L'Anti-Agonista

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"Finalmente usciamo insieme", bisbigliai con un sorriso amaro sulle labbra.

Lei, anche se vicina, sembrava lontana e distante, ma non appena parlai si voltò verso di me e sorrise.

"Sai, non ho mai ricevuto un rifiuto a un mio invito ad uscire insieme. Ma è raro che siano gli altri a invitarmi."

"Immagino. Comunque scusami se non ho portato i fiori. Ci penserà qualcun altro più avanti. Ne sono sicuro."

"Non sai quante persone mi mandando fiori. Lo fanno, eppure vorrebbero tenermi lontana."

"È la contraddittorietà del romanticismo che lo rende speciale, no?"

"No, penso sia più la stupidità e sentimentalità quasi leggittimata che infonde nelle persone."

Sorrisi, e mi avvicinai. Quasi le strinsi la mano ma ebbi paura e mi tirai goffamente indietro. Poi la scrutai per bene, e nonostante notassi ogni suo più piccolo particolare non sarei in grado di descriverne nemmeno uno. Credo avesse gli occhi neri. Forse aveva un velo che le copriva il volto, o forse un lungo vestito l'avvolgeva elegantemente. Le sue mani erano probabilmente sottili e il suo sorriso imperscrutabile. Forse, lei era per me quello che volevo fosse, e ora non sono più capace di ricordare.

"In genere non dico queste cose ma non puoi nemmeno immaginare quanto abbia atteso questo incontro. Tutta la vita. Si può dire che morivo dalla voglia d'incontrarti."

"È rara come cosa. Ma ora portami da qualche parte.", sbottò allegra indicando il cielo con un dito.

Intorno a me sembrava esserci il nulla, come se fossimo stati gettati in un assoluto bianco con noi due al centro del vuoto. Chiusi gli occhi, feci un respiro profondo e li riaprii. L'ossigeno non era mai stato così pesante, e i miei eritrociti non avevano mai fatto tanta fatica per trasportare le componenti dell'aria all'interno del mio corpo. Forse tutto ciò era dovuto alla misera forza impressa dalla propulsione del mio cuore che davanti a lei diventava debole. Sempre più debole.

"Dove vuoi che ti porti? Non conosco molti luoghi. Sono sempre stato un solitario."

"L'ho notato. Ma adesso usciamo da qua. Quest'appartamento è stantio."

Uscimmo di casa in un lampo e subito fummo proiettati in strada. Una strada rossa, larga e desolata come fosse un torrente di sangue. Affiancatomi a lei, questa volta, presi coraggio e le tenni la mano. Era fredda. E io non sapevo che dire.

"Allora... tu quanti anni hai?"

Lei dirisse il suo sguardo verso di me e si soffermò sul mio naso incuriosita.

"Ti sembra una domanda da fare? Non farebbe nessuna differenza, no?"

"Curiosità. Probabilmente è qualcosa che ti hanno chiesto spesso."

"Effettivamente. Non è troppo rara come cosa."

Sfilò la sua mano dalla mia facendola scivolare tra le mie dita; proprio come la mia vita. Rimasi inerme mentre lei si portava qualche passo avanti a me. Mi stava invitando a seguirla. Accelerai il passo e poi, imitando i suoi movimenti, mi fermai di botto.

"Che c'è?", chiesi incuriosito.

"Nulla. Ma è proprio strano. Siamo soli. Non c'è nessuno."

"Be' anche la mia vita è stata così. Magari è per quello", risposi imbarazzato e premendomi con la mano destra sul petto. Il cuore era quasi fermo.
A quel punto, notando un locale aperto la invitai a prendere qualcosa. Entrammo, e anche lì dentro era deserto. Le pareti erano vecchie e di un blu spento, come quello della pelle di un impiccato.
C'erano dei tavolini, delle sedie mal concie, i cestini, qualche bicchierino a terra. La cassa era aperta e nessun soldo vi era al suo interno. L'atmosfera tuttavia non era triste, ma quasi nostalgica, come se fossi già stato in quel luogo.

Memorie Di Uno StupratoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora