Tre sono i segni distintivi di Louis Tomlinson: il dito medio perennemente alzato, una sigaretta stretta tra le labbra e un'insana passione per il calcio.
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«Sono molte le cose che mi piacciono..» strinsi le labbra l'una contro l'altra, aspettando una reazione da parte sua che, prevedibilmente, non arrivò. Presi fiato e calpestai con il tallone il mozzicone consumato della sigaretta. «Mi piace alzarmi all'alba e correggere il caffè con il whisky, per poi osservare il sole levarsi dietro il colle di Hollywood. Mi piace la prima sigaretta della giornata, con la certezza che ne fumerò altre venti. Mi piace giocare d'azzardo, scommettere e litigare. Mi piace arrivare presto allo studio per registrare, sicuro d'essere solo, ed accordare la chitarra.»
I suoi occhi vagarono sulla mia figura, soffermandosi sul tatuaggio che avevo sul polso, in attesa che continuassi a parlare.
«Ma più di tutto, mi piaci tu. Mi piace averti attorno. Mi piace guardare il tuo bel culo mentre, indossando una mia t-shirt, gironzoli per casa. Mi piaci quando ti tiri il labbro, in maniera completamente distratta. Mi piaci in tailleur e in costume da bagno. Mi piaci quando non rispondi al telefono perché sei incazzata con me. Mi piaci così tanto che, se potessi tornare indietro, non ti sposerei per sbaglio a Las Vegas bensì organizzerei una grandiosa festa solo per poterti celebrare.»
Le porte scorrevoli dell'aeroporto si muovevano compulsivamente alle sue spalle, in un via vai di gente che entrava ed usciva.
«Ed è per questo che ti chiedo -no, ti imploro- di non tornare in Australia. Non prendere quell'aereo, rimani con me perché sai che è giusto così e perché lo vuoi anche tu. Rimani perché, seppur incasinata e caotica, la tua vita è qui. Con me.»
