Mi sedetti sul muretto aspettando Andrea, Diego era andato via pochi minuti fa assieme a Mario e Sonny che erano passati a prenderlo per andare in studio insieme. Il clacson di un'auto mi fece sobbalzare, alzai lo sguardo pronta ad insultare il coglione di turno ma mi fermai accorgendomi fosse il moro che aveva sostato davanti. Mi alzai, feci il giro ed entrai in auto "Pronta?" chiese Andrea teso, lo si notava per il suo stringere il volante e picchiettando in modo nervoso le dita "Io si, tu non tanto, se vuoi guido io" risposi ricevendo uno sguardo omicida dal ragazzo "Che noioso, scherzo" alzai gli occhi al cielo. "Non sono sicuro che andrà tutto bene, ho una brutta sensazione" ammise mettendo in moto l'auto e partendo in direzione dell'autostrada "Di brutte sensazioni ne ho anche io, ma reprimi perché finisce male, lo sai" alzai gli occhi al cielo, forse aver deciso Andrea non era il massimo, ma che potevo dire? Era già tanto che avessero accettato di fare quella pazzia. Si era una pazzia, una pazzia totale, senza senso, che mi avrebbe portato anche per sempre in un limbo infinito "Lo so, ma tanto ormai ci siamo dentro, pura follia" sussurrò le ultime parole come se avesse paura di una mia possibile reazione negativa ma che non arrivò, e al contrario di quanto si aspettasse concordai, in fondo era la verità.
Il mio telefono prese a squillare mentre canticchiavamo canzoni a caso che passavano sulle radio cercando di non pensare a ciò che sarebbe successo a breve. Spalancai gli occhi leggendo il nome di Diego sullo schermo, l'ansia che ci avesse scoperti mi assalì, "Che fai? Non rispondi?" chiese Andrea confuso abbassando tutto il volume della radio "È Diego" risposi sospirando e accettando la chiamata "Hey Die dimmi" risposi cercando di fingere di nulla, era difficile "Amore sta sera torno tardi, scusa se non ti ho svegliata" disse il riccio dall'altra parte e mi si sciolse il cuore, mi faceva stare male quello che mi aveva detto e sentirlo così era ancora peggio "Tranquillo Diego, è tutto okay" risposi accennando un sorriso "Va bene, se hai bisogno chiamami subito che arrivo, ti ho lasciato qualcosa per pranzo spero ti piaccia e per sta sera spero di arrivare prima di cena, in caso contrario chiama pure mia sorella, gli farebbe piacere" rispose di rimando con voce preoccupata "Diego davvero è tutto okay, non preoccuparti" dissi mordendomi il labbro sentendomi in colpa per tutte le bugie che stavo dicendo "Si scusa è che ho una brutta sensazione" sussurrò sospirando "Va bene, ci sentiamo più tardi" continuo senza permettermi di replicare e senza che potessi rispondergli attaccò.
"Ci tiene a te, non prenderla a male se non ti lascia controbattere" commentò Andrea, sentendomi sbuffare, se c'era una cosa che mi urtava era chi mi attaccava senza lasciarmi il tempo di ricambiare il saluto a meno che non fossi io ad attaccare la cornetta "Non la prendo male, è fastidioso, insomma se mi saluti io ti saluto, è una questione di educazione" alzai le spalle, era un ragionamento un po' del cazzo, ma dovevo aggrapparmi a cose per non sentirmi in colpa "Lasciamo perdere" rispose alzando gli occhi al cielo e alzando nuovamente il volume della radio.
[...]
Appena misi piede fuori dall'auto sentì le mie emozioni svanire completamente, svuotarmi dal mio essere, uscire da esso e non permettendo più loro di rientrare. Sentivo il mio cervello attivo ma staccato, era una strana situazione, le mie orecchie erano super tese e attente a qualsiasi minimo rumore. "Bene ora che dobbiamo fare?" chiese il moro facendomi sobbalzare, avevo dimenticato totalmente la sua presenza "Puoi tacere per favore? Mi fai venire un infarto prima del tempo" lo fulminai con lo sguardo, l'aria era pesante e quel peso non riuscivo a sopportarlo, era così difficile rimanere concentrata con quelle dannate vocine che parlavano e parlavano senza sosta, ridendo come se fosse davvero divertente quella situazione "Io devo entrare, tu resti qui, va bene?" chiesi girandomi poi verso Andrea che mi seguiva pieno di terrore "Io..." lo fermai subito "Ho capito, ma non parlare ad alta voce e non fare nessun brusco movimento, soprattutto non toccare nulla" scossi la testa, era così terrorizzato che metteva paura anche a me.
-La paura è contagiosa e tu sei una cogliona-rise "Ridimi sto cazzo" borbottai innervosita per poi rendermi conto di averlo detto ad alta voce "Scusa le voci mi fottono il cercello" dissi al moro prima che mi chiedesse qualcosa. Nel frattempo mi avvicinai alla porta di quella casa, la aprii ed entrai seguita da Andrea "Non è molto stabile" mormorò notato tanti pezzi del soffitto sparsi sul pavimento, diventati ormai tutti piccoli detriti "Già" risposi "Sta attento alle travi" lo avvertii poi salendo quella dannate scale mente il moro alla mie spalle puntava una torcia su di esse per fare luce "Puoi darmela?" domandai una volta saliti pronti ad entrate nuovamente in quella casa, o almeno io, "Si" disse passandomela ed afferrandomi la mano, era sudata e fredda contemporaneamente, mi faceva un po' strano, ma in fondo lo capivo era un posto macabro e non il massimo da 'visitare', soprattutto sapendo il motivo di tale operazione. Ricambiai la stretta cercando di rassicurarlo, avevo bisogno fosse sobrio e sveglio, sull'attenti per poter scappare e non immobilizzato sul posto per colpa della paura.
Aprii lentamente la porta mentre le immagini di quella giornata mi ritornarono in mente, faceva così strano pensare che fosse già passato un'anno fa quel giorno, da quel dannato giorni in cui ho deciso di mandare tutto a rotoli lasciando che lui mi ritrovasse, le urla di Fabio, la corsa alla macchina, le paranoie, Diego che mi calmava. Scossi la testa, non potevo vivere nel passato "Hai un'altra torcia?" chiesi piano al moro accanto a me che da lì a poco sarebbe stato capace di spezzarmi la mano per quanto la stringeva, il suo terrore era palpabile "Posso usare quella del telefono" annuii lasciandomi lentamente la mano nonostante non volesse farlo realmente "Vado, aspettami qui" poggiai una mano sulla sua spalla cercando di incoraggiarlo per poi dirigermi verso il corridoio, posto quasi in parallelo al grande salone con quella piccolissima cucina.
Sospirai stringendo forte la torcia nella mia mano destra, chiusi gli occhi ed attesi qualche istante per permettergli di farsi vive -In camera tua-spalancai gli occhi e mi diressi lì, ormai completamente comandata da loro, mi stavo perdendo nei corridoi della mia testa, sembravano estranei nonostante li avessi percossi per anni, ed eccolo il limbo, stavo rischiando più di quanto pensassi eppure niente mi avrebbe fatto cambiare idea, neanche quella di rimanere un vegetale. Posai la torcia sul pavimento, poggiai una mano sulla porta di quella stanza e facendo un po' di pressione sulla maniglia la aprii, frammenti di vetro si spostarono e dei ricordi riaffiorano nella mia mente quasi costringendomi a sbattere più e più volte le palpebre per non perdere la concentrazione, non era quello il momento dei ricordi dell'unico posto che mi aveva reso felice fino allo sfinimento di una giornata passata a disegnare scenari terribili. -Nell'armadio- una voce fin troppo reale mi fece girare di scatto, le paranoie avevano iniziato a farsi sentire più che mai "Ce la posso fare" sussurrai con la speranza che nessun attacco di panico mi prendesse in pieno, qualsiasi rumore mi distraeva, anche i miei stessi passi, la mia testa esplodeva di pensieri negativi, di morte e terrore, ogni passo era come uno sparo a bruciapelo, strinsi più forte che potevo le mie mani chiuse in due pugni fino a conficcarmi le unghie nella pelle. Scossi la testa a tre passi dal mio obiettivo, stavo perdendo la mia umanità come se stessi bruciando lentamente, una tortura che non svanì neanche dopo aver aperto il mio armadio, dove c'erano ancora tutti i miei effetti personali -Prendi la borsa- allungai un braccio per poterla afferrare ma un urlo mi distrasse -Prendila!- "Aiutami!" gridavano in contemporanea, non riuscivo a capire cosa dovessi fare, se correre di là e scoprire qualcosa di inaspettato o afferrare quella borsa e perdere il moro -Stai bruciando esattamente come volevo che bruciasse tua madre-una risata raggiunse le mie orecchie, portai velocemente le mani sul mio collo ritrovandomi nuovamente nello stesso posto con le grida di dolore di Walter, ma quella volta non gridava da solo, mi girai lentamente guardandoli uno per uno, "No" mormorai prima di tornare in me, afferrai la borsa e corsi fuori da quella stanza afferrando la torcia che avevo lasciato sul pavimento.
"Andrea" richiamai il moro "Sono qui" sussurrò piano, seguii il suono della sua voce fino ad arrivare nello sgabuzzino, puntava il flash su un baule. Gli allungai la borsa per evitare di pogiarla sul pavimento sporco, mi accovacciai e lo aprii venendo assalita da un senso di nausea che mi costrinse a chiuderlo subito.
Ops...