembrava troppo sofisticato per lei. Era un tubino di seta verde smeraldo con le maniche a tre quarti bordate di pizzo argentato. In vita una sottile fascia di perline bianche circondava la sua figura.
"L'abito che indossi è stato cucito a mano per Rebekah da Coco Chanel." Disse Klaus.
Artemis sbuffò, aveva notato l'etichetta della sartoria francese mentre si era preparata.
"Una ragione in più per levarmelo subito di dosso. Chanel era una spia nazista, ma tutti preferiscono ricordarla come la grande stilista che ha rivoluzionato la moda femminile. Vallo a dire agli ebrei che ha denunciato alle SS!"
"Tu devi sempre fornire i dati storici?" scherzò Klaus.
Artemis lo guardò in cagnesco, nessuno poteva ironizzare sulla sua passione per la storia.
"Sì. Qualche lamentela al riguardo?"
"Assolutamente no. Del resto, i nazisti non piacciono neanche ai vampiri."
"Quelli non piacciono a nessuno. Allora, qual è il piano?"
Klaus intanto si era sistemato la camicia e stava passando in rassegna le cravatte di Elijah, l'indice che picchiettava sul mento.
"Secondo te dovrei indossare la cravatta azzurra a rombi o quella color magenta?"
Artemis chiuse l'armadio con un gesto della mano, la rabbia le corrugava la fronte.
"Non giocare con me, Mikaelson. Dimmi qual è il piano."
Erano così vicini che Klaus poteva udire il sangue fluire nelle sue arterie come un fiume in piena. I battiti cardiaci erano aumentati e un lieve rossore le era affluito sulle gote.
"Noi andremo alla festa e terremo d'occhio Miriam, mentre Gabriel e Oscar scassineranno la cassaforte magica."
"Gabriel non è stato invitato ad entrare in casa di Miriam, quindi non può vigilare su Oscar. Il tuo piano dipende da un tizio che mi ha donato i geni e si è volatilizzato? Idea stupida."
"Oppure abbiamo un'alleata umana che lavora per noi." Disse Klaus, soddisfatto.
Artemis si morse le labbra, reprimendo quella vocina nella sua testa che le gridava di farsi più avanti. Da quella minima distanza poteva osservare bene la bocca dell'ibrido, piena e rosea da riempire di baci.
"Strategico. Mi piace."
Klaus foggiò un sorrisetto malizioso e si abbassò per parlarle all'orecchio.
"Dubita che le stelle siano fuoco, ma non dubitare mai di me."
"Infatti, le stelle non sono fuoco. Sono sferoidi di plasma." Dichiarò Artemis.
Il cigolio della porta spezzò l'atmosfera carica di tensione. Freya li guardava con fare confuso.
"Siete pronti? La festa è già iniziata."
"Quale cravatta?" domandò Klaus, sollevando le due cravatte.
"Senza cravatta. Datti una mossa." Disse Artemis.

Jackson Square ospitava la sede del comune in uno dei tanti edifici di epoca coloniale. L'area era stata transennata per creare ampie aree di parcheggio e per permettere agli invitati di accedere alla struttura senza doversi districare nel traffico.
"Stavo pensando a una cosa." Esordì Artemis.
"Ora sono preoccupato." disse Klaus.
La ragazza gli diede una gomitata che lo fece soltanto ridere.
"Perché Miriam è stata buona? Insomma, è probabile che sappia che sono sua sorella. Sa che suo padre è vivo. Sa che cerchiamo il Libro dei Morti e lei stessa ne possiede alcune pagine. Non ti sembra strano?"
Klaus le offrì il braccio e Artemis accettò, doveva ammettere che quella galanteria le piaceva.
"Se Miriam Cooper se ne sta buona pur avendo queste informazioni, allora sta pianificando qualcosa. È perfida, davvero perfida. Mi ricorda mia madre, il che non è mai un complimento."
"Stiamo per morire?" domandò Artemis.
"Probabile." Rispose Klaus.
"Mmh, poteva andarci peggio."
Dopo aver varcato l'ingresso, mostrarono l'invito e fu loro concesso di entrare. La sala era stata allestita sui toni del lilla, dalle tende ai palloncini tutto era una distesa di viola chiaro. Anche lo champagne che i camerieri portavano in giro fra i presenti era rosa per via della fragola che galleggiava sul bordo. Artemis afferrò al volo due calici e ne diede uno a Klaus. Mentre l'Originale sorseggiava con calma il liquido frizzante, la ragazza lo trangugiò in poche sorsate.
"Dovresti andarci piano con lo champagne." Le consigliò Klaus.
Artemis lo liquidò con un gesto della mano, non voleva sorbirsi una paternale ad una festa. Poi all'improvviso avvertì nel sangue quello strano formicolio, come se le sue vene venissero pizzicate come le corde di un'arpa.
"Miriam o Nathaniel?"
Klaus capì la sua domanda quando vide i fratelli Cooper entrare in sala con al seguito Andrew, il quale sembrava un cane da compagnia ma senza guinzaglio.
"Entrambi. Esco ad avvisare Gabriel, tu resta qui e non combinare guai."
Artemis sbuffò. Odiava restare bloccata mentre intorno a lei tutti entravano in azione. L'unico passatempo valido fu ingozzarsi di crostini al salmone che i camerieri disponevano sui tavoli rotondi della sala.
"Se mangi tutti gli stuzzichini, non resterà nulla per gli ospiti."
Artemis incrociò il sorriso timido di Andrew, un pezzo di salmone in bilico all'angolo della bocca.
"I crostini sono davvero ottimi e si abbinano con lo champagne."
"A Miriam piace fare le cose in grande." Disse Andrew.
Sembrava triste e abbattuto, anche se avrebbe dovuto essere al settimo cielo per la vittoria elettorale della moglie.
"Andrew, ora flirti anche con le ragazze più giovani? Che birbantello."
Alle spalle di Artemis era sbucato Nathaniel, il sorriso smagliante di uno pronto a staccarti la testa a morsi.
"È arrivato l'uomo di mondo che si comporta come un bulletto perché la madre non gli ha voluto abbastanza bene."
"Sei adorabilmente meschina." Disse Nathaniel.
"Sarà un tratto di famiglia." Ribatté Artemis.
Sentiva l'ansia che le aggrovigliava lo stomaco, una sensazione spiacevole e che acuiva il formicolio del corpo. Poteva sentire la magia vibrare dentro Andrew e Nathaniel, la stessa conservata nel suo sangue. Provò un'ondata di conforto quando Klaus comparve al suo fianco, la mano calda ad accarezzarle la schiena.
"Signori, c'è una ragione per cui state importunando la mia dama? Sarebbe un vero peccato tingere le pareti col vostro sangue."
Nathaniel serrò la mascella, però continuò a sorridere per dissimulare il fastidio.
"Non potrei mai sopportare una Miriam furibonda, quindi adesso vado a ubriacarmi."
Andrew chinò il capo in segno di saluto e seguì il cognato, un cane che va appresso al padrone.
"Tutto bene?" bisbigliò Klaus.
"Sì, non mi hanno detto o fatto niente. Nathaniel stava sondando il terreno." Disse Artemis.
Scansionò la sala in cerca di Miriam. La vide ridere con alcuni assessori, sembrava una donna normale e non la strega che regnava sulla città.
"Artemis."
"Sì?"
Artemis riportò l'attenzione su Klaus, le stava tendendo la mano destra con un sorriso.
"Mi concedi questo ballo?"
Soltanto allora lei si rese conto che il quartetto di violini sul palco stava suonando le note di 'She's Always a Woman' di Billy Joel. Non aveva mai ricevuto un tale invito, guardava la mano dell'Originale come se fosse un arto mozzato. Era andata in molti locali con Lauren e Darren, si era scatenata sulla pista da ballo fino allo sfinimento, ma non aveva mai ballato un lento.
"Ehm, sì, sì ... d'accordo."
Klaus la condusse al centro della sala in mezzo alle altre coppie che avevano incominciato a danzare.
"Di solito si balla a una distanza più ravvicinata." Scherzò lui.
Artemis notò di essere rimasta immobile, una statua priva di linfa vitale. I tacchi picchiarono sul pavimento lucido quando si lasciò abbracciare da lui. Klaus fece scivolare la mano sulla sua schiena in un tocco deciso.
"E' una bellissima canzone. Mia madre adorava Billy Joel." Disse Artemis, malinconica.
"Io e lei siamo andati ad un concerto di Joel nel 1994. È stata una serata incredibile. Tua madre era stonata come una campana."
Artemis scoppiò a ridere, ricordava le sue orecchie fumare quando la madre cantava sotto la doccia.
"Sì, era davvero terribile. Però mi mancava persino la sua voce stonata."
"Yvette manca anche a me. Lei era una vera amica." Disse Klaus.
"Grazie per condividere con me i ricordi che hai di lei."
La ragazza fece una giravolta su se stessa per poi ritrovarsi di nuovo fra le braccia dell'ibrido. Ridacchiò d'istinto, non sapeva di essere in grado di ballare così. Klaus la strinse più forte, questa volta le circondò i fianchi con le mani. Artemis di riflesso appoggiò la guancia sul suo petto. Ciondolarono abbracciati per qualche altro minuto, l'uno confortato dal calore dell'altra.
"Canta una strofa solo per me." Sussurrò lui.
Artemis amava cantare ed esibirsi, ma in qualche modo quella richiesta la mise a disagio. Cantare per qualcuno, fare una dedica personale, era un livello alto di intimità.
"She can kill with a smile, she can wound with her eyes, and she can ruin your faith with her casual lies and she only reveals what she wants you to see. She hides like a child but she's always a woman to me. She can lead you to love, she can take you or leave you. She can ask for the truth but she'll never believe you. And she'll take what you give her as long as it's free."
Ogni parola della canzone fu un tonfo al cuore per Klaus. Ciascuna strofa sembrava parlare di Artemis, del suo modo di uccidere con un sorriso, di mentire, di lottare per ciò che desidera, del suo modo di nascondersi e di prendersi ciò che vuole. Ma soprattutto Artemis aveva la capacità di guidarlo ai sentimenti, di concederli o toglierli. Lei aveva il coltello e lui si sarebbe fatto pugnalare con piacere.
"... and the most she will do is throw shadows at you, but she's always a woman to me."
Un applauso scoppiò nella sala quando il quartetto finì di cantare. Artemis smise di cantare, un accenno di rossore le velava le gote.
"Straordinaria." Si complimentò Klaus.
Artemis si tuffò su di lui per abbracciarlo. Erano mesi che non provava quella sensazione adrenalinica. Da quando sua madre era morta tutto si era spento, ma quella sera la luce si era riaccesa per qualche breve istante.
"Sono così euforica che mi gira la testa."
"Andiamo a prendere una boccata d'aria? C'è un giardino sul retro." Disse Klaus.

"Lo champagne è troppo forte, sento lo stomaco sottosopra." Disse Artemis.
Klaus stava bevendo il terzo calice di champagne con noncuranza, del resto su di lui l'alcol non sortiva chissà quale effetto. Faceva fresco fuori, la luna si rispecchiava sulle aiuole in fasci di luce argentata. Non c'erano fiori nel giardino del comune, solo piccoli alberi da frutto e numerose aiuole di forme diverse.
"C'è una panchina. Siediti." Disse Klaus.
Artemis si accomodò sulla panca di pietra e allungò le gambe. Sebbene fosse maggio, tirava un vento fresco che si infilava in ogni pertugio del suo abito. Si strinse nelle spalle per combattere il freddo.
"Sai sotto quale albero sei seduta?"
Artemis alzò la testa e vide un ramo lungo che scendeva come fosse una lacrima.
"E' un salice. Perché?"
Klaus strappò una foglia e se la rigirò fra le dita, un sorriso sornione dipinto sulle labbra.
"Spesso i salici ospitano foglie di vischio. E' una rarità."
Artemis parve confusa, poi comprese il riferimento alla pianta del vischio.
"Non è il momento di festeggiare il Natale, sei troppo in anticipo."
"Ma è il momento per un bacio. Non sia mai che il vischio vada sprecato."
Klaus le scoccò uno sguardo ricolmo di desiderio che la fece deglutire a fatica. Artemis vacillò, le gambe le tremavano come le foglie scosse dalla brezza notturna.
"Potrei maledirti con un bacio."
"Mi maledici se adesso non mi baci." Disse Klaus.
Artemis si morse le labbra, non voleva sorridere come una quindicenne davanti alla sua cotta.
"Mi stai forse sfidando, Mikaelson?"
"Apprezzo una buona dose di maledizione."
"Klaus, non scherzare. Non è divertente." Disse Artemis a disagio.
Klaus le circondò la vita col braccio, la mano sinistra che ancora reggeva la foglia di vischio oblunga.
"Vorrà dire che mi prenderò la condanna da solo."
In un battito di ciglia le labbra di Klaus stavano baciando Artemis. Lei voleva staccarsi, magari tirargli un ceffone, invece ricambiò con maggiore intensità. Era come se quel bacio fosse rugiada che bagnava i fiori e li illuminava. Artemis sorrise e Klaus ne approfittò per mordicchiarle il labbro. Ingaggiarono un nuovo bacio, più passionale del precedente, una fiamma che cresceva dismisura. Artemis gli accarezzava la nuca con le unghie mentre lui approfondiva il contatto. Erano talmente stretti che fra di loro non passava uno spiraglio di vento. Dapprima a prevalere era stato il dolce sapore dello champagne, poi si tramutò in uno spiacevole retrogusto amaro.
Artemis si staccò con uno slancio all'indietro, gli occhi sgranati. Si portò una mano sulla bocca come a volersi pulire.
"No, no, no!"
"Qualcosa non va?" chiese Klaus, timoroso.
"Miriam ha contaminato lo champagne con un filtro magico. Quando l'effetto dei filtri si esaurisce viene rilasciato un sapore amaro nella bocca."
"Un filtro di che tipo? Mortale, intendi?"
Artemis ingoiò la bile che le era risalita nell'esofago. Voleva correre il più lontano possibile, dimenticare quegli istanti e lasciarsi alle spalle quella serata. Ma non poteva, doveva affrontare la realtà.
"Era un filtro d'amore. Il nostro bacio era falso. Siamo indotti dallo champagne a baciarci."
Klaus vide le proprie illusioni sgretolarsi davanti agli occhi. Artemis aveva appena definito il loro bacio una farsa, uno scherzo indotto dalla magia. Non sapeva se ridere o piangere per la crudeltà di Miriam.
"Klaus! Klaus, dannazione! Dove sei?"
Freya quasi inciampò in una aiuola a forma di castoro quando li raggiunse. Era sudata e affannata, segno che aveva corso per essere lì.
"Che succede?"
"Le cose non sono andate come speravamo. Dovete tornare subito a casa."

Klaus spalancò i cancelli del palazzo con una forza tale da far tentennare i cardini. Keelin sobbalzò, rasserenandosi solo quando riconobbe sua moglie e suo cognato.
"Ebbene, cosa è andato storto?" volle sapere Klaus.
Artemis vide Gabriel e suo padre seduti in cortile, con loro c'era una ragazza dalla pelle bianca e liscia come la porcellana.
"Lei chi è? E cosa diamine sta succedendo?"
"Mi chiamo Florie. Sono l'umana che ha rischiato la vita per te." disse la ragazza.
Artemis non la degnò di uno sguardo, piuttosto fissò suo padre finchè lui non la guardò in faccia.
"Ho aperto la cassaforte ma non Florie non ha avuto tempo per prenderne il contenuto. Miriam è rientrata prima, ha attivato gli incantesimi che proteggono casa sua e noi siamo scappati per un pelo."
"E' tutto vero." confermò Gabriel.
La campana di Saint Louis suonò come una sentenza: era mezzanotte. Ufficialmente era il ventisette maggio. Artemis si mise la testa fra le mani e si inginocchiò in preda alla disperazione.
"Dannazione."
"Perché fa così?" chiese Oscar, ansioso.
Freya guardò la luna in cielo, mancava un solo spicchio perché fosse piena. Come ogni buona strega, sapeva che gli astri erano validi alleati naturali.
"Artemis, mi dispiace tanto."
Klaus si avvicinò alla ragazza con cautela, temeva di toccarla e di vederla frantumarsi come vetro fragile.
"Artemis ..."
"No! Non toccarmi! E' colpa tua!" sbraitò lei.
Artemis aveva perso la sua occasione. Ogni soldo speso, ogni minuto in cella, ogni ora trascorsa sui libri, nulla aveva valso la pena.
"Sono mortificato. Sai che volevo riportarti tua madre." Disse Klaus.
"E invece l'ho persa per sempre! Quella cazzo di luna sarà piena fra due giorni e io non ho l'incantesimo che mi serviva per resuscitarla. Io non ho niente!"
Artemis era una tempesta, fulmini e tuoni la scuotevano sin nelle viscere. Era furibonda, ferita, poteva esplodere di dolore. Il ventinove di maggio la luna sarebbe stata piena e lei avrebbe sfruttato l'evento celeste per assorbire magia e attuare l'incantesimo. Il piano era andato in fumo: suo padre non aveva recuperato l'incantesimo dalla cassaforte e la luna piena entro pochi giorni sarebbe svanita.
"Possiamo riprovarci al prossimo plenilunio. Possiamo provare a manomettere di nuovo la cassaforte. C'è ancora speranza."
Artemis fece una risata senza divertimento. Era una risata in cui risuonava la sua rabbia cieca.
"Non posso ritardare oltre. Devo farlo prima che il corpo di mia madre si decomponga del tutto. Sono passati già sei mesi, i vermi della sua tomba la stanno mangiando da tempo."
Tutti abbassarono lo sguardo a quello scenario macabro. Certo, erano abituati al dolore e alla morte, ma alla perdita non ci si abituava mai.
"Allora troveremo un altro evento celeste nelle prossime settantadue ore." Disse Klaus.
Artemis sospirò, la rassegnazione le si era appiccicata addosso come sangue rappreso.
"Non c'è nessun altro evento celeste. Ho perso la mia occasione. Ho perso mia madre per sempre."
Oscar camminò verso la figlia con i pugni serrati lungo i fianchi, la stessa espressione fiera di Miriam.
"E' giusto così. I morti devono restare morti. La natura ha un suo equilibrio."
"Vaffanculo tu e le tue idiozie sull'equilibrio naturale! Vaffanculo tu e tutta la tua famiglia di psicopatici!"
Artemis corse su per le scale per rifugiarsi in camera. Non avrebbe resistito un secondo di più in compagnia di quell'uomo spregevole.
Venti minuti dopo Klaus si era isolato nello studio, lungi dal frastuono dei battibecchi fra Gabriel e Oscar.
"Klaus, ti vedo turbato. E' successo qualcosa alla festa?"
Keelin era brava a leggere le persone, forse era il suo istinto da medico oppure il suo istinto da lupo, eppure decifrava chiunque come fosse una lingua conosciuta.
"Alla festa io e Artemis ci siamo baciati, ma a quanto pare si trattava di in un intruglio d'amore. Miriam ha drogato lo champagne, che regina del male con i fiocchi."
"E perché sei così dispiaciuto?" lo punzecchiò Keelin.
Klaus guardò la foto di Hope sulla scrivania e sorrise, sentiva la mancanza della sua bambina.
"Perché vorrei che quel bacio fosse reale. Io credo di essermi invaghito di Artemis."
"E' chiaro come il sole a tutti, fidati."
L'originale abbozzò un sorriso, era stato colto in flagrante. Era uno spirito profondamente romantico e questa era la sua debolezza. Si innamorava e lo faceva con tutto il cuore.
"Klaus, abbiamo un problema. L'ennesimo, oserei dire!" strillò Freya dal cortile.
Quando Klaus e Keelin scesero, i cancelli del palazzo erano aperti e uno di essi era addirittura stato scardinato.
"Artemis se n'è andata. E' scappata." Disse Gabriel, sconsolato.
Per un secondo il mondo sembrò fermarsi. Klaus sbatté le palpebre come se Artemis comparisse di lì a poco nel cortile. Però non accadde. Lei era fuggita davvero.
"Freya, avvisa Vincent e Rebekah. Gabriel, tu metti in allerta i vampiri."
"Dobbiamo trovarla il prima possibile. La ragazza ha preso due fiale di morfina." Disse Florie.
La borsa da lavoro di Keelin era aperta, mancavano all'appello due fiale di morfina e una siringa.
"Che ha in mente quella ragazzina?"

Artemis aveva il fiato corto per la lunga e sfiancante camminata. Da Bourbon Street aveva raggiunto a piedi il cimitero Greenwood. Il suo obiettivo non era del tutto andato perso, poteva ancora fare qualcosa per riavere sua madre. Non aveva di certo combinato guai in due paesi per poi vedere ogni speranza distrutta. Ora si faceva a modo suo, e si trattava di adottare metodi estremi. Si tolse la felpa e sollevò la manica del vestito, lo indossava per via della fuga improvvisata. Aspirò la morfina con la siringa e si iniettò la sostanza nel braccio destro. In pochi minuti il suo corpo avrebbe reagito facendola collassare, quindi si distese all'ingresso del cimitero e attese di addormentarsi. Quando non fu più in grado di restare lucida, chiuse gli occhi e si abbandonò al buio.
Se gli spiriti si rifiutavano di andare da lei, sarebbe stata lei ad andare da loro.

"Svegliatevi, su. La pigrizia umana, che piaga!"
Artemis si risvegliò con la vista annebbiata. Si mise seduta mentre i suoi occhi si abituavano all'ambiente. Si trovava ancora davanti al cimitero, il cancello sigillato da un catenaccio, ma l'atmosfera era diversa. Trasalì quando vide il suo corpo disteso per terra.
"Siete sorda o soltanto stupida?"
Si voltò con calma, tentando di contenere il panico, e vide una donna sulla cinquantina con i capelli arricciati sulle tempie e il naso aquilino. Indossava un elaborato abito nero dalle maniche gonfie e la sottana a balze.
"Perché mi fissate? Farei una battuta sull'aver visto un fantasma, ma non mi sembra il caso."
"S-salve ... dove mi trovo?"
La signora alzò gli occhi al cielo e borbottò in francese.
"Siete davvero stupida, Miss ..."
"Artemis Dumont."
"Miss Dumont, voi siete morta. Vi siete iniettata una strana sostanza nel braccio e siete crollata al suolo. Vi trovate dall'Altra Parte, ovvero nel mondo dei morti."
Artemis batté le mani per la felicità. Finalmente aveva ottenuto ciò che voleva: morire era l'unico modo per farsi accettare dagli spiriti. Doveva parlare con loro per capire come agire.
"Strabiliante cosa possa fare la morte! Allora, voi siete ..."
Considerati il linguaggio forbito e gli abiti della donna, doveva essere una defunta dell'Ottocento.
"Marie-Sophie Germain. Sono ..."
"Lo so chi siete! Voi siete una matematica! E vostro padre era il rappresentante del Terzo Stato durante la Rivoluzione Francese! Per la miseria, la morte non è poi così male!"
Artemis stava saltellando sul posto. Non aveva mai pensato di incontrare un personaggio storico, invece era bastata un pizzico di morfina in più per farle conoscere una delle donne più importanti del Settecento.
"Noi abbiamo fatto la Rivoluzione e il mondo moderno l'ha smantellata." Disse Marie-Sophie.
"Colpa di Napoleone. Voglio dire, uno che si autoproclama imperatore e che impone un blocco continentale deve avere qualche rotella fuori posto."
Marie-Sophie rise, trovandosi d'accordo con l'opinione sul generale francese.
"Voi non siete poi così stupida, Miss Dumont. Perché siete qui?"
"Cerco risposte. I miei antenati non mi accettano perché sono un incrocio fra Congreghe."
"Lo so. Io ero sposata con Francois Dumont, un tuo antenato che si intendeva di magia. Era uno sciamano della Congrega dei Corvi."
"Lui è qui?" domandò Artemis.
"No. Miss Dumont, nessuno dei vostri antenati risponderà alla vostra richiesta di aiuto."
"E perché voi siete qui?"
Marie-Sophie si sistemò i guanti sulle mani, erano neri come il suo abito. Quello era probabile fosse il suo abbigliamento da funerale.
"Perché credo nella forza delle donne. Se vi siete tolta la vita pur di risolvere i vostri dilemmi, è bene che abbiate una guida. Vi considero come un problema di algebra: una matassa ingarbugliata da snodare."
"Grazie, Miss Germain." Disse Artemis con un regale inchino.
"Venite con me, cerchiamo di risolvere il vostro rebus."

Salve a tutti! 🥰🧡
E proprio sul più bello un filtro magico rovina le cose! Ora Artemis farà anche un viaggio del mondo dei morti, chissà cosa succederà.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.
*Coco Chanel era davvero una spia al servizio dei nazisti.
*Marie-Sophie Germain (1776-1831) è davvero esistita ed era una matematica, oggi è un'icona del femminismo.

BLOODY WAR || Klaus Mikaelson Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora