Capitolo 8

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Eravamo sulla via del ritorno e non riuscivo a non complimentarmi con lei, sinceramente colpito dalla sua velocità di apprendimento. Ciò mi fece formare una domanda: se era da più di quattro mesi che teneva delle lezioni con Wilhelm, come mai aveva imparato poco o nulla? Non era portata per la storia, politica e lingue? Probabile.
-A proposito di apprendere- iniziò Serena mentre cercava parcheggio. -ti pregherei di non venire più alle lezioni di mio zio.
-Perché?- chiesi inclinando la testa di lato e mi odiai un'altra volta per quello stupido vizio.
-Perché mi metti ansia. Ormai sono abituata a fare figuracce davanti a mio zio e abbiamo raggiunto un equilibrio, ma davanti ad altri vado nel pallone.
Ci avevo visto giusto quel pomeriggio, ma non era una cosa che una persona del suo rango poteva permettersi.
-Una principessa non può permettersi di farsi venire l'ansia, men che meno un sovrano. Dovrai ricordartelo quando diventeremo sovrani e uniremo le nostre famiglie rispettando il patto.
Serena sbuffò e alzò gli occhi al cielo esasperata.
-A proposito di questo, sulla copia del patto mio zio non ha visto alcuna clausola.
-Di che parli?- domandai confuso.
-Della clausola della quale mi hai parlato un mese fa. Quella che dice che per diventare sovrani dobbiamo sposarci. È una balla bella e buona e te la sei inventata di sana pianta.
Aggrottai le sopracciglia ancora più confuso. Ma di che diavolo stava parlando? Solo in quel momento capii. Wilhelm le aveva nascosto quella clausola importantissima? A quale scopo?
-Invece c'è.- ribattei.
-No, non c'è.
-Ti dico che c'è.
-Stai mentendo, non c'è.
-Ti ripeto che c'è.
-Ti si allunga il naso se dici bugie, Pinocchio.- rispose canzonandomi, mentre parcheggiava sotto casa.
"Mi sta dando del bugiardo? Non potrei mai mentire su una questione simile, anche perché ci sono tantissime copie del patto." pensai stizzito.
La guardai con occhi pieni di sfida e lei fece altrettanto. Uscii dalla macchina sbattendo la portiera un po' più forte del necessario e l'attesi davanti al portone di casa. Le avrei fatto vedere io chi era il bugiardo.
Arrivati al pianerottolo, la presi per un braccio e la feci entrare a forza nel mio appartamento. La condussi verso l'enorme libreria, nonostante le sue proteste.
-Che diavolo stai facendo? Lasciami.- disse decisa, con tono degno di una regina, ma la ignorai completamente.
Mi dava del bugiardo? Bene, le avrei dato le prove del contrario. Era ora che si svegliasse.
Presi la pergamena, la vera copia del patto, la srotolai sul tavolino basso, mi sedetti e iniziai a leggere velocissimamente in rumeno fino a trovare il punto interessato.
-Per salire al trono che spetta loro di diritto- iniziai a tradurre. -i due eredi dovranno unirsi in matrimonio, unendo entrambi i clan e...
Non mi dette tempo di finire che prese la pergamena con una mano e con l'altra la mia manica. Serena mi riportò sul pianerottolo, suonò il campanello col gomito e quando i suoi genitori vennero ad aprirci la porta, trascinò me e la pergamena in cucina.
-Cosa c'è scritto qui?- chiese ai suoi genitori in tono duro.
Era veramente infuriata, quel tipo di furia gelida che può esplodere da un momento all'altro. L'avevo vista moltissime volte negli occhi di mio padre e ormai sapevo riconoscerla alla perfezione.
-C'è scritto che per salire al trono che spetta loro di diritto, i due eredi dovranno unirsi in matrimonio...- tradusse Andrea.
Serena lo spostò e guardò la pergamena sbigottita, studiandola in ogni minimo dettaglio. Dal suo sguardo capii che non voleva crederci e capii anche che da quando era diventata principessa, non aveva fatto altro che cercare una scappatoia al nostro matrimonio, invano.
-Te l'avevo detto.- le dissi guardandola con occhi pieni di sfida. -Io e te dobbiamo sposarci, che ti piaccia o no.
-Non mi sposerò mai con te.- rispose venendomi vicina, con lo sguardo al vetriolo.
-Andrea, chiama Wilhelm. Sbrigati.- disse Paola, spaventata dalla situazione tesa che si era creata.
-E invece dovrai farlo, se non vuoi che scoppi una guerra di proporzioni bibliche.- ribattei stringendo i pugni.
Quella donna si stava comportando come una ragazzetta. Era nostro dovere sposarci e portare la pace fra i nostri clan. Non c'erano altre scelte.
-E' una minaccia? Stai dicendo che se non ti sposo attaccherai il mio regno?- domandò testarda.
-Sto dicendo che se non terrai fede al patto, entrambi i nostri clan continueranno a combattere come hanno fatto fino a oggi.
-Non finché ci sono io a regnare.- ringhiò furibonda e quasi mi venne da riderle in faccia con cattiveria.
-A regnare? Sei a malapena una principessa. Anzi, per essere precisi sei solo un abbozzo di principessa. Non sai fare le cose più basilari, non sai nemmeno parlare le lingue dei tuoi genitori e hai la sfacciataggine di ritenerti una principessa? L'unica cosa che ti rende tale è che Astrid Von Ziegler e Marius Vidrean erano sovrani e senza di loro tu non saresti niente.
Non ero stato gentile, anzi ero stato perfido, ma dovevo metterla di fronte alla realtà. Lei era una principessa soltanto per via delle sue nobili origini e la sua unica possibilità di sopravvivenza nel nostro mondo, l'unico che sarebbe stato in grado di proteggerla dai nostri nemici, ero io. Io ero in grado di regnare, lei era già tanto se riusciva a tenere la sua camera in ordine.
Eravamo molto vicini e riuscivo a leggere nei suoi occhi tutta la furia che provava nei miei confronti, ma anche il dolore che le mie parole le avevano causato. Avevo cercato di dirle la verità in modo gentile e garbato, ma lei non aveva voluto sentirla e mi ero spazientito. Non ero stato per niente educato, lo ammetto, ma doveva svegliarsi e capire la gravità della situazione.
Serena aprì la bocca per rispondermi, ma la porta dell'appartamento si aprì ed entrò Wilhelm. Sapevo che nei dintorni c'era una cantina di sangue e, dato che avevo quasi dato fondo alle sue scorte, era stato costretto a venire in quella zona per procurarsene dell'altro.
-Che diavolo sta succedendo qui?- chiese guardandoci a occhi sbarrati, dato che eravamo quasi naso contro naso e non avevamo intenzioni amichevoli.
Serena rivolse la sua furia verso lo zio. Lo prese per il polso e lo trascinò davanti alla pergamena che le avevo mostrato poc'anzi.
-Allora? Spiegami tu che diavolo sta succedendo.- disse, anzi ordinò a suo zio in tono autoritario.
Questo osservò la pergamena con gli occhi fuori dalle orbite e lo vidi sbiancare. La cosa suscitò in me qualche sospetto ed ero curioso di vedere che cosa sarebbe venuto fuori dall'intera faccenda.
"Che diavolo hai in mente, Wilhelm Von Ziegler?" mi chiesi osservando la scena.
-Voglio che tu mi dica se questa è la vera copia della pergamena del patto o è quella che mi hai mostrato tu. Voglio la verità.- insistette Serena.
Wilhelm sospirò e si massaggiò le tempie, sedendosi su una delle sedie libere. Sembrava preoccupato, come se stesse per annunciare una terribile notizia.
-Non dovevi avere la certezza riguardo alla clausola fino a quando non avresti accettato il matrimonio.- spiegò Wilhelm. -È vero, questa è la pergamena giusta, quella che ho io è identica, ma non riporta la clausola.
-E perché avresti omesso una cosa così importante?- chiese Serena duramente.
-Perché sapevamo che non avresti accettato tutto questo.- intervenne Paola.
Vidi Serena sbarrare gli occhi e li posò in quelli della madre. Anche loro erano partecipi di quel folle piano? La risposta era nota a tutti.
-E' stata un'idea nostra e di Astrid e Marius.- iniziò a raccontare Paola. -Sapevamo che se fossi cresciuta con noi, probabilmente non avresti mai accettato l'idea di un matrimonio combinato e così...
-Avreste aspettato che accettassi la cosa o che mi innamorassi di lui e poi mi avreste detto che per diventare sovrana avrei dovuto sposarlo, è vero?- la interruppe Serena in un sussurro.
Era sconcertata, senza parole, esattamente come lo ero io. Avevano cercato di facilitarmi le cose in ogni modo possibile, ma senza successo. Serena era testarda come un mulo e quel giorno avevo capito che la sua indipendenza e la sua libertà erano le cose che le stavano più a cuore.
Serena osservò i genitori adottivi e lo zio come se avesse appena scoperto un tradimento. Vidi un'immensa delusione nei suoi occhi, ma questa durò poco, perché la furia divampò più di prima e la indirizzò verso di me.
-Tu lo sapevi? Sapevi di tutta questa faccenda?- mi chiese.
Ero pronto a risponderle a dovere. Non potevo permettere che mi mancasse di rispetto e mi trattasse come un traditore qualunque, ma prima che potessi anche solo pensare di aprire bocca, Paola si frappose fra me e Serena.
-Lui non c'entra niente.- intervenne Paola difendendomi e sorprendendomi. -In tutto questo c'entriamo solo noi.
-Mi avete esclusa e illusa. Mi avete tenuto all'oscuro di tutto!
-Non avevamo scelta. Avresti accettato di sposarlo se te l'avessimo detto?- chiese Wilhelm alla nipote.
Nell'aria aleggiava una risposta luminosa come il sole estivo dell'Italia, che mi bruciò e mi fece sentire malissimo: no. Non mi avrebbe mai sposato, nemmeno se mi fossi posto a lei come l'uomo più galante, rispettoso e devoto.
Senza emettere un singolo fiato, Serena prese la propria borsa e uscì di casa sbattendo la porta. Un simile comportamento mi lasciò sbigottito, perché se avessi anche solo pensato di farlo con mio padre, avrei ricevuto una delle sue punizioni più dure.
Paola sospirò e si accasciò su una delle sedie libere, massaggiandosi la radice del naso stancamente. Andrea prese una bottiglia di vino rosso e quattro bicchieri, per poi porgercene uno a testa. Bevvi il mio in modo automatico, ma quella strana sensazione di malessere non accennava a passare, anzi rischiava di farmi rigettare il vino appena bevuto.
-Ci dispiace, Stefan. Non doveva accadere davanti a te.- si scusò Wilhelm stancamente, mandando giù l'intero bicchiere in un solo sorso.
-Non è colpa vostra. Avete cercato di far rispettare il patto, non c'è nulla di cui rimproverarvi.- cercai di rincuorarli, ma ci riuscii ben poco.
Erano tutti terribilmente in pensiero per Serena e si sentivano tutti in colpa. Un po' potevo capire perché lei fosse così infuriata, ma comportarsi in modo irrispettoso davanti ai propri genitori e al proprio zio mi parve eccessivo. Se non l'avessero punita, almeno mi aspettavo che avrebbe ricevuto una bella lavata di capo con i fiocchi.
-Serena...- iniziò Andrea con voce pensierosa. -...è fatta così. Non prendertela, Wilhelm. Presto tornerà a casa, dopo aver riflettuto a lungo sulla questione, e ci darà una risposta matura e obiettiva.
-Temo possa abdicare.- rispose Wilhelm lasciandomi di stucco. -Sa che se abdicasse in mio favore, tutti i clan, Lovinescu compresi, sarebbero costretti ad accettarmi come legittimo sovrano, ma ci sarebbe il malcontento per non essere riusciti neanche stavolta a rispettare il patto. Temo che se deciderà di intraprendere questa strada, non ci vorrà molto prima che scoppi una guerra civile.
Fui totalmente d'accordo con Wilhelm. Io non avrei fatto tante storie se Serena avesse abdicato in favore dello zio, ma sicuramente mio padre, mio zio e gli altri miei parenti sì. Non ce la facevano più ad aspettare e volevano vedere me e la principessa sposati il prima possibile.
Se nella mia famiglia era così, sicuramente la situazione era la medesima anche nella famiglia Vidrean. Se Serena avesse scelto di seguire quella strada, non ne sarebbe uscito niente di buono. Il destino dei nostri clan e delle nostre famiglie era nelle mani di una donna che non ne voleva sapere niente di assolvere i suoi doveri.
-E' tutta colpa mia.- asserì Wilhelm. -Avrei dovuto dirglielo fin dall'inizio.
-Non stare a ripensare ai "se" e ai "ma".- dissi duramente, un po' troppo. -In una giornata ho capito molto Serena e sono sicuro al cento per cento che se gliel'avessi detto fin dall'inizio, avrebbe abdicato immediatamente. La situazione non sarebbe diversa, ma forse essendosi avvicinata alle proprie origini, ci penserà due volte prima di compiere questa scelta.
Wilhelm mi guardò grato, ma non era mia intenzione consolarlo. Quella era la cruda e nuda realtà e doveva saperlo meglio di me, dato che aveva passato molto più tempo in compagnia di Serena.
-E ora che facciamo?- domandai a Paola e Andrea.
-Adesso aspettiamo.- rispose Andrea, prendendo una pentola e iniziando a preparare la cena.

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