Capitolo 5

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Il medico constatò che ero ridotto peggio di quanto avessi creduto. Tre costole incrinate e due rotte, oltre a numerosissimi ematomi sparsi in tutto il corpo. Mi fasciò il busto in modo molto stretto, mostrandomi come ripetere l'operazione anche da solo, e mi intimò di non fare sforzi per un mese. Mi dette anche un intruglio di erbe da mescolare al sangue tre volte al giorno.
Mi guardò con compassione. Quel medico curava le mie ferite da quando ero nato, ma non disse mai nulla riguardo al comportamento di mio padre. L'unico che aveva il coraggio di farlo era Dimitri.
-Mettete anche questo impacco sull'occhio finché non sarete in grado di aprirlo. Siamo fortunati a guarire più velocemente degli umani.
Era uno dei lati positivi dell'essere vampiro; oltre a questo c'erano anche velocità e forza superiore, fascino e vita eterna. Nessuno sapeva perché fossimo così diversi dagli umani. Non esisteva un atlante sull'anatomia dei vampiri, ma a noi bastava conoscere queste caratteristiche per essere soddisfatti.
Dimitri mi accompagnò in camera mia, ma prima che potesse emettere un fiato entrarono mio padre e mio zio. Mio padre mi guardò come se fossi l'essere più schifoso dell'intero pianeta. Ancora mi credeva uno smidollato. Ci inchinammo al suo cospetto e attendemmo che iniziasse a parlare.
-Che ci fai qui, generale Petrescu?- chiese freddamente.
-Ho trovato vostro figlio nella sala d'addestramento e l'ho portato dal medico per ricevere le adeguate cure.- rispose con decisione.
-Chi ti ha detto che potevi farlo? Gli smidollati non possono ricevere le cure mediche senza il mio consenso.- lo riprese duramente mio padre. -Allora? Qual è la prognosi?
-Tre costole incrinate e due rotte. Deve stare a riposo per un mese; ordini del medico.
Mi parve di vedere i muscoli del collo di Dimitri contrarsi e la vena sulla tempia pulsare a ritmo del suo cuore, segno che era veramente infuriato, ma mio padre non se ne accorse. Scacciò le parole di Dimitri con un gesto della mano.
-Sciocchezze. Domani voglio che tenga la sua lezione come ha sempre fatto, a meno che Stefan non ammetta di essere un debole.- affermò mio padre guardandomi con occhi calcolatori.
Non ero un debole. Non ero uno smidollato. Non potevo deludere nuovamente mio padre in quel modo, non due volte nello stesso giorno. Drizzai la schiena e lo guardai con decisione.
-Affatto. Io non sono un debole, padre. Domani terrò la mia lezione e non saranno un paio di costole rotte a fermarmi.
Mio padre scosse lentamente la testa, mentre mio zio ridacchiava malignamente alle sue spalle.
-Sei una gran delusione, Stefan. Avrei voluto un guerriero come figlio, invece mi ritrovo un patetico verme che sospira innamorato come una verginella.- affermò facendo ridacchiare più forte mio zio.
Avevo fatto come voleva lui, non poteva insultarmi! Gli avevo dimostrato di essere forte, di avere tenacia e grinta e lui mi definiva "una verginella innamorata"!
Lo guardai a occhi sbarrati, colmi di dolore. Ero spiazzato dalle sue affermazioni, ma tutto ciò che riuscii a fare fu abbassare il capo.
-Spero che tu abbia ancora un briciolo di razionalità per soppesare le mie parole e fare la scelta giusta. Andiamocene Lucian, non voglio istupidirmi come mio figlio.
Lucian sghignazzò ancora e io e Dimitri ci inchinammo nuovamente. Non osai alzare il busto e sperai che Dimitri se ne andasse al più presto.
-Stefan...
-Dimitri vattene.- lo interruppi bruscamente, stringendo i pugni fino a conficcarmi le unghie nella carne.
-Ma...
-Ho detto vattene. Ti prego.- aggiunsi poi implorante.
Dimitri fece come gli dissi e quando il suono dei suoi passi fu abbastanza lontano, chiusi la porta a chiave e mi lasciai andare. Dopo il primo singhiozzo, che mi provocò una fitta lancinante al costato, ne susseguirono altri sempre più frequenti e dolorosi. Le ginocchia mi cedettero e mi accasciai lentamente sul tappeto persiano fatto a mano.
Un uomo grande e grosso che piangeva come un bambino. Avevo subito la punizione peggiore da parte di mio padre, escludendo quella riguardante la morte di mia madre. La mia unica colpa? Essermi innamorato della principessa che avrei dovuto sposare.

Mi concessi il lusso di piangere fino a quando i miei dotti lacrimali non furono del tutto prosciugati. Erano anni che non piangevo, più o meno otto. Nonostante l'opinione di mio padre sul piangere, ovvero che fosse per deboli, mi fece un gran bene e mi sentii svuotato. Non avrei mai più pianto, era una promessa.
Mi spogliai e mi diressi in bagno per una lunga doccia calda. Non potevo presentarmi da mio padre con gli occhi gonfi di pianto o l'avrei deluso tre volte in una giornata. Lavai via tutto il sangue e la sporcizia e osservai il mio corpo costellato dai lividi e dalle poche cicatrici lasciatemi da mio padre, segni che stavano a indicare che mi aveva punito troppo duramente. Lui non mi rompeva mai le ossa al punto da farle fuoriuscire dalla carne, ma più di una volta aveva calcato troppo la mano.
L'unica cosa che desideravo ardentemente in quel momento, era ricevere un segno di approvazione da mio padre. Non me ne aveva mai dati, a eccezione di qualche complimento durante un nostro combattimento. Volevo renderlo fiero, ma nulla di me sembrava renderlo tale. Affermava che avessi passato troppo tempo con mia madre e che mi avesse rovinato in quei brevi sei anni.
Se mio padre mi aveva solo insultato e demoralizzato per tutta la vita, gli anni trascorsi con mia madre erano stati un continuo susseguirsi di gesti d'affetto, carezze e baci. Mi ricordavo ancora il sapore dei suoi papanasi che mi preparava dopo l'ennesima punizione di mio padre. Era il sapore più buono che avessi mai provato. Anche se ero un uomo, mia madre mi mancava terribilmente, soprattutto in quei momenti di sconforto.

The Bloody and Dark PrinceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora