Scendendo dal marciapiede, guardo attraversare la strada una coppia di ragazzi che si tengono per mano e che ridono felici.
'Beata gioventù', e vado verso il bar a pendermi il solito cappuccino e cornetto - Buongiorno Franco - grido rivolgendomi al gestore che mi liquida con un gesto della mano, indaffarato come sempre a quell'ora con tutti i clienti che ronzano come api, pronti ad affrontare la giornata lavorativa. Mi siedo sulla panca posta nell'angolo, lontano dal via vai vicino all'ingresso ed attendo la signorina che come ogni mattina arriva già con il suo sorriso preformato stampato sulle labbra, ma che nasconde la sua voglia di cambiare aria e di volare altrove, magari in un nuovo alveare pieno di altre api. - 'Giorno, solito? - mi chiede, - Sì grazie e magari se c'è il giornale degli annunci gentilmente - risposi di rimando. Ormai ero costantemente alla ricerca di qualcosa che poteva farmi sbarcare il lunario, qualche lavoro che potesse rendere meno penosa la mia grigia giornata.
Da quando avevo deciso di recidere il cordone ombelicale con Elisabeth, le giornate si erano susseguite con una uguale apatia una dopo l'altra ed ero in cerca di qualcosa che potesse cambiare questo piattume in qualcosa di più vivibile. - Prego - mi porse il giornale con noncuranza - il suo ordine arriva tra qualche secondo - continuò la cameriera, - Grazie - risposi secco. Anche se mi presentavo ogni mattina alla stessa ora, con la cameriera non ero mai riuscito a stabilire un minimo di empatia. Presi il giornale ed incominciai a scorrere i vari annunci, che sostanzialmente conoscevo a memoria, visto che erano gli stessi del giorno prima e del giorno prima ancora. In questi periodi di crisi, era difficile trovare qualcosa di nuovo, qualcosa che valesse la pena tenere in considerazione. Ma ero pigro e poco propenso in verità a cambiare la situazione. Non mi piangevo addosso, non ero un tipo che si autocommiserava, era solo che avevo bisogno di tempo per assorbire il cambiamento.
Arrivò il cappuccino ed il cornetto, che come sempre sembrava del giorno prima e magari lo era. Forse Franco lo riservava per me, nella speranza di indurmi a cambiare bar e non vegetare lì per una buona ora ogni giorno, perso nei miei pensieri ad occupare un posto magari più utile per qualche cliente più facoltoso e spendaccione. Ma quell'ambiente mi piaceva, col suo stile particolare, con le foto appese sui muri che ritraevano il proprietario con diversi artisti, cantanti, jazzisti, con la chitarra di un rockettaro autografata in bella mostra appesa lì al centro, che aveva suonato con diversi artisti di primo piano, ma che poi era caduto in un tunnel vorticoso che lo aveva portato presso una comunità per disintossicarsi. Bandane, t-shirt, un giubbotto di pelle indossato da non so chi, tutto appeso in maniera disordinata, ma che creavano alla fine un'idea di ragionata compostezza. Ma la cosa migliore era la musica di sottofondo, che ogni giorno non variava di molto e mi faceva godere ogni sorso della mia bevanda, intrattenendomi per quella parte della giornata in dolce compagnia. Tutte le band rock o pop-rock o quei gruppi eterni che si crearono nei mitici anni '70, '80 e '90, passavano ogni mattina a salutarmi mentre masticavo il mio cornetto quasi secco, inumidito dal cappuccino passabile. Mi risvegliavo ogni volta da quel trance musicale quando la signorina compariva a sfilarmi il piattino e tazza vuota da sotto le mani chiedendomi: - Altro?- ed io - No grazie, se puoi portarmi il conto -.Ed eccomi qui, in giro per la città a 28 anni, senza un impiego, con la rata mensile dell'appartamento da pagare, con i miei genitori a diverse centinaia di chilometri, convinti che io sia ormai autosufficiente, inconsapevoli della mia apatia nei confronti del mondo reale. Sono immerso nel mio mondo, nelle mie convinzioni, nella mia vita che va leggermente alla deriva, che viaggia sul filo del rasoio. Perso nelle mie idee, torno a casa e mi siedo pesantemente sul divano. Guardo la chitarra buttata sulla poltrona e la batteria posta nell'angolo del salotto che di rimando mi ammicca con un luccichio abbagliante che parte dal bordo metallico del tom e che mi colpisce l'occhio destro, costringendomi a cambiare posizione.
Vedo la pila dei libri posti sulla scrivania che aspettano qualcuno che tolga loro la polvere o quantomeno che le loro pagine vengano sfogliate, che le nozioni vengano assorbite da un cervello sveglio e vigile e magari memorizzate così da poter meravigliare la commissione esaminatrice tanto da poter passare gli ultimi benedetti esami ed essere considerato finalmente 'Dottore'.
'Buongiorno Dottore', 'Si accomodi Dottore', 'Vuole un caffè Dottore??', e magari un cornetto fresco con un ripieno che non abbia quella punta di acido, come quelle di Franco.
Dottor Morgato Jarabe (sì proprio così, i miei genitori purtroppo erano stati affascinati dalla musica degli Jarabe de Palo), magari per gli amici Dr. J., sarebbe stato 'figo' essere chiamati così, e meglio ancora sarebbe stato guadagnarsi il pane senza dover sbattersi ogni giorni sul palco con quei due drogati di Carlo e Luigi, che ormai faticavano a reggersi in piedi grazie alle pasticche multicolor che probabilmente creava loro visioni arcobaleno. Ormai le serate si riducevano sempre più, grazie alle loro pessime esibizioni, e gli incassi serali ormai erano un disastro. Eravamo una band come tante altre, senza alcuna pretesa, senza alcuna vera direzione artistica che non fosse un rock scopiazzato e rivisitato e senza anima. Le compressine colorate erano un lascito della mia cara 'Beth, che insisteva nel dichiarare che portavano la nostra musica su nuovi livelli, su nuovi orizzonti. Una volta liquidata lei dalla mia vita, purtroppo le care pilloline sono rimaste, soprattutto Carlo non riusciva a farne a meno e per complicità anche Luigi diciamo che fingeva di resistere al loro fascino, inutilmente direi. L'unico che veramente era riuscito a resistere al richiamo delle Sirene, ero stato io. Forse per cancellare ogni collegamento con Beth o perché in verità quel tipo di sballo non mi aveva mai dato effetti positivi. Ricordo ancora quando ho creduto di aver vissuto la mia morte e come un'anima dannata fluttuavo sul mio corpo pieno di pustole e foruncoli. Credo che fosse stata la combinazione degli allucinogeni con lo studio dell'apparato tegumentario. Miscela esplosiva a quanto pare, da non ripetere mai più.
Purtroppo il distacco con Elisabeth, non aveva lasciato solo quel tipo di problema, perché era lei che alla fine finanziava le mie lezioni musicali, i contributi annuali all'università, i libri, procurava le serate alla band per i suoi amici vip e ci aveva procurato l'appartamento in cui adesso vegetavamo, che era risultato dopo essere dello zio, il quale logicamente ha iniziato a chiedere le mensilità che prima erano coperte diversamente. Che disastro. Quanto mi è costata quella decisione, ritenuta anche dai miei coinquilini più che giusta, ma che adesso pesava anche sulle loro finanze, in maniera anche più cospicua visto che tra fumo, canne e compresse varie, si bruciavano nel vero senso della parola gli scarsi introiti.
All'epoca ce la passavamo tutti bene, considerando le mega serate presso ville isolate, sui bordi piscina, nei locali rinomati. Uno spasso, fino a quando non è finita la magia, fino a quando sono riuscito a resistere, fino a quando quella sera i miei piedi hanno preso una strada che probabilmente andava percorsa molto prima o non percorsa affatto. La vita è sempre un continuo decidere, a volte in maniera inconsapevole, altre volte in maniera ragionata ed altre volte come recitava quel film 'Va dove ti porta il cuore', che non ho mai visto, che chissà se mi avrebbe aiutato nella mia scelta o se magari la decisione sarebbe risultata esattamente il contrario. Ma ormai era inutile stare lì a rimuginare sul passato, il dado era tratto e la vita da quel momento era diventata monotona, apatica, ritmata dalla quotidianità fatto di nulla ripieno di eventi ripetitivi. La giornata tipo era dato dal bar di Franco, dal divano di casa, dalle prove coi ragazzi e dalle misere serate in qualche locale di periferia. Da un paio d'anni ormai eravamo fermi in questo limbo e serviva veramente una scossa, qualcosa di nuovo per far ripartire la macchina, per completare gli studi, per incominciare a mettere su una vita più decente.
STAI LEGGENDO
Alle 14:12
Short StoryLa storia di un uomo comune, perso nelle sue convinzioni, perso nelle sue idee, che viene inseguito da un amore 'eterno, ma non troppo'.