Non posso farci niente, per quanto ci provi da mesi, per me svegliarmi la mattina per andare a correre è una violenza, un peso enorme, devo frustarmi mentalmente per poter incominciare già solo ad infilare i calzini, mentre l'occhio sopito osserva con brama il comodo divano. Tutte le scuse sono buone per non farlo, per rimanere nel letto o per distendersi molli sul divano a guardare un po' di tv o smanettare sullo smartphone, cercando tra le varie app un qualcosa che possa far rimandare tutto, rimandare le faccende, le commissioni, gli studi, i pensieri.
Ma la voce interiore purtroppo scava, assilla, disturba questa pace mentale, ti martella tanto che alla fine cedi ed allacci le scarpette, prendi le cose che ti servono, auricolari, documento, chiavi, due spiccioli, li infili nel marsupio e scendi le scale.
Che già scendere le scale invece che prendere l'ascensore è uno scombussolare le abitudini quotidiane, ma ormai sei uscito di casa per raggiungere un obiettivo e quindi tanto vale incominciare a riscaldare il corpo e soprattutto la mente. Carlo era anche più pigro di me ed infinitamente più scaramantico, con i suoi gesti e rituali da dover completare, altrimenti la 'Dea Bendata' non ti vede e rimane sempre cieca, e lui era sempre in cerca di quella fortuna cieca in ogni momento della sua vita. Anche quando si andava a fare una corsetta, aveva sempre gli occhi puntati al suolo, come una specie di metal detector, in cerca del tesoro perduto, ma praticamente non era mai riuscito a recuperare più di qualche spicciolo.E così, con i piedi sul marciapiede nelle scarpette abbastanza logore, si inizia con lo stretching preliminare per svegliare i muscoli addormentati e con dolcezza, pian pianino, si incomincia lentamente a corricchiare, con i muscoli che nonostante il riscaldamento, gridano aiuto, la mente ancora attaccata ai ricordi onirici, la guancia arrossata che cerca ancora il comodo cuscino, e le gambe che invece stranamente vanno in automatico, memori di vecchie prestazioni, di vecchi ritmi, di cose andate.
La musica nelle cuffie incalza e la mente incomincia a realizzare che forse bisogna concentrarsi su quello che si sta facendo, ma il tempo è stupendo e guardo la campagna, il sole, gli altri atleti improvvisati come me, ed il corpo inizia a collaborare, la ruggine incomincia a scrostarsi, la respirazione inizia a regolarsi al passo, e si incomincia a fare quello per cui sono venuto, ossia tentare di smaltire i grassi accumulati causati dalla vita dissoluta notturna che accompagnava le nostre serate musicali ed anche quelle non.
La mia vecchia passione per la corsa piano piano vien fuori, e le maledizioni sputate fuori la mattina ormai sono lontane e mi faccio prendere dal passo regolare che ho intrapreso, con Carlo dietro di me, che è tranquillo ed attento alle crepe dell'asfalto.
Troppo forte, sto andando troppo forte, ne sono cosciente, ma la mente viaggia con ritmi memorizzati tempo addietro, che il corpo non riesce a reggere, pensiamo di poter fare delle cose che purtroppo non ci sono più permesse. Che cosa strana la mente, si autoconvince di qualcosa che sà non vera, un filo d'erba può diventare un cespuglio, un pesciolino può diventare un tonno, la distanza, il tempo, può essere distorto a nostro piacimento, ma la realtà è un'altra cosa, la realtà prima o poi ti presenta il conto che potrebbe anche essere salato. La giornata è così solare che ti invita a fantasticare e immaginare terre lontane ed esotiche, a sentire lo sciabordio delle onde californiane con i suoi surfer impegnati in ardite acrobazie acquatiche, ad assaporare il sapore del Mochi giapponese che infonde forze soprannaturali, i richiami dei Manachini dell'Araripe con il loro bel ciuffetto carminio, la mente viaggia ed inventa, ma gli occhi che guardano lungo il percorso si accontentano degli ulivi, dei mandorli, delle rondini che si cercano in balli senza schemi nel cielo pulito ed azzurro.
Reggo il ritmo per un po', il caldo picchia duro ed il sudore scorre giù provocando un leggero bruciore negli occhi, ma la sensazione è buona, la volontà è arrivata ed ormai sono sul pezzo, mettere in moto l'ingranaggio è complicato, ma una volta avviato, tutto torna, tutto collima.
La musica continua a scorrere: U2, Slash, G'n'R, Pink Floyd e poi dopo una ventina di minuti, arriva il fatidico quarto chilometro dove il meccanismo incomincia ad incepparsi, dove i muscoli incominciano a chiedersi il perché di tanto sforzo, dove il fiato incomincia ad essere troppo affannato ed il corpo richiede una tregua. Lo sapevo, andavo troppo veloce, al di sopra di ciò che il mio corpo poteva affrontare, ed il cardiofrequenzimetro mi mette in allarme con 151 battiti al minuto, un momento fa viaggiavo sui 135, gambe rigide, cuore che galoppa, bisogna rallentare, bisogna andare ad un ritmo più blando, bisogna tornare alla realtà, sei fuori forma, sei sovrappeso, lo sapevi che andavi troppo veloce.... sì lo sapevo, ma non importava... adesso bisogna rallentare, anche se la mente segue il ritmo rock, il corpo deve impostarsi alla metà di quel ritmo... non un passo ogni battuta, ma un passo ogni due battute.... magari anche due e mezzo...
Carlo mi sorpassa, lanciando un sorriso pieno di sfida e contemporaneamente strizzandomi l'occhio che per un attimo non rimane incollato al terreno in cerca di dobloni d'oro e diamanti, ora si va lenti, corsetta blanda, si fa quello che si può, ci si incrocia con altri corridori, io alzo la mano sempre per salutare, mi hanno insegnato che un saluto non si nega mai, ma noto che i più giovani ignorano il segno, si chiedono cosa vuole sto tipo allampanato con la pancetta, mentre quelli della mia età o più, educatamente rispondono, come dovrebbe essere tra persone educate, ma i Metallica mi suggeriscono nelle orecchie: Nothing else matters.... non importa quindi... tu fai come pensi sia giusto, gli altri si attaccassero al tram.....
E si và, finisce il quarto chilometro e ne rimane ancora uno da completare per terminare il circuito, purtroppo quest'ultimo chilometro è in leggera salita, mamma mia che fatica, 152 battiti, ascoltando il ritmo dei Metallica avevo accelerato di nuovo inconsapevolmente, dovevo rallentare altrimenti rischiavo di scoppiare, ma la mente dice di correre nonostante il corpo ormai è alle pezze. Trovo un compromesso e corricchio, osservando le rondini volare tra i rami degli ulivi in fiore, arrivano gli Scorpions con un ritmo più soft che mi aiuta nel rallentare il passo, 144, i battiti scendono, il rettilineo è da fare tutto e quindi vedo la fine avvicinarsi, ma nonostante il basso ritmo non riesco a compensare la respirazione accelerata e quindi la mia mente finalmente capisce che devo mollare, devo coccolare il mio cuore, non stressarlo e quindi si passa alla camminata, mi arrendo ad una camminata veloce ed il ritmo cardiaco scende a 137 e direi che così va bene. Vedo finalmente la dirittura d'arrivo avvicinarsi e finiamo così con gli AC/DC che sparano i loro ritmi vorticosi con la chitarra, irraggiungibili per me come corridore, ma abbordabili come musicista, credo di non essere così malvagio come chitarrista, mi accorgo che le endorfine fanno il loro dovere, uno dei lati positivi dell'attività sportiva. Adesso attendo solo la vocina dell'applicazione dello smartphone che mi confermi la conclusione del quinto chilometro, alzo lo sguardo e vedo Carlo che ha già finito e che continua a guardarsi intorno come un segugio.Poi tutto succede in poche frazioni di secondo, mentre mi sto avvicinando a Carlo, alla fine del tracciato, lo vedo alzare la testa, alzare un braccio in segno di saluto, giro la testa dall'altra parte della strada, verso la rotonda e vedo Luigi, che non era tornato a casa a dormire quella notte e che probabilmente aveva festeggiato a modo suo con la "signorina" Michelle, rigiro la testa e nel mentre del movimento, vedo con la coda dell'occhio Carlo corrergli incontro, qualche millesimo di secondo dopo incomincio ad inquadrare una forma blu che sopraggiunge, ancora qualche frazione e vedo Carlo venir completamente sollevato da terra e nel momento in cui riesco a centrare la visuale ed a mettere a fuoco la situazione, capisco che devo correre, che devo agire. Carlo è ancora a mezz'aria e non riesco ancora a reagire, la mente è stata più veloce del corpo, il comando era partito ma il movimento no, lo vedo scendere come al rallentatore, vedo il fumo uscire dalla mescola dei pneumatici bloccati nel movimento ma che continuano a slittare sull'asfalto come se fosse ghiaccio, lo vedo scendere ancora, ma i miei piedi rimangono fermi lì ed il mio sguardo attonito che segue impotente la scena. La mia mente registra il movimento di Luigi, che è al limite del mio campo visivo, ma è sufficiente per far partire anche nel mio corpo l'impulso ad intervenire, finalmente iniziò ad alzare il piede e vedo Carlo toccare il suolo, lo vedo chiaramente colpire con la testa il bordo del marciapiedi ed ora che il mio corpo è partito in una corsa sfrenata, il mio orecchio ode un rumore presagio di notizie nefaste, un suono come di cocco scaraventato per terra per poterlo aprire, uno di quei suoni che non vorresti mai sentire. Corro come un folle per coprire quegli ultimi metri, infilo la mano, tra una falcata e l'altra, nel marsupio per recuperare il telefono e vedo il corpo adagiarsi completamente per terra in posizione innaturale, scomposta, distolgo un'istante lo sguardo per digitare il numero del 118 e dopo un tempo che mi è sembrato infinito, arrivo vicino al mio amico, mi guardo intorno, vedo l'auto ferma ancora fumante per la brusca frenata, vedo Luigi correre verso di me, sento il telefono squillare ed una voce rispondere - Centodiciotto, dite pure - e so che è una di quelle situazioni in cui la corsa non è divertente, ma è una corsa contro il tempo.
STAI LEGGENDO
Alle 14:12
Short StoryLa storia di un uomo comune, perso nelle sue convinzioni, perso nelle sue idee, che viene inseguito da un amore 'eterno, ma non troppo'.