Ti ho preceduto, scusa il mio affanno, ma credevo, una volta che la mia testa fosse spuntata oltre la breve salita e sferzate di brezza primaverile l'avessero investita scompigliandone la chioma, di poter riprendere fiato tutto in un respiro. Per questa prospettiva di libertà mi sono spinto più avanti di qualche passo, ma non abbastanza perché tu potessi perdermi di vista ed è amaro il sapore che sento sul palato nel realizzare che in fondo vorrei che tu fossi giunto fin qua da solo.
Ho paura, un accumulo di spiacevoli brividi mi percorre e per quanto ne possa trovare ragione nel freddo della montagna e nel cielo grigio, so che il segreto che custodiscono affonda le radici in motivi molto più complicati.
Le nuvole vanno e vengono, percorrono strade invisibili e gettano ombra o inondano di luce fredda l'erba su cui pesto. Gli scarponi mi appaiono come improvvisi macigni legati alle caviglie ora che ti sto aspettando e so che in questi pochi secondi in cui ti osserverò, prima che tu possa riposarti con me, potrò viaggiare e perdermi nuovamente. Oltrepasserò la fenditura dello spazio-tempo, esplorerò strade deserte ed anguste abitazioni solitarie, alla ricerca del mondo e del me stesso che ho lasciato ad attendermi e quando tornerò ti racconterò di magici luoghi di cupo incanto, in cui gli uomini vivono divisi dall'anima e possono parlarvi quando più li aggrada. Quanta inquietudine per quei mutevoli esseri, plasmati alla nostra nascita dal nulla per tornare al nulla: polvere di dorate stelle, nulla di più. Le persone, laggiù, nell'alienazione in cui mi sono avventurato, parlavano di mondi in cui corpo e mente sono un tutt'uno e nel vedermi hanno creduto di aver davanti la più penosa delle creature: un'uomo che ha perso l'anima, il suo prezioso contenuto esterno, il suo compagno, quel daimon che in fondo è insito in ognuno di noi. Non capivano, così mi dissi, che io il mio spirito me lo tenevo ben stretto, strettissimo, talmente stretto da soffocarlo.
Ne sono uscito a metà, né più né meno, da questo contorto sentiero. Quale fine è stato scritto per il mio viaggio? Sono curioso ed intimorito, proprio adesso, con le gambe rigide nel mezzo di una natura che mi ha accolto già una volta nello sconforto.
Sto per andare di nuovo giù, sotto alla superficie, e attendo il tuo segnale per tuffarmi. Mi sorridi, ma non è questo, perciò indugio ancora. Mi raggiungi, mi chiedi perché non mi stia muovendo, scrollo le spalle, riprendo il cammino e non guardo in alto, non come te. Forse non mi darai il permesso per immergermi e un senso di nausea mi coglie.
Non è una bella giornata, l'ho capito quando stavamo per uscire dal sottobosco e nessun caldo accogliente ci ha dato il benvenuto sul prato di erba e miriadi di fiori da sfumature smorte sotto una luce che non poteva rendervi giustizia. Non ho guardato le previsioni, ho solo pensato a trascinarti con me perché... perché voglio rivelarti l'ultima pagina del libro, voglio svelarmi del tutto prima di farti dono di quel che sono diventato. Me lo chiedo, sai? Perché desiderarmi dopo tutto questo tempo? Perché mi ami? Ho avuto tante risposte negli scorsi mesi, eppure non mi sento appagato appieno.
Desideriamo sempre che ci sia di più da scoprire e ho il terrore che tu possa arrivare a sfiorare il mio fondo, a tastarne l'ombrosa superficie ed invece di adagiarti nel rifugio che ti offre e riposarti dopo l'assurda discesa affrontata, ti vedo afferrare la corda e ricominciare a tirare e risalire con silenziose lacrime in occhi pronti ad allontanarsi. Dopo le promesse che ci siamo fatti, le parole mi sembrano innocue dichiarazioni al cospetto di un mondo per cui ogni storia può esser raccontata in un battito di ciglia.
Le persone non vogliono avvicinarsi ai propri limiti o forse mirano proprio a quest'obiettivo tanto difficile da realizzare ed io mi sono dilettato nell'alternare certi stupidi comportamenti. Vorrei sollevare il mento sotto il torbido soffitto del mondo e consumare i ricordi che le vecchie assi del rifugio riportano a galla, guardarti sorridere al suo cospetto e cogliere l'istante in cui la tua espressione si rattrista nel vedermi deglutire mentre stringo la tua mano.
Non ti piace vedermi in questo stato, né gioioso, né infelice, nella nostra solita "via di mezzo" di cui sono stanco di parlare. Mi scuserei se lo volessi, ma, davvero, non ho parole da rivolgerti, non al momento. Aspetto che affiorino da sole, altrimenti inciamperei nelle frasi e farei fatica a separare le pagine del libro davanti ai tuoi occhi, sarebbe come leggere frammenti di capitoli slegati fra di loro ed io desidero essere chiaro, più di quanto sia mai stato. Non cercare di orientarti fra le righe dell'indice, devo essere io a mostrarti le parti mancanti, per saldare il mio debito.
Forse vorrai fare lo stesso per me, ma ti assicuro che non è necessario; troppo spesso la gente confonde la volontà con il bisogno di far del bene e noi due siamo cresciuti in un'indifferenza che ci ha insegnato a soppesare le parole l'uno dell'altro. Ci intendiamo ormai, sulle bugie e sulle verità, sul giusto e su quel che è errato, sulle nostre intenzioni e sui sentieri che i nostri pensieri percorrono. Non ho alcuna aspettativa su di te, né ne ho su di me, limitiamoci ad ascoltarci e questo giorno tramonterà, vedrai, nella tranquillità della nostra reciproca comprensione.
Mi accosto un po' di più alla tua spalla e tu non mi dai alcuna attenzione, non fino a quando non mi sporgo ed il mio collo si piega per farmi adagiare su di te e strisciare con fruscii di rigida stoffa per giungere alla pelle che spunta oltre il colletto. Deposito un morbido bacio vicino alla linea della tua mascella ed espiro avvertendo la rigidità dei muscoli farsi viva solo adesso che siamo fermi. Abbiamo corso, non è così? Avresti dovuto dirmi di rallentare, prima di iniziare a salire ti ho dato un tale consiglio o l'ho solo pensato?
Le gambe si contraggono appena, ma sono abituato a sforzi ben maggiori, perciò non mi lamento.
<Ho caldo> bisbiglio distrattamente.
<Non è vero> affermi con tono che lascia trasparire una certa urgenza di contraddirmi. Che tu abbia già inteso i miei intenti? Sono tanto limpido e bianco ai tuoi occhi? I punti che ho posto lungo la mia strada risaltano esageratamente sulla tela della mia anima e le setole del pennello si sono seccate. Non ho più messo mano su quel meraviglioso dipinto che stavamo creando, ma in fondo è meglio che sia andata così: non sarei stato in grado di portare a compimento un'opera talmente tragica. Ed un po' l'ho fatto per me stesso, concedimelo, non potevo permettermi più trascuratezza del dovuto e scegliere con egoismo mi ha giovato. Se posso aver l'ardire di pronunciare frasi del genere è solo perché le ritengo veritiere.
Far scivolare il pennello fra le dita mi ha ridato la libertà che avevo limitato nel penoso tragitto casa-ospedale e vivere un po' di più per proteggere il mio ristretto mondo mi ha garantito un posto in questo incerto futuro che preferisco al di sopra di ogni altro possibile destino.
L'uomo è fatto così, ha due facce: non può amare senza amarsi.
Con banalità e semplicità mi ritrovo a pensare che tu mi abbia fatto dono della comprensione e che tramite essa io sia riuscito a riconoscere me stesso, te, noi, come ciò per cui è giusto vivere. Sono poche le ragioni che inseguiamo per dare un senso all'esistenza, una è certamente l'amore, qualsiasi sia la sua forma. Nel dolore o nel piacere, io ne conosco i benefici, li condivido con te in questa tarda mattinata primaverile.
È noioso ed interessante, è qualcosa che non vorrei dirti ora che ci attendono giorni più dolci da gustare.
Allora mi premo col capo sull'uomo che amo e basta questo a farti render conto di quanto subbuglio alberghi al mio interno.
<È passato troppo tempo> per cosa? Per chi? Per questo posto? Per aiutarmi ad esser sincero? Hai ragione nel ritenere che spesso e volentieri molti si avvalgono della corsa inarrestabile del tempo come motivo inamovibile per seppellire i rimorsi, tuttavia dovresti conoscermi fin nelle più fini ramificazioni capillari ed esser consapevole del costante ritardo a cui siamo stati entrambi condannati. La nostra non è più una corsa contro il tempo, ma una vera e propria battaglia che imperversa silenziosa sui fili che ci legano. Uno per uno, li sento tremare ogni qualvolta si tendono e vibrano, vibrano fin nell'anima senza risparmiare emozioni lungo il loro percorso.
Questa lotta contro noi stessi ci ha portato via molto e desidererei poter dire il contrario, ma la verità è che ne siamo usciti sconfitti.
<Kacchan! Guarda!> sollevi un braccio ed indichi la piccola apertura della soffitta non soffitta del malandato edificio. È solo uno spazio in cui due bambini potrebbero strisciare e sedersi vicino alla polverosa finestra rotonda, posizionata verticalmente in corrispondenza della porta d'ingresso. Da quaggiù riesci a scorgere le numerose ragnatele che la adornano, sia all'interno che all'esterno, e la sua superficie è opaca, usurata e sporcata dalle intemperie. Tutto sommato non mi aspettavo di meglio, né di peggio: i gradini di pietra dell'entrata sono coperti di terriccio, l'intera struttura dà l'impressione di non aver accolto anima viva per un periodo di tempo relativamente breve, ma che è bastato a rivestirla di un manto di memorie degne di farsi spazio con nostalgia nella mia testa. Come ti ho detto, ero solo quel piovoso giorno d'aprile di tre anni fa e da allora non riesco a scollarmi di dosso la consapevolezza del mio stesso peso, il medesimo che ti sei portato appresso sotto al mio sguardo cieco. Mi hai trascinato da una parte all'altra della città, il nostro immenso labirinto, e in certo senso mi hai confinato nelle sue mura con cura, dandomi attenzioni che da solo non avrei potuto avere. Mi rammarica, più di quanto possa esprimere, non aver fatto lo stesso per te.
Ma ognuno ha il proprio modo di essere e forse il mio è inteso all'amarti indifferentemente dalle azioni, dai pensieri che ci dedichiamo, perché mi nutro di particolari insignificanti e di riflessioni volatili come quelle che al momento si affollano nella mia testa.
Oh, al diavolo la timidezza, la paura! Non meriti le bugie che ti ho riservato, non le meritava nessuno di noi. Ferendoti ho mortificato me stesso e credo che in un certo senso tu sia caduto nel medesimo ciclo di errori.
Mi credevo tuo quando stavo fuggendo dalla presa in cui mi avevi accolto e questo senso di appartenenza si è fatto debole negli ultimi anni, ma ora...ora sono giunto al capolinea e lo ammetto come ho già fatto in molte occasioni: mi hai preso, abbiamo finito di rincorrerci, di nasconderci, siamo rotolati lungo il fianco della collina e ci siamo immersi nell'erba costellata di rugiada. Il temporale è passato e quasi desidero che ne arrivi un altro. Voglio concretizzare le immagini che scorrono dietro i miei occhi e mi lascio cadere al tuo fianco dopo aver sfilato lo zaino, mi stiracchio sedendomi sull'erba pungente e tu mi segui trascinandomi giù con la schiena, portandomi a rotolare un paio di volte per poi ricadere sul terreno distesi e stretti l'uno all'altro.
Ridi mentre siamo aggrovigliati sul prato, mi guardi con quella tua aria di superiorità che mi hai rubato e in alto, oltre la tua chioma riccioluta, il cielo è più chiaro. Non hai nuove confessioni da farmi, non vi sono stelle cadenti a contornare il tuo sguardo, nulla di ciò che rappresenti può più sconvolgermi e mentre ti accetto nella tua totalità e ti spalanco le porte dell'averno in cui mi sono addentrato, lo so: è il mio turno per parlare, per rispondere al tuo inafferrabile <Ti amo>.
Lo definisco tale, permettimelo, poiché per molto le mie mani si sono tese per catturarlo e per ipocrisia sia mia che tua sono sempre rimasto un passo indietro e con qualche acido giudizio di troppo.
E le persone sono talmente cieche verso queste sottigliezze, non ne sei infastidito?
Se un altro dannato veniva piegato dalle peripezie dell'esistenza, per me, per noi, si trattava di un autentico evento, anche se non riuscivo a ricavar nulla da questi Dante che restavano nel nostro inferno per troppo poco tempo. Troppo poco perché riuscissero ad imparare, prima di esser restituiti al luminoso mondo dei vivi. Così è stato per il peccato dagli occhi azzurri a cui ho ceduto, così sono stato io per te.
Tuttavia ho svoltato l'angolo e ti ho trovato, posso riposarmi e devo convincermene.
<Sono stato ingiusto con te> te lo confesso come se le mie azioni non fossero sufficienti e tutte le dolci parole che ti ho rivolto nei giorni scorsi non fossero in grado di esprimere la perdizione verso cui mi conduci.
<Credevo che non mi avresti perdonato> ti confesso ancora.
<Non l'ho fatto - lo dici a cuor leggero, come se fosse ovvio e le mie parole non avessero importanza - e nemmeno tu mi hai voluto perdonare> mi sottrai frasi che a fatica sono riuscito a formulare come pensieri. Annuisco e so bene che ad entrambi il breve silenzio che segue esercita una pressione sul petto. Il mio battito sale in gola, echeggia nel mio corpo e poi ritorna al suo posto.
Forse ci siamo perdonati a questo modo: non cencendendoci alcun condono.
Temo che questo sia solo l'assurdo principio che il mondo segue e nessuno di noi può opporvisi. Tutto prosegue, va avanti e se decidiamo di fermarci, dimmi, è davvero impossibile tornare indietro e cambiare quelle stupide decisioni che ci hanno condotto a questo punto?
<Vuoi ancora fuggire da me?> devo chiedertelo, anche se la risposta non mi stupirebbe in ogni caso. Poiché se mi dessi conferma potrei solo darti ragione e se mi rivelassi di aver superato le tue insicurezze so che ci sarebbero tante altre cose a preoccuparti.
<Sì, e tu?>.
<Costantemente>.
Allora non mi sbaglio, che sollievo e che disgrazia! Lo sconforto e la felicità si mischiano e mi incupisco sotto al tuo sguardo.
Abbiamo voluto troppo ed abbiamo ottenuto troppo, non è così?
Un morbido tepore si posa sulla mia guancia e chiudo gli occhi per concentrarmi sul palmo della tua mano che mi accarezza.
Siamo due codardi, ammettiamolo, non c'è nulla di male; in fondo non siamo semplicemente in grado di rinunciare alla nostra parte più egoista.
<Morirei davvero se me lo chiedessi> non puoi vederle, ma le mie iridi tremano sotto le palpebre e nel tentativo di nascondermi girando il capo verso il suolo sento i tuoi smeraldi seguire le due gocce di rugiada che scorrono lungo il mio viso e mi inumidiscino il naso.
Che la luna cali su questa terra e porti a tacere la mia voce, mi è difficile sussurrarti più verità di quanto già non abbia fatto.Ti impongo questo, ancora e ancora: amami, cercami, rifiutami. Solo così potrò continuare a vivere. Non pretendi che io mi desti dal finto riposo in cui mi sono rifugiato, ti basta che io ascolti il fruscio dei tessuti che indossiamo e che non indugi nell'assecondare i tuoi movimenti. Mi dedichi un bacio, bocciolo solitario nel vento che ci solletica con freddezza, ed io ti prego di tenermi saldamente ancorato a questo tuo gesto.Ti ho rincorso per lungo tempo, ti ho ritrovato in un giorno di pioggia non molto dissimile da questo ed ho accolto in me il tuo malcapitato rimorso. Ho riconosciuto il tuo amore nell'oblio dell'esistenza, ho scoperto che le esperienze che facciamo traggono davvero la loro sostanza dai sogni e questi non sono altro che fugaci disii di perdizione. Anche se appartenessimo a due mondi differenti, la mia anima sarà sempre con te.
Ebbene, eccomi qua a lasciarvi con il solito magone (chiedo venia, so di essere piuttosto melodrammatica).
Diciamo che Katsuki mi ha dato del filo da torcere negli ultimi capitoli ed in questo particolarmente. Vorrei credere di esser stata abbastanza chiara, ma so bene quanto i miei ragionamenti a volte possano essere intricati, perciò ve lo scriverò chiaramente: Kacchan ha pensato di voler seriamente morire non riuscendo a sopportare l'assenza di Izuku che si è fatta via via più pesante nel corso degli anni assieme alla certezza di esser stato parte dei motivi che lo hanno allontanato.
Confessare una cosa del genere era necessario per riallacciarsi al passato e per mettere in chiaro che, pur lasciandoselo alle spalle, la consapevolezza di esserne stati stravolti non potrà mai abbandonarli.
L'ultima frase mi è uscita di getto, come se fosse il finale perfetto, poi mi sono ricordata di averla letta in un manga e niente, vado a piangere sull'ultimo numero di Banana fish ragazzi. (〒﹏〒)
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Lost on you -Bakudeku (seguito di Even if)
FanfictionSeguito di "Even if", ff dedicata alla Bakudeku (necessaria la lettura del libro precedente) Katsuki e Izuku si riscoprono persi nel dedalo di un amore contorto e instabile. Vicini e lontani, con un passato sempre pronto a perseguitarli, cercheranno...