Capitolo 4

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"Serena." riuscivo solo a pensare durante il tragitto verso camera mia.
Avevo lo sguardo più ebete che avessi mai avuto. Non mi ero mai sentito così leggero e ansioso di rivedere una donna. Sì, perché Serena era una donna, anzi era più donna di tutte quelle femmine con le quali avevo condiviso il letto. Mi sentivo anche in colpa per averla terrorizzata e offesa in quella maniera, ma mi sarei fatto perdonare.
Arrivato in camera, allentai un po' la cravatta e mi avvicinai allo specchio per osservare il segno rosso della sua mano dalle lunghe dita affusolate. Quello era stato il nostro primo vero contatto, non dettato dalle circostanze, e mi sarebbe rimasto impresso nella pelle per giorni.
Sentii mio padre e mio zio avvicinarsi alla porta della mia camera e cercai di ricompormi, anche se sarebbe stato difficile nascondere il segno dello schiaffo di Serena.
-Allora Stefan, tuo zio mi ha detto che hai difeso la principessa da lui. Ottima mossa, anche se tuo zio non è d'acc...
Mio padre si interruppe quando notò il segno sulla guancia. Vidi il suo viso scurirsi di collera e a breve sarebbe esploso. Dovevo salvarmi in qualche modo. Caricò la mano chiusa, pronto a colpirmi per punirmi, ma lo fermai con una semplice frase.
-Vi fidate di me, padre? Questo fa tutto parte del mio piano.- dissi nel disperato tentativo di non subire la sua furia, ma continuando comunque a restare tranquillo.
Mio padre si fermò, ma non abbassò il pugno. Se non gli fosse piaciuta la mia risposta, mi avrebbe colpito come un tamburo e lo schiaffo di Serena sarebbe stato una semplice carezza.
-Che piano?- ringhiò con i canini completamente fuori dalle gengive.
-Dovevo farla alterare per scoprire un suo segreto e quando saprà che ne sono a conoscenza, guadagnerò la sua fiducia.- spiegai brevemente e quando vidi il suo pugno abbassarsi lentamente, tirai un sospiro di sollievo interiore.
-Che tipo di segreto?- domandò mio zio emozionato come una vecchia comare.
-Lo dirò solo a mio padre. Tu lo andresti a sbandierare ai quattro venti e il mio piano fallirebbe.- risposi deciso e lui sbarrò gli occhi sorpreso dalla mia audacia, mentre mio padre ridacchiò divertito.
-Ha ragione, Lucian. Tu e i segreti dei tuoi nemici non andate d'accordo. Lasciaci soli.
Mio zio borbottò qualcosa in protesta, ma lasciò comunque la mia camera. Mio padre giunse le mani dietro la schiena, com'era solito fare quando era pensieroso, e mi guardò in attesa.
-Avevamo ragione: la principessa è sprovvista di canini, non è ancora un vampiro maturo.
Mio padre sbarrò un poco gli occhi e scoppiò a ridere di gusto.
-Ora ho capito tutto. Hai dovuto farla infuriare per scoprirlo e questo è il risultato. Devo ammettere che il segno che ti ha lasciato è notevole, non c'è che dire.- constatò afferrandomi il mento e girandomi il viso per osservare meglio il segno.
-Mi ha anche fatto girare la testa di lato.- ammisi e lui sollevò le sopracciglia notevolmente colpito.
Era raro che qualcosa lo colpisse e fui quasi orgoglioso della mia principessa.
-Ora che hai intenzione di fare? Oggi il corteggiamento non è andato a buon fine.
Mi sistemai meglio la cravatta e i polsini della camicia. -Andrò a scusarmi e le spiegherò perché l'ho fatta infuriare. Sono convinto che se nessuna voce nuova riguardante i suoi canini mancanti verrà messa sulla piazza, la principessa Serena acquisirà più fiducia in me.
-Sei un temerario come me, ma non devi giocare con la principessa. È importante che si fidi completamente di te.- disse mio padre dopo qualche istante di riflessione.
L'avevo scampata. Ero riuscito a evitare l'ennesima punizione, ma ormai dopo venticinque anni avevo imparato ogni metodo per salvarmi, anche se ormai mi ero quasi abituato ai suoi colpi.
-Mi raccomando: non commettere più errori. I Lovinescu sono impazienti e vogliono vedere te e la principessa Serena sposati entro breve.
-Certo, padre. Non vi deluderò.- risposi inchinandomi leggermente a lui.
Mio padre uscì e mi lasciò solo con i miei pensieri. Avrei dovuto usare tutte le mie risorse e inventarne di nuove per riuscire a conquistare Serena e immaginai che non sarebbe stato così facile come con le mie precedenti amanti.

Riservai una cura maniacale al mio aspetto. Volevo essere perfetto per lei, per il nostro terzo incontro. Non volevo aspettare giorni o settimane per rivederci e spiegarle perché quel giorno l'avevo provocata in quel modo, ma sarei andato all'istante. Dovevo riparare a ciò che avevo fatto il prima possibile.
L'autista mi accompagnò fino al castello Vidrean che, da quel che mi avevano detto alcuni dei miei parenti, sapevo essere in bancarotta, ma rimasi sorpreso quando vidi che Serena era riuscita a rimettere quasi a posto le finanze dei Vidrean.
Quando mi presentai al portone d'ingresso, due servitori mi aprirono la porta e mi invitarono a entrare.
-Principe Stefan, non aspettavamo una vostra visita.- disse uno dei domestici visibilmente sorpreso di vedermi lì, mentre cercava di non farsi scoprire a osservare il segno rosso sulla mia guancia.
-Sono venuto per vedere la principessa Serena. Vai a chiamarla, aspetterò qui.- ordinai senza scompormi.
I due servitori si guardarono interrogativi, ma entrambi si congedarono e mi lasciarono in attesa. Mi persi a guardare i quadri degli antenati di Serena, fino a quando non la sentii avvicinarsi a passo di carica. Quando girò l'angolo dovetti trattenere a stento una smorfia. Indossava i pantaloni della tuta, un top, aveva i capelli spettinati ed era completamente sudata. Il suo sguardo trasudava irritazione e rabbia.
Si fermò a un paio di metri da me, incrociò le braccia e si poggiò con una spalla al muro, tra due quadri dei suoi antenati. Provavo emozioni contrastanti a vederla in quello stato. Meraviglia e disgusto.
-Ma siete sudata?- chiesi guardandola schifato.
"Sei un genio. Non è proprio l'inizio adatto per delle scuse." mi rimproverai mentalmente.
-No, mi piace fare la doccia vestita. Dovresti provare qualche volta.- rispose sarcastica.
La guardai confuso. Mi stava prendendo in giro?
-Allora, che sei venuto a fare?- aggiunse.
-Sono venuto a scusarmi per il mio comportamento...
-Da stronzo?- mi interruppe e dovetti raccogliere tutto il mio autocontrollo per non offendermi, anche perché me l'ero meritato.
-Inadeguato.- la corressi con gentilezza. -Non dovevo comportarmi così e vi chiedo scusa.
-Tanto ti sei rivelato per quello che sei veramente. Vuoi solo il potere, ma cosa dovevo aspettarmi da te? Non sei di certo il classico principe azzurro con la calzamaglia aderente.
Mi venne da sorridere a quella pungente, ma divertente battuta. Decisi di stare al gioco, ma senza andare fuori tema.
-Questo matrimonio è una cosa che si deve fare per portare la pace tra i nostri clan e poi la calzamaglia mi starebbe male.- dissi provando a scherzare.
Anche se non mi dette la soddisfazione di sorridere, la vidi trattenere un sorriso.
-E' un dovere.- convenne con me. -Ma non lo farò.
La guardai scioccato. Possibile che volesse scatenare una guerra tra i nostri clan? Oppure non era a conoscenza della clausola che ci legava e ci obbligava a sposarci? Se non ci fossimo sposati, saremmo rimasti dei semplici principi e i principi hanno potere molto limitato rispetto ai re. Era da incoscienti restare tali a vita. Che cosa diavolo aveva intenzione di fare Wilhelm?
Feci un respiro profondo, per non urlarle in faccia la realtà, e piantai i miei occhi nei suoi.
-Quindi volete la guerra.- constatai.
-No, non voglio sposarti. C'è una bella differenza tra il volere una guerra e non voler sposare uno sconosciuto ipocrita e stronzo.
-Lo sapete che se non ci sposiamo, non potremo mai diventare re e regina?- domandai, sorvolando sugli ennesimi insulti che mi aveva rivolto.
Aveva la lingua velenosa e tagliente, ma la cosa mi divertì. La vidi aprire la bocca per rispondere e la richiuse subito dopo. La vidi riflettere qualche istante e decisi di incalzarla.
-Non ve l'aspettavate, vero?- domandai.
-Non ti credo.- rispose con decisione
-Sei cocciuta come un mulo!- sbottai e volli mordermi la lingua per essermi dimenticato di darle del voi. -Cioè, voi...
-Lascia perdere l'etichetta almeno quando siamo soli.- mi interruppe. -Comunque hai ragione, sono testarda e scusami tanto se sono diffidente. Vuoi che fin da subito diventi la tua amichetta del cuore e che ci mettiamo lo smalto a vicenda durante i pigiama party?
"Ma di cosa diavolo sta blaterando?" mi domandai guardandola a occhi sbarrati. Quei paragoni non avevano minimamente senso per me.
-Cosa?
-Il punto è che non puoi incolparmi se sono diffidente, soprattutto dopo oggi, e anche perché...- si bloccò, ma io sapevo già cosa volesse dire.
La mia famiglia non era conosciuta per la sua benevolenza e clemenza, ma per la spietatezza. Anche lei si era fatta sopraffare dai pregiudizi ed era partita prevenuta con me. Questo mi ferì un pochino.
-E anche perché sono un Lovinescu, vero?- terminai al suo posto, con una punta di amarezza nella voce.
Mi era parsa più intelligente delle altre, eppure anche lei lasciava che il suo giudizio fosse influenzato dagli altri. Non mi sorpresi quando notai un paletto sporgere dalla tasca dei pantaloni della sua tuta. Forse quella mattina avevo esagerato.
-No, io sono diffidente di natura, non solo con i Lovinescu.
-Ah sì? E allora perché hai un paletto nella tasca dei pantaloni?- ribattei.
Mi avvicinai per prenderle il paletto, ma indietreggiò inciampando nei suoi stessi piedi. La afferrai e la strinsi prima che potesse cadere e farsi male, poggiando una mano sulla sua schiena e una sulla sua spalla. Non avevamo mai avuto un contatto così intimo e dovetti sforzarmi di nascondere la mia attrazione che provavo per lei.
Ci guardammo per momenti che parvero interminabili. Quegli occhi erano come un libro aperto, facile da leggere e interpretare. Si leggevano il fascino che suscitavo in lei, la diffidenza e una punta di irritazione per tutta quella discussione. Era troppo impegnata a ricambiare il mio sguardo per accorgersi che avevo afferrato il suo paletto fra il pollice e l'indice e l'avevo alzato accanto ai nostri visi.
-Allora spiegami questo, Serena.- sussurrai continuando a guardarla negli occhi, ma sembrava che si fosse dimenticata come si parlasse.
In quel momento la trovai adorabile e indifesa.
-Sto aspettando la tua risposta.- la incalzai in un sussurro, avvicinandomi sempre di più al suo viso.
Avevo voglia di baciarla, lì, in quel preciso istante. Non avrei mai creduto che avrei scoperto l'amore in quel modo, ma si poteva parlare di amore? Il mio poteva essere un semplice interesse, una sfida da affrontare, ma amore vero e proprio?
-Mi alleno.- rispose in un soffio.
In quel momento mi resi conto che eravamo troppo vicini e non c'era nessuno che ci sorvegliasse. I vampiri erano ancora all'antica e Serena necessitava di uno chaperon quando indossava i panni della principessa. Prima che qualcuno potesse vederci, mi staccai leggermente da lei e la osservai con un sopracciglio alzato e lo sguardo divertito per la risposta che mi aveva dato.
-Le donne non hanno bisogno di imparare a usare il paletto, ma immagino di averti spinto a farlo, dato che ti ho spaventata.- constatai.
-Mi hai inquietata.
Sorrisi divertito. E quando mai la mia famiglia non inquietava qualcuno? Ora dovevo passare al punto successivo del mio piano.
-Bello, mi piace inquietare le persone. Comunque ho fatto quello che ho fatto per un motivo ben preciso.- affermai mettendomi più dritto, senza smettere di guardarla divertito. -La mia intenzione era farti adirare per una curiosità personale.
-Ovvero?- chiese diffidente.
-Vedere se sei veramente sprovvista di canini.
La mia risposta la lasciò letteralmente a bocca aperta e nei suoi occhi lessi incredulità. Vidi gli ingranaggi del suo cervello girare veloci alla ricerca di una scusa credibile, ma io alzai una mano zittendola.
-Prima che inizi ad affannarti a trovare una scusa, l'ho visto perché prima eri veramente alterata. Hai persino digrignato i denti, come se volessi ringhiare come fanno i vampiri, ma non c'erano canini fuori dalle gengive. Per cui l'unica ipotesi è che le voci di corridoio fossero vere: tu non hai ancora sviluppato i canini.
Abbassò le spalle sospirando rassegnata. Già immaginava che sarei andato a sbandierare il suo segreto ai quattro venti, ma si sbagliava di grosso.
-Immagino che lo andrai a dire a tutti e minerai la mia credibilità.
-No.- risposi spiazzandola nuovamente.
Mi avvicinai al suo orecchio, le scostai una ciocca di capelli e non riuscii a non trattenermi da inspirare il suo dolce profumo. Era un profumo che mi faceva diventare matto, diverso da quello delle altre donne. Un profumo che mi faceva venir voglia di morderla e di bere il suo sangue. La sentii rabbrividire.
-Sarà il nostro piccolo segreto.- sussurrai.
Serena indietreggiò un po' e mi guardò scettica. Non ci credeva per niente, anzi pensava che tutta quella faccenda facesse parte di un piano, e in effetti era così.
-A ogni modo, non devi preoccuparti. Sei solo la vampira più in ritardo della storia.- la tranquillizzai divertito, giocherellando un po' col suo paletto.
-Può anche essere dovuto al fatto che è da poco che bevo sangue?- domandò, ma si pentì all'istante di quella confidenza.
-Anche, ma quando inizi ad avvertire la sete, significa che i tuoi canini sono vicini allo sviluppo. È solo questione di tempo, però devi ammettere che un vampiro senza canini sarebbe piuttosto comico.- dissi ridacchiando e restituendole il paletto.
-Io lo trovo umiliante, ma in effetti è abbastanza comico.- ammise riservandomi il suo primo sorriso sincero.
-Sono perdonato?- chiesi guardandola maliziosamente.
-Ma neanche per sogno!
-Non ti è bastato lo schiaffo che mi hai dato in pieno viso? Devi sapere che non sono in molti a colpirmi e ancora meno quelli che mi fanno girare la testa con uno schiaffo.
-Pazienza, vorrà dire che sono entrata a far parte di questa élite. Ora, se non ti dispiace, dovrei tornare ad allenarmi. Ciao.
Si girò pronta ad andarsene, ma la trattenni per la mano e gliela baciai, guardandola intensamente negli occhi.
-Spero di rivederti presto, Serena.
Detto questo, mi girai e me ne andai, anche se sentivo il suo sguardo puntato sulla mia schiena per tutto il tempo che impiegai a uscire.
Alla fine era andato tutto come avevo previsto. Un po' della sua fiducia me l'ero guadagnata, ma non bastava. Io volevo lei. Volevo averla accanto a me. Volevo baciarla, stringerla tra le mie braccia e continuare a sentire le sue battute pungenti, che mi divertivano da impazzire.
Non potevo crederci. Non volevo crederci. Avevo sempre pensato che sarebbe stata lei a innamorarsi perdutamente di me, invece era successo esattamente il contrario.

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