Capitolo 7

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Quelle lezioni erano noiose. Nonostante facessi di tutto per distrarmi, le nozioni dei professori mi entravano in testa. Quei boriosi professori universitari non facevano altro che leggere le slides che avevano preparato mesi prima, se non anni prima, e vantarsi delle loro imprese sminuendoci. Dovetti trattenermi dall'alzarmi per andare a minacciare qualche professore, anche perché non potevo rischiare di farmi espellere o peggio rivelare l'esistenza di un mondo loro sconosciuto.
Fortunatamente non tutti i professori avevano quell'atteggiamento e sapevano di cosa stessero parlando e quei pochi riuscirono anche ad andarmi a genio.
Serena prendeva appunti a una velocità impressionante, scarabocchiando e costellando la pagina di appunti, note e asterischi, mentre il mio foglio era immacolato. La mia memoria, allenata giorno dopo giorno da mio padre e mio zio col pugno di ferro, non avrebbe dimenticato quelle lezioni tanto facilmente. Ahimé, ora anche io sapevo descrivere perfettamente la cellula animale e avrei potuto far morire di noia i miei nemici con quelle nozioni.
Serena cercò di liberarsi di me in ogni modo, ma non ce l'avrebbe fatta. Non avrei rinunciato al piacere della sua compagnia tanto facilmente, che lo volesse o meno. Era troppo gentile per dirmi chiaramente che non mi voleva tra i piedi e fino a quando non l'avesse detto, sarei rimasto con lei.
Quando andammo nell'aula studio, riuscii a memorizzare ogni singolo dettaglio del suo visto, le smorfie che faceva quando non capiva un determinato argomento, quando era concentrata e la piega che assumevano le sue labbra quando si accorgeva che la fissavo.
Era meravigliosa. Avrei tanto voluto sapere quanto fossero morbide le sue labbra, ma avrei fatto un passo alla volta. L'avrei conquistata e sarei finalmente riuscito a sentire il sapore di quelle labbra color melagrana.
"Ma che pensieri da verginella innamorata fai?! Sei un Lovinescu, diamine! Abbi un po' di rispetto per te stesso e smettila di pensare all'amore!" mi rimproverai più volte mentalmente, ma non ce la facevo. Tutte le volte che provavo a non pensarci, il pensiero di averla, di possederla e di essere amato a mia volta da lei, faceva diventare il mio cervello degli spaghetti scotti.
-Devo andare da mio zio, quindi ti riporto a casa e ci vediamo domani.- affermò mettendo a posto le sue cose.
-Mi piacerebbe venire a vederti. Sono curioso di sapere quali lezioni ti sta impartendo Wilhelm.
Vidi un lampo di grandissima sorpresa passare nei suoi occhi, ma durò poco. Ero veramente curioso, anche perché volevo capire appieno le sue capacità. Non potevo di certo dimenticarmi che i nostri due clan erano stati nemici fino a poco tempo prima.
-M-ma non dovresti andare a studiare?- domandò balbettante.
-Ho una buona memoria e poi queste cose le ho già studiate col mio insegnante privato.- mentii.
Non avevo minimamente intenzione di studiare quelle cose. Non mi sarebbero mai servite per guidare un regno e non mi interessavano affatto. Fossero state nozioni sull'anatomia o la cellula dei vampiri, avrei ancora potuto farci un pensierino.
Mentre ci dirigevamo alla sua "macchina", Serena mandò un velocissimo messaggio e non riuscii a scorgerne il destinatario. Supposi fosse Erica, con la quale si stava lamentando di me e del mio atteggiamento.
Arrivammo a casa di Wilhelm, che era situata nel centro della città, e quando ci aprì la porta, riservò alla nipote uno sguardo abbastanza ansioso.
-Buon pomeriggio, Wilhelm.- lo salutai cordialmente.
-Buon pomeriggio, Stefan. Serena, oggi lezione di pianoforte e canto.
-Mi rifiuto di cantare.- rispose imperativa, incrociando le braccia al petto.
Era così pessima nel canto da rifiutarsi di allenarsi davanti a me oppure si vergognava terribilmente? Dal suo sguardo supposi la seconda ipotesi.
-Perché? Mi piacerebbe vederti mentre ti cimenti col canto.- dissi sghignazzando intenerito.
-Perché no.- rispose duramente.
Wilhelm sospirò e condusse Serena al pianoforte a coda situato nell'enorme salotto.
-Stefan, potete accomodarvi sul divano. In frigo ci sono scorte di sangue e vino a volontà, fate come se foste a casa vostra. Serena, cominciamo.
Presi un bicchiere e una bottiglia di sangue e tornai in salotto, pronto a godermi una delle lezioni giornaliere di Serena. La vidi cimentarsi con le scale come riscaldamento e appurai che non era così malvagia come avevo creduto. Era ancora un po' incerta sui tasti da premere, ma era sulla buona strada per migliorare.
Terminate le scale, suonò un pezzo molto semplificato di "Sonata al chiaro di luna" di Beethoven, melodia che adoravo e che avevo notato essere sulla playlist della mia fidanzata. Le sopracciglia erano aggrottate, segno che era concentratissima a non sbagliare neanche una nota, ma ne sbagliò qualcuna quando Wilhelm iniziò a porgerle domande molto semplici sulla storia e sulla politica.
Le domande e le note si stavano susseguendo monotone e noiose, fino a quando non dette una risposta che per poco non mi fece risputare il sangue nel bicchiere dall'ilarità. Il "Conte Dracula" era stato uno dei vampiri più importanti, che si era trasferito in Inghilterra dopo aver svolto tutte le pratiche con Johnatan Harker? Ma siamo matti?! Anche io avevo letto Dracula di Bram Stoker, ma il conte restava un personaggio di pura fantasia e poi noi non ci trasformavamo in roditori con le ali, anche se roditori non erano.
Dopo quello strafalcione, ne susseguirono altri e non riuscii a trattenermi dal guardarla con le sopracciglia alzate più e più volte. Ma che diamine le aveva insegnato Wilhelm? In quei mesi avrebbe dovuto apprendere qualcosa e invece stava dicendo una marea di assurdità. Forse con me si vergognava ancora e per paura di commettere degli errori, ne commetteva moltissimi. La trovai... dolce e indifesa.
-Non ce la faccio, zio. Sto andando nel pallone e mi scoppia la testa.- sospirò massaggiandosi le tempie.
-Sono forse io che ti metto a disagio?- chiesi ridacchiando.
-No! Affatto.
"Non ci credo neanche morto." pensai.
-Se la lezione è finita, mi piacerebbe che mi portassi in un posto.
Mentre Serena aveva continuato a commettere errori su errori, avevo cercato sullo smartphone se in quella città ci fosse un maneggio e ne avevo trovato qualcuno. Mi sarebbe piaciuto cavalcare con lei, anche se non avrei montato uno dei nostri potenti stalloni presenti nelle scuderie del castello.
Quello era uno dei miei hobby ed era una delle pochissime cose che avevo apprezzato apprendere da mio padre. Essendo un futuro re, non avrei potuto sempre godere delle lussuose auto presenti nel nostro garage, soprattutto in tempi di guerra, così era utile sapere andare a cavallo.
-Oggi non ti entra niente in testa, vero? Non importa, riproveremo domani. Sarebbe inutile continuare oggi, ma domani ti voglio concentrata.- disse Wilhelm alla nipote.
-Sicuramente, a domani.- lo salutò abbracciandolo e io rimasi sorpreso.
Serena abbracciava liberamente suo zio, che poteva essere benissimo uno dei successori al trono, senza problemi. Wilhelm avrebbe potuto convincerla a firmare un documento nel quale affermava di abdicare in favore di Wilhelm e poi ucciderla, per avere così il controllo su due clan influenti. Possibile che Serena non pensasse minimamente a quella possibilità? Zio Lucian l'avrebbe fatto, se mi fossi trovato io al posto di Serena.
Stavamo andando alla macchina e Serena non fece altro che mandarmi occhiate fugaci.
-Stai pensando talmente tanto che mi sembra di vedere il fumo che ti esce dalle orecchie.- disse ironica.
-Stavo pensando a te che abbracci tuo zio. Io non lo farei mai.- risposi sorpreso.
Piuttosto che abbracciare mio zio come aveva fatto lei poco prima, preferivo combattere contro un orso a mani nude.
-Che c'è di male? È un mio parente e andiamo d'accordo. Abbracciarlo non mi pare un gesto di debolezza.
-Invece sì, hai dimostrato che provi affetto per un tuo sottoposto.- ribattei.
"L'hai mostrato a me, quindi l'avrai sicuramente mostrato ad altri. Se si mostrano le proprie emozioni agli altri, si diventa vulnerabili." pensai, ma lei aveva già la risposta pronta.
-Io invece penso di avergli dimostrato gratitudine e poi so che con lui posso permettermelo.- ribatté a sua volta.
-Puoi permettermelo? Ma non dire sciocchezze.- risposi salendo in macchina.
-Non vuole il potere, vuole solo rispettare la promessa che ha fatto a sua sorella. Non si monterà la testa perché sa che gli voglio bene e sicuramente non vuole rubarmi il potere, anche perché non potrebbe. È un erede dei Von Ziegler, ma con i Vidrean non ha alcun legame e questi non lo accetterebbero come loro sovrano. Ancora meno voi Lovinescu, non lo accettereste mai come erede di quei due clan, a meno che non sia io stessa ad abdicare in suo favore.
Dalle sue parole non era minimamente intenzionata ad abdicare e quel discorso mi mostrò un altro lato del suo essere. Non credevo che avesse calcolato tutto anche con suo zio Wilhelm, che sapevo essere, nonostante non ci avessi parlato granché, una brava persona e molto affezionato alla defunta sorella. A pensarci bene, se Wilhelm avesse voluto incentrare il potere nelle sue mani, avrebbe potuto scrivere un documento nel quale Serena affermava di voler abdicare e farglielo firmare con l'inganno, magari spaventandola con le storie sulla nostra famiglia e non cercare di farla ragionare e farle tenere fede al patto.
-In una giornata con te ho capito molto di più che in due serate.- affermai sorridendo.
-Io di te non ho capito un cazzo.
-Che termini scurrili per una principessa.- le feci notare storcendo il naso.
Mi ero quasi dimenticato di quanto potesse essere grezza e volgare.
-Ehi, non sono in veste di principessa, ma di ragazza comune. Lontano dagli impegni regali, lontano dal cuore. Allora spara, che tipo sei?- disse mettendo in moto la macchina.
"Spara? Ma che diavolo...".
Quei termini gergali proprio non li capivo, ma non feci commenti. Non volevo iniziare un'altra discussione sterile riguardo al suo comportamento rozzo.
-Sono come mi vedi.
-Un arrogante e carismatico vampiro?
-Esattamente.- risposi divertito dalla sua battuta.
-Dai, ci dev'essere qualcos'altro. Che hobby hai?
Mi sembrava un po' troppo interessata a conoscermi. Sapevo di irritarla da morire, perciò mi sembrava scontato che non volesse nemmeno conoscermi. Le possibilità erano due: stava cercando di scoprire se avessi in mente un piano in particolare oppure si era rassegnata a dover passare tanto tempo con me e voleva conoscermi per davvero. Sperai vivamente che fosse la seconda possibilità.
-Mi piace andare a cavallo, collezionare armi di ogni genere, che ovviamente so utilizzare, e leggere, in particolare Shakespeare e Machiavelli. Trovo che Il Principe sia un'opera molto interessante e aspiro a diventare un sovrano come il principe ideale descritto da Machiavelli.
Non volevo essere un sovrano buono, ma un sovrano giusto. Può succedere che se si è un sovrano buono, si rischia solo di far soffrire a lungo qualche suddito. Un sovrano giusto vaglia ogni possibilità per il bene del suo popolo, senza far soffrire nessuno se non se stessi, se la decisione che è giusta da prendere va contro i propri ideali. Quel libro era stato per me un'opera che mi aveva ispirato e sarei diventato esattamente così. Sarei stato il primo sovrano Lovinescu a non essere spietato, ma giusto.
-Anche a me è piaciuto molto. Durante le lezioni di italiano alle superiori, la nostra professoressa ci fece un riassunto molto ampio, ma è un peccato non averlo mai letto.- spiegò e io rimasi sconcertato.
-Davvero? Se ti va ti presto il libro, vale la pena di leggerlo. E tu che cosa leggi?
Fu divertente quel viaggio, soprattutto quando mi rivelò che aveva numerosi libri riguardo ai vampiri. Non era stata immune al fascino della nostra specie nemmeno nei gusti letterari.
-Dimmi che non hai mai creduto a certe stupidate scritte in molti di quei libri, ti prego.- chiesi ridacchiando.
-Be', di certo non sembriamo tanto morti come alcuni libri ci descrivono e ringrazio ogni dio esistente e non che possiamo cibarci anche di cibo umano. Non penso che sarei riuscita a sopravvivere a un'eternità senza pizza e lasagne.
Scoppiai a ridere e mi ritrovai d'accordo con lei. Non credevo che sarei riuscito a sopravvivere senza gulasch o, perché no, un'ottima pizza per l'eternità. Sarebbe stato triste e noioso.
La mia risata la contagiò e pensai che il mio cuore si sarebbe potuto fermare da un momento all'altro. La sua risata era bellissima, nonostante fosse incontrollata e poco regale, ma poco mi importava. Se mi avessero chiesto come sarebbe potuta essere la risata di un angelo, io avrei risposto che sarebbe stata come quella di Serena.
Ci ritrovammo nel maneggio poco fuori città. Serena rimase ad accarezzare i cavalli e io discussi col proprietario riguardo ai cavalli. Aveva un paio di stalloni e qualche giumenta docile e robusta, perfetta per coloro che non sapevano cavalcare. In effetti non avevo chiesto a Serena se fosse in grado di cavalcare, quindi decisi di prendere la giumenta, lasciando gli stalloni trepidanti nei loro box.
Il proprietario mi passò due caschi, i finimenti e mi disse che potevo pagare il tutto alla fine.
-Sei mai andata a cavallo?- domandai a Serena conducendola verso le stalle.
-Mmh... vale il cavallo di plastica scadente delle giostre?- chiese e io la guardai in modo eloquente con un sopracciglio alzato. -Immagino di no.- aggiunse.
-Davvero non sei mai salita su un cavallo? Nemmeno con Wilhelm?
-Da piccola, con l'istruttore che portava le briglie e basta, però non mi sembra un dramma che io non sappia cavalcare. C'è un sacco di gente che non sa farlo e vive benissimo così.
Ridacchiai divertito e pensai a Wilhelm. Aveva commesso un errore non da poco, ma non potevo biasimarlo. Si stava occupando di insegnare tutto alla nipote, quindi era plausibile che qualcosa gli fosse sfuggito di mente. Avrei riparato io al suo errore.
Condussi Serena verso la giumenta color cioccolato e criniera nera. Era piuttosto bella e robusta, perfetta per essere cavalcata da due persone. Iniziai a mettere i finimenti e spiegai a Serena come metterli e dove. Terminato, condussi la giumenta verso la pista e la guardai.
-Sali.
-Cosa?- domandò a occhi sbarrati.
-Sali sul cavallo. Ti insegnerò a cavalcare.
-Grazie, ma no grazie. Posso sopravvivere senza saper cavalcare.
Mi ritrovai a sorridere: era spaventata a morte da una docilissima giumenta! Se avessi preso uno di quei stalloni muscolosi e vivaci l'avrei anche capita, ma in quel caso era un cavallo docile alto uno e settanta al garrese.
-Cavalcare è una cosa molto importante, soprattutto per una principessa. In certe occasioni non potrai utilizzare le macchine lussuose del tuo garage, quindi è meglio se impari a cavalcare, e in fretta anche.- spiegai pazientemente, accarezzando il muso del cavallo.
Era ancora piuttosto scettica, ma era una cosa che doveva imparare, come l'etichetta, la storia e la politica.
-Quando sarai in sella, salirò dietro di te, così non avrai paura di cadere. Ho scelto appositamente un cavallo piuttosto robusto.- cercai di tranquillizzarla e mi fissò intensamente negli occhi, combattuta se darmi fiducia o meno, e alla fine cedette.
-D'accordo, ma se mi faccio male me la paghi molto cara.- mi minacciò e io mi ritrovai a sorriderle malizioso.
-E che punizione avresti intenzione di infliggermi?- domandai, già pensando alle numerose punizioni che mio padre e mio zio mi avevano inflitto.
Chissà se me ne avrebbe mostrata una nuova o una di quelle che avevo già subito.
-Non è che hai tendenze sadomaso? Se così fosse, devi starmi lontano almeno dieci metri.
Scoppiai a ridere per la prontezza che aveva avuto. Non ero uno di quei pervertiti che per eccitarsi hanno bisogno di certe cose!
-Puoi stare tranquilla, ero solo curioso. Forza, metti il piede sinistro sulla staffa e tirati su.- spiegai, ma non fui per nulla preparato alla scena che mi si presentò circa dieci secondi dopo.
Serena fece esattamente come le dissi, peccato che non si dette lo slancio necessario per sistemare anche l'altra gamba e rimase col sedere per aria, nel vano tentativo di non cadere e di issarsi correttamente. Meno male che avevo scelto quel cavallo, altrimenti un altro l'avrebbe portata in giro per tutta la pista in quel modo.
Scoppiai nuovamente a ridere, fin quasi a piangere. Non era per niente cavalleresco, ma la scena era troppo spassosa e del tutto inaspettata.
-Non ridere! Aiutami, scemo che non sei altro!- mi riprese.
Ancora ridendo, la presi per i fianchi e la riportai a terra.
-Scusami... è che... non pensavo...- dissi tra una risata e l'altra.
Vidi il suo viso diventare rosso come una melagrana e la trovai immensamente adorabile. Si guardava la punta delle scarpe piena di vergogna, non aveva il coraggio di guardarmi in faccia dopo quella gaffe.
-Perdonami, è che non me l'aspettavo.- mi scusai, nonostante riuscissi a stento a fermare le risa.
-Te l'ho detto che non so cavalcare.- borbottò continuando a guardarsi le scarpe.
-Riproviamo. Questa volta ti do una mano.- la incoraggiai.
Non era del tutto convinta, ma mise nuovamente il piede sulla staffa e mentre cercava di tirarsi su, le misi le mani sui fianchi l'aiutai a salire. Quando fu correttamente sistemata, saltai con un balzo dietro di lei e afferrai le briglie.
-Devi mettere le mani qui.- spiegai stringendole le mani e sistemandogliele a dovere sulle briglie. -E dai un leggero colpetto con i talloni sui fianchi del cavallo per farlo andare al passo.
Fece come le dissi e la giumenta si mosse con passo tranquillo. Era piuttosto preoccupata ed era incollata al mio petto. Cercai di darle più sicurezza stringendola a me con fare protettivo e di tanto in tanto mi ritrovai a inspirare il suo dolce profumo.
Avrei voluto rimanere con lei in quella posizione per sempre. La sua schiena contro il mio petto, i suoi capelli a solleticarmi il mento e la guancia e il suo respiro a mandarmi in estasi, ma dovevo insegnarle a cavalcare e non potevo permettermi quel lusso, soprattutto sapendo che lei a stento mi sopportava. Pian piano la sentii sempre più rilassata tra le mie braccia.
-Visto? Non c'è nulla da temere. Te la senti di andare al trotto?- domandai.
-Eh? Oh, sì. Va bene.- rispose intontita.
Era molto veloce nell'apprendimento, nonostante un paio di volte rischiò di innervosire la giumenta. Era nata per andare a cavallo e mi sarebbe tanto piaciuto sfidarla in una competizione amichevole, ma ne avremmo riparlato più avanti. In un solo pomeriggio imparò ad andare a cavallo da sola, senza il mio aiuto, ma per il galoppo ci sarebbe voluto ancora del tempo.
Fu un pomeriggio molto piacevole e le sue battute, autoironiche o meno, provocavano in me un riso quasi irrefrenabile.
-Te la sei cavata piuttosto bene, ma non credo che riuscirò a togliermi dalla testa l'immagine di te con le gambe all'aria sul cavallo per un bel po' di tempo.- la canzonai ridacchiando, mentre tornavamo alla macchina.
-Certo che sei antipatico.- borbottò imbarazzata, camminando con passo tremante.
Era dura per chi non era abituato a cavalcare, ma presto si sarebbe abituata.
-Dai, stavo solo scherzando. Sei una ragazza che apprende in fretta ed entro qualche settimana, saprai cavalcare perfettamente.- mi complimentai con sincerità.
Era una donna splendida, che in una giornata mi aveva stupito moltissimo. Era interessante, sveglia, intelligente e... no! Non dovevo permettere all'amore di avere il sopravvento, ma potevo farci ben poco. Quell'emozione sembrava esplodere in me senza che me ne accorgessi. Come aveva detto mio padre, ero diventato un debole, ma non mi dispiaceva così tanto come avevo creduto.

The Bloody and Dark PrinceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora