Deku's POV

Ho sempre creduto che ci fosse una correlazione molto forte tra l'allineamento dei pianeti e certi avvenimenti.

Non sono mai stato un grande esperto di astrologia, ma sin da quando ero bambino associavo determinate figure presenti nel cielo ad emozioni molto forti che provavo.

Il giorno in cui conobbi Kacchan, alzando la testa verso l'alto prima di dormire, avevo visto un gruppo di stelle che insieme formavano un'onda. Ne ero assolutamente certo, anche perché Kacchan si era scagliato nella mia vita con la stessa forza con cui il mare butta giù i castelli di sabbia.

Quella sera l'onda era tornata a stagliarsi nel cielo.

Lo sapevo, perché quando finalmente alzai lo sguardo dalla distesa erbosa che avevo fissato fino a quel momento la vidi riflessa nelle iridi scarlatte del ragazzo che mi stava di fronte e che di colpo sembrava essere tornato il bambino che mi baciava il ginocchio quando cadevo.

«C-cosa hai detto?»

Il tono della mia voce era più cauto di quanto non pensassi. Dentro di me era esploso il caos, ma la mia mente era ancora all'erta, pronta a difendermi nel caso in cui quello fosse solo l'ennesimo scherzo dell'unica persona in grado di mettermi in ginocchio con uno sguardo.

Per tutta risposta Kacchan abbassò le spalle; era quasi come se si fosse arreso a qualcosa contro cui aveva combattuto da solo per anni. Aveva smesso di fingere, aveva tolto la maschera ed aveva mostrato il lato più nudo e fragile di sé.

Mi guardò esitante, poi con estrema lentezza si spostò per posare la sua mano sul mio fianco. Una serie di scosse attraversarono il mio corpo da capo a piedi e mi chiesi da quanto tempo non mi toccava senza l'intenzione di allontanarmi da lui.

Non riuscivo a capire cosa stesse facendo; lo sentivo muovere le dita contro la stoffa della maglietta che indossavo senza un apparente senso, ma di colpo sgranai gli occhi quando mi resi conto che, senza vederla, stava ripercorrendo ogni piccola crepa della cicatrice che mi squarciava il fianco a memoria.

«Non ho mai perdonato me stesso per quello che ti ho fatto», mormorò senza alzare la testa, con le dita che continuavano a disegnare lentamente. «Quel giorno ho avuto l'impressione di essere l'unica cosa da cui non potevo proteggerti. Sei rimasto in quel letto d'ospedale per giorni, continuavi a sanguinare, ti hanno fatto un numero altissimo di trasfusioni».

Fece una pausa e lasciò ricadere la mano sul terreno, molto vicina alla mia.

«Ricordo che pregai i miei genitori di lasciarmi donare il sangue, ma ero troppo piccolo. Mi sentivo così inutile, Deku... Pensavo di impazzire. Non riuscivo a credere di essere la causa di tutto. Continuavo a ripensare a mia madre che diceva che prima o poi ti avrei ucciso.»

Si bloccò di colpo, la voce che tremava e le mani strette a pugno.

Mi resi conto che stavo piangendo solo quando sentii le lacrime accumularsi sotto il mento, ma non me ne curai. Avevo bisogno di toccarlo, di dirgli che non ero arrabbiato.

E così, un po' esitante, lasciai scivolare la mia mano sulla sua fino ad intrecciare le nostre dita.

Quasi fosse un interruttore vidi finalmente la sua testa alzarsi ed i suoi occhi tuffarsi nei miei impedendomi di respirare per qualche secondo.

Non avevo mai letto la sofferenza che nascondevano, né la colpa che lo aveva logorato dentro per tutto quel tempo.

Strinsi maggiormente la sua mano e mi avvicinai fino a posare la fronte contro la sua.

Broken Hourglass || bakudekuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora