Il Funerale

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Quando arrivo a un funerale non so mai come comportarmi.

In questo caso particolare, però, fu la stessa identica cosa.

I miei piedi slittano in automatico verso l'ingresso del campo santo e lì vi trovai le figlie del defunto vestite con abiti ciechi.
Mentre il mio corpo avanzava contro le due ragazze non riuscivo a smettere di pensare a come mi sarei dovuto comportare nei loro confronti.

Che dovevo dire? Come dovevo muovermi? In che modo avrei potuto alleggerire il peso di qualcuno che ha appena perso una madre?

A pochi metri da loro venni sorpassato da uno stormo di amici del defunto che cominciarono a balzare addosso alle due povere vittime degli eventi.
Già piangevano e non provano in nessun modo ad alleggerire la situazione, che di per sé non si prestava alla leggerezza.
Rimasi qualche secondo a osservare le vittime mentre abbracciavano e salutano uno per uno i vari membri dello stormo, e in tutto ciò s'intensificò sempre di più il mio sentirmi un automa. Un Automa che non doveva far altro che assolvere alla propria missione: un convenzionalissimo abbraccio.

Alla fine, come in una macelleria, arrivò anche il mio turno e con dei movimenti spigolosi e rigidi chinai leggermente la schiena e allargai le braccia per richiuderle subito dopo su un corpo che non emanava calore.

Avrei voluto chiedere "come stai", ma la risposta sarebbe stata scontata, inoltre la domanda mi avrebbe sicuramente gettato in un qualcosa che avrebbe generato solo imbarazzo.
Ma nonostante questo, e nonostante alla fine mi conclusi in un classicissimo "condoglianze", penso che forse avrei dovuto chiederlo.
Quando persi mio padre una domanda simile non mi fu fatta, ma credo che l'avrei apprezzata.

Il processo meccanico d'affetto durò pochi secondi, e poi venne ripetuto, forse con meno ghiaccio, con la sorella maggiore.
Dopo di ciò feci qualche passo in avanti e mi voltai, e con l'interesse di un manichino da magazzino guardai i miei familiari fare quello che avevo fatto io, ma con amore. Mia madre specialmente ha trasmesso qualcosa, ha trasmesso vita per un solo istante dilatato nel tempo e con un solo gesto fuori dallo spazio.
Entrambe le sorelle iniziano a singhiozzare e mia madre a stento teneva le lacrime negli occhi che iniziò a serrare con disperazione.

Non so perché io non riuscii a comunicare nulla se non l'obbligo di essere a un funerale, anche se in realtà a me importava.

A me importava.
A me importava.
A me importava.

Semplicemente sono freddo di mio, pensai, ma ora credo che non sia così. Forse è il mio modo di reagire al dispiacere quando non posso scherzarci sopra.
Divenni vacuità per un po', ma quando tornai dai miei pensieri continuai a osservare mentre le due povere ragazze abbracciavano eleganti sconosciuti di cui non ricordo né voce né aspetto. Sembravano quasi marionette anche se dotate di più vita del mio burattino che il mio ego era stufo di guidare.

So, essendo io me stesso, quanto possa essere difficile manovrare con tristezza un corpo a cui mancano valvole, che non viene oliato nel reparto sentimenti da anni e che forse durante il breve arco della sua esistenza è anche riuscito a perdere pezzi dimenticandosi di ordinarne di nuovi.
Una macchina del genere andrebbe buttata via, ma l'aborto retroattivo non è stato ancora legalizzato.

Subito a destra dell'entrata una folla di gente formava un semicerchio imperfetto e irregolare al centro del quale vi era la stanza, grigia e monocromatica, con la salma.
Da lì uscivano furiose le urla della madre che continuarono con volume alterno per tutta la durata dell'evento.

"FIGGHIA ME, FIGGHIA ME! PICCHÌ MURISTI? T'AVII A PIGGHIARI A MIA! A MIA T'AVII A PIGGHIARE! FIGGHIUZZA ME UNN'È BERU! UNN'È BERU!"

(Figlia mia, figlia mia! Perché sei morta? Dovevi prendere me! Me dovevi prendere! Figlia mia non è vero! Non è vero!)

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 15, 2022 ⏰

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