Ero tormentato. La mia testa indicava una direzione, mentre il mio cuore indugiava pesantemente su una scelta che non sarebbe stata semplice, ed a nessuno piacciono le scelte difficili, nessuno ha voglia di complicarsi la vita volontariamente. Eppure non riuscivo a staccare il mio piede da quella posizione, non riuscivo a seguire la mia testa, la mia idea iniziale, ed adesso rimanevo lì fermo a guardare la strada vuota d'innanzi al mio sguardo, indeciso.
Erano ormai le 23 e non potevo indugiare ancora se volevo recuperare il mio rapporto con lei, dovevo tornare indietro, dovevo chiederle scusa, e lei mi avrebbe abbracciato piangendo, avrebbe battuto i suoi pugni sul mio petto, avrebbe soffocato i suoi singhiozzi sulla mia spalla ed avrebbe atteso la mia stretta e si sarebbe goduta ancora una volta le mie dannate scuse. Perché lei sapeva che tra noi funzionava così, sapeva che tornavo sempre, era sicura del fatto che non riuscissi a vivere la mia vita senza i suoi dolci occhi blue, i suoi fianchi snelli, le sue battute piccanti, il suo essere donna. Lei sapeva che ero succube del suo modo di fare, del suo modo di muovere la testa di lato correggendosi in maniera sistematica il ciuffo ribelle che costantemente le cadeva sull'occhio. Sapeva che ero innamorato di questi suoi gesti frivoli, lei sapeva o meglio era convinta di sapere. Era convinta che non potessi vivere senza di lei, senza la sua perfezione, era convinta che potesse sempre farmi sentire in colpa, che potesse sempre girare la frittata, che dovessi sempre tornare da lei per essere sottomesso al suo volere e piegarmi ai suoi desideri più assurdi e strani.
Ero lì, fermo a guardare le chianche bianche, a studiarmi le fughe sporche tra le varie lastre ed i miei piedi questa volta non volevano ripercorrere il viale, non volevano tornare verso la mia tortura, non volevano seguire gli impulsi dettati dai miei neuroni. Rimanevo lì fermo a studiare i vari riflessi che i lampioni disegnavano sulla strada, piena di vetri di qualche bottiglia rotta chissà quando e da chi e soprattutto perché.Il mio cuore era certo che fosse giunto il momento di prendere questa agognata decisione, di lasciar perdere questa storia che mi consumava ormai da anni e che mi rendeva schiavo di una donna bellissima, capricciosa e maledettamente ricca. Ma come potevo portare avanti i miei progetti, senza il suo aiuto? Come avrei potuto portare a termine il mio sogno nel cassetto? Lei era essenziale in tutto ciò, ma ero stanco di ricevere frecciate e battutine, di essere criticato, di essere messo in ridicolo da tutta la sua famiglia ed amici. Ormai ero lo zimbello di tutti, lo zerbino consunto, logorato dallo strofinio delle parole ficcanti che si sprecavano e che fioccavamo sulla bocca di tutti. Ero però tormentato dal fatto che realisticamente non avrei potuto portare avanti i miei progetti, avrei dovuto rinchiuderli nel cassetto ed attendere tempi migliori.
Ma dentro di me, questi pensieri freddi e razionali non attecchivano più. A volte si giunge ad un punto di rottura che ti porta a ridefinire i tuoi orizzonti ed i tuoi punti fermi.
Era il momento.
Non dovevo più seguire la mia razionalità.
Ormai era il momento del cuore.
STAI LEGGENDO
Alle 14:12
Short StoryLa storia di un uomo comune, perso nelle sue convinzioni, perso nelle sue idee, che viene inseguito da un amore 'eterno, ma non troppo'.