3. Bambini

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-Conto io! Uno, due, tre, quattro...- gridò lui appoggiato all'albero di ciliegio colmo di foglie. Io corsi nel frutteto e mi fermai dietro al grande melo centrale.

-Dieci! Ti cercherò e ti troverò!-urlò ancora e si spostò verso la vigna.

Quando lo vidi allontanarsi abbastanza, corsi veloce cercando di arrivare prima al ciliegio, ma lui se ne accorse e poiché era più alto e grande di me, arrivò per primo.

-Tana per te!- ridacchiò compiaciuto di aver vinto.

-Non è giusto!- feci io, incrociando le braccia e fissandolo in tono di sfida.

I suoi ridenti occhi azzurri, ancora più chiari alla calda luce di agosto, erano limpidi come un sentiero di alta montagna e il suo sorriso era la cosa che più amavo di lui. Eppure a quell'età non ne ero cosciente.

Christian era soltanto il mio migliore amico delle vacanze, colui con il quale passavo i miei giorni d'estate, da quando avevo sette anni. Colui con il quale avrei passato tutte le mie estati fino ai miei quattordici anni.

L'unico figlio dei Blandi. I proprietari del casale e di tutta la tenuta intorno. Il figlio amato e prediletto di Cesare Blandi, il datore di lavoro di mio nonno Vanni.

Seguivo mio nonno, per tutti i giorni estivi fino al casale. Arrivati in cima alla collina, apriva il cancello che dava sul giardino e ci dirigevamo verso il capanno, dove lui prendeva i suoi attrezzi; quindi si dirigeva nella vigna o nel frutteto.

Io rincorrevo farfalle e lucertole, seguivo formiche fino ai formicai, mi arrampicavo sugli alberi finché Christian non mi raggiungeva. Aveva tre anni più di me ed arrivava fischiettando. Io come lo riconoscevo iniziavo e gridare il suo nome e lui riusciva sempre a trovarmi.

Passavamo le ore a rincorrerci, a nasconderci, ad abbuffarci di frutta. Inventavamo storie, cantavamo canzoni, ci prendevamo in giro. Adoravamo le canzoni dei Beatles. Mio nonno aveva una cassetta che metteva nella sua radiolina e nell'aria suonavano le note di 'she loves you' la nostra canzone preferita. Passammo delle estati bellissime.
Indimenticabili. Almeno per me.

L'ultima estate che passammo insieme avevo compiuto 14 anni da un paio di mesi. Non ero più una bambina, ero una ragazzina, o meglio, a fine dell'anno precedente ero diventata una signorina.
Ma anche Christian era cambiato. Quell'anno sembrava diverso. In verità era diverso da un paio di anni ma non ci avevo mai fatto caso. Era diventato particolarmente alto, le braccia più robuste, la voce più bassa. Ma qualcuno se ne era accorto prima di me.

Mia cugina Viola che sapeva tutto di tutti, mi aveva detto che, nella scuola privata, dove Christian andava, a Siena, le ragazze non facevano altro che parlare di lui e una in particolare aveva attirato la sua attenzione e che adesso, quasi certamente, stavano insieme. Quella notizia mi rammaricò, nonostante non ne capissi il motivo e quando lo vidi quell'estate, tutto sembrò diverso, non solo lui.

Aveva un modo di fare diverso, era petulante, irriverente, sempre pronto a battutine stupide. Mi dava sui nervi e lo insultavo mentre lui mi dava della ragazzina.

-Dovresti smetterla! Perché non prendi in giro la tua ragazza?!- risposi infine piccata.

-Sei forse gelosa, ragazzina?-

-Gelosa di te? Io?!-

-Sì, credo proprio tu lo sia...- fece lui avanzando verso di me, ammiccante.

-Sei solo un cretino, Chri!- continuai ad inveire io, indietreggiando finché non fui bloccata dal tronco del ciliegio.

Lui sorrise e si avvicinò suadente al mio viso.

Io deglutii e mi sentii avvampare all'istante. Il suo sguardo penetrava i miei occhi che non riuscivo a distogliere dai miei pensieri.
E non me ne resi conto.

Non mi resi conto che mentre lui affondava gli occhi azzurri nei miei scuri, la sua bocca prepotente si spingeva sulla mia, mozzandomi il fiato.

Fu una sensazione nuova, strana. Le sue labbra morbide erano calde ed io restai immobile e frastornata da quel calore. Con gli occhi sbarrati, osservai i suoi chiudersi piano, mentre le sue labbra diventavano umide come le mie e la sua lingua si faceva spazio nella mia bocca, accarezzando la mia.
Era una sensazione strana ma era bellissima. Mi sembrava di essere leggera come una piuma e mi rilassai chiudendo gli occhi.

Era il mio primo bacio. Durò pochi secondi ma a me sembrò infinito.

Quando sentii le sue mani stringere i miei fianchi ritornai in me e lo spinsi distante con i palmi.

I suoi occhi, spalancati e scuri più che mai, mi fissavano increduli, il respiro affannato, i ciuffi spettinati che gli ricadevano sulla fronte. Lo vidi aprire la bocca per parlare e corsi via dal ciliegio, lasciandomelo alle spalle.

Da quel giorno non tornai più al casale con il nonno. Inventai una scusa ogni giorno e quando mio padre mi chiamò, chiedendomi se volessi andare da lui a Verona per qualche settimana, non me lo feci ripetere due volte.

Non rividi più Christian, da quel giorno. Ero certa mi avrebbe presa in giro per quel bacio, quel bacio che per lui era stato uno scherzo, un modo nuovo per prendermi in giro, ma per me era stato un nuovo mondo, un sogno romantico che non avrei potuto trasformare in realtà. Christian aveva una vita lontano da me ed io ero solo una ragazzina. Lui aveva diciassette anni, a fine anno ne avrebbe compiuti diciotto, avrebbe frequentato l'ultimo anno di liceo a Siena e sarebbe andato via. Lui aveva una ragazza, certamente di buona famiglia, che frequentava la sua stessa scuola privata. Lui era stato il mio migliore amico, ma eravamo bambini e dopo quel bacio era evidente che non lo eravamo più.

L'anno successivo mi iscrissi al liceo artistico e quella stessa estate andai di nuovo da mio padre a Verona. Scappai dal mio paese, dal casale, da Christian. E lui non mi cercò, non mi scrisse. Allora non avevo il telefonino ma avrebbe potuto parlare con mio nonno e non lo fece. Semplicemente sparì come del resto ero sparita io.

Ma fu proprio quell'estate che la vita di Christian subì un duro colpo, il primo dei tanti, a cui io restai in disparte.

Oltre il Casale ©Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora