Capitolo 29

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«Invece, signorina Standword, riguardo al suo tirocinio?», chiese una professoressa seduta dietro un'antica cattedra, circondata da altri sette colleghi.

Elizabeth, con i suoi lunghi capelli avvolti in un fiocco rosso e lucente nel suo abito rosso e bianco, fece un grande sospiro, spostò lo sguardo dalla sua tesi stampata e regalò un enorme sorriso ai professori.

«Questa è la domanda che ha invaso la mia mente per settimane, se non per mesi, fino a questo momento. Ha avuto un impatto fondamentale nella mia vita e se non ci fosse stato il mio amico e poliziotto di Scotland Yard, Greg Lestrade, molto probabilmente non sarei mai riuscita ad avere ciò che ora ho e possiedo con estremo ardore e con un po' di gelosia».

Elizabeth si voltò verso i suoi amici e notò che tutti i loro visi erano illuminati da sorrisi sinceri. Greg e sua madre stavano piangendo dall'emozione, John, prendendo la mano di Catherine per farle compiere le sue stesse azioni, alzava un pollice in segno di appoggio e approvazione e il padre, diversamente dagli altri, le sorrideva segretamente con gli occhi, stando con le braccia conserte e con un'espressione seria, ma orgogliosa. Sherlock, invece, totalmente immobile, poggiava sul muro nella parte più alta delle scalinate.
Tutto questo scaldò il cuore alla ragazza, che con fierezza si rigirò verso i suoi interlocutori.

«È da tempo che mi esercito per cercare di spiegare a parole quello che ho provato. Sono immensamente grata per quello che mi è successo durante il mio tirocinio, ormai lavoro, perché mi ha aiutata a crescere e soprattutto a conoscere parti di me che ancora non sapevo esistessero. Ho raggiunto il mio sogno e mai nella mia vita mi sono chiesta: "e dopo tutto questo?". Ora l'ho fatto... Tuttavia nella vita non bisogna guardare e progettare sempre e solo il futuro, perché la vita è sempre e terribilmente imprevedibile... Cambia, sposta e stravolge tutto quanto. L'ho notato e l'ho capito solo lavorando lì. Mi sono imbattuta faccia a faccia con il dolore, con la perdita e soprattutto con la morte. "Tutto è sempre così utopistico finché non lo vivi", dicono e ora lo confermo. Ho capito cosa voglia dire rischiare di perdere tutto ciò che hai sempre voluto perché magari si è troppo ingenui o troppo ciechi; oppure rischiare la vita per un amore fraterno, che non ho mai potuto provare sulla mia pelle. Ho finalmente compreso che la vita non va presa con leggerezza. Ho conosciuto anche persone fantastiche: da colleghi con cui fare chiacchierate tra un pausa e l'altra con il caffè in mano a colleghi che invece intralciano la strada solo perché temono le capacità altrui... Quando semplicemente temono le proprie abilità o addirittura loro stessi. Ma quelle più importanti sono state quelle persone che stanno dietro di me e che, nonostante le controversie, i litigi, le risate e i sorrisi, mi hanno insegnato cosa voglia dire amare e voler bene veramente».

Ci fu un silenzio assordante all'interno dell'aula magna in cui si stava svolgendo la parte finale della tesi. Elizabeth stava dimenticando piano piano ciò che si era promessa di dire e ciò che aveva scritto per questo suo ultimo discorso. Ma non le importò, perché ciò che stava dicendo era un flusso diretto di emozioni e sensazioni vere e pure.
Nessuno osò fiatare, nessuno osò nemmeno tossire.
Le sue persone la guardarono con affetto, con amore e con una gioia che da tempo non si riusciva a notare in loro.
Quel momento fu solo di Elizabeth: si sentì di dire tutto quanto. Si sentì di dover parlare apertamente con se stessa. Solamente con sé, come se si trovasse di fronte a uno specchio.

«La morte, che ho potuto incontrare in questi mesi, è straziante e ne ho sempre avuto paura per tutto il corso della mia vita, anche se non ho mai voluto ammetterlo a me stessa... Ora però ho capito altro... Ho capito che in realtà ciò che fa più paura è la vita. Non la si conosce, non si sa mai come andrà: bisogna solo viverla. La morte invece, paradossalmente, è davvero una cara e vecchia amica che si può abbracciare dolcemente».

Ancora silenzio.
Ebbe la necessità di chiudere il discorso di lì a poco, altrimenti sarebbe scoppiata in un mare di lacrime: la consapevolezza che tutto ciò che aveva vissuto fino a quel momento era quasi finito, che le strade di lei e di tutti coloro che aveva davanti a sé si sarebbero separate di lì a pochi mesi e che tutto quello che si era creato sarebbe sparito come leggere bolle di sapone, le stava scavando dentro lentamente.

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