3

57 8 13
                                    



CAPITOLO TRE
«Vi piacciono le caramelle?»


Minji non avrebbe mai lasciato la sua stanza per quella settimana, non dopo aver saputo che anche Park Jisung era lì. Erano passati tre giorni dal suo arrivo a Seoul ed in quel breve lasso di tempo aveva avuto modo di addobbare come più preferiva il suo piccolo, anche se non così limitato, spazio.

Non aveva visto molto Jaemin, ma in quei pochi momenti in cui riuscivano ad incrociarsi in camera o all'ingresso della struttura quando lui rientrava dall'istituto e lei ritirava il suo pasto ordinato su internet, i due parlavano di qualsiasi cosa, conoscendosi a poco a poco sempre di più.

Jaemin non era spesso presente in camera, ma Minji non poteva pretendere troppo visto che stava lavorando per la scuola e, nonostante lui le avesse proposto svariate volte di seguirlo a pranzo nella caffetteria, lei aveva sempre declinato ogni sua offerta, impaurita di poter rivedere in qualche modo Jisung.

Aveva scoperto che il ragazzo era nato a Busan e che si era trasferito a Seoul una volta ammesso alla scuola. I due scambiavano spesso le loro conversazioni nel loro dialetto, ridendo del più e del meno.

Minji gli aveva rapidamente, e brevemente, confessato il suo problemino con Park Jisung ed il compagno di stanza, nonostante ne fosse già a conoscienza, le aveva promesso di tenerlo il più lontano possibile dal quarto piano.

Tuttavia il vero motivo per cui aveva deciso di seguire sua madre non si era ancora fatto vedere. Suo fratello Jungwon non l'aveva mai messaggiata, né aveva mai incrociato il suo fidanzato, Park Sunghoon.

Minji cadde a peso morto sul suo letto, accendendo il suo telefono sperando in una qualsiasi notifica da parte di uno dei due ragazzi, ma che mai si presentò. Sbuffò, posando bruscamente il cellulare di fianco a lei.

Il suo telefono era fuori uso da quando aveva messo piede a Seoul, non poteva più chiamare o inviare messaggi ed avrebbe dovuto cambiare gestore al più presto per poter anche solo contattare gli amici che si sarebbe fatta. Ma non conosceva la città e temeva di perdersi. Perciò avrebbe atteso.

Era annoiata, aveva terminato le cose da fare: la camera era decorata, la valigia disfatta, i vestiti sistemati nell'armadio, i libri ordinati negli scaffali sopra la sua scrivania. Le restava la scelta dei corsi che ancora non erano stati pubblicati ufficialmente.

Sarebbe volentieri andata nella scuola a meno di cinquanta metri dal dormitorio in cui si trovava a fare richiesta per entrare nella squadra di pallavvolo, ma da quando Jaemin le aveva detto che Jisung faceva parte del consiglio studentesco come rappresentante, ci ripensò subito.

Soprattutto perché sapeva che adesso erano tutti riuniti con il dirigente del consiglio in seduta. Avrebbe aspettato. Sarebbe andata quando sarebbe stata certa dell'assenza del ragazzo interessato.

Quindi cosa poteva fare in quel momento per tenere la noia lontana?

Un pensiero le balenò in testa veloce come un fulmine: le due ragazze al primo piano. Doveva conoscerle se voleva passare il suo tempo con qualcuno senza annoiarsi.

Adesso sapeva quale sarebbe stato il suo prossimo obbiettivo. Con fretta ed entusiasmo si alzò dal letto, raccolse il telefono e controllò davanti allo specchio i suoi vestiti: indossava una tuta ed un body attillato ma comodo.

Sorrise, poi frugò nel cassetto della scrivania alla ricerca del borsello dalla quale estrasse una banconota ed uscì dalla stanza, non dimenticandosi la chiave.

HUNDRED BROKEN HEARTS [The ᏓᎥᏰᎥᏧσ Project]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora