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CAPITOLO TREDICI
«Qual è il nostro asso nella manica?»


Tre giorni dopo

Minji era tesa come una corda di violino. Finalmente il primo giorno di allenamenti era arrivato ma, nonostante l'emozione, il tempo scorreva veloce e quelle che lunedì erano tre settimane prima della prima partita, adesso si riducevano sempre più velocemente.

E Yang Minji non aveva ancora creato la connessione, l'empatia, giusta con le sue compagne, fondamentale per il gioco di squadra perfetto.
Non poteva aspettarsi la vittoria della prima partita con così poco tempo di preavviso, ma, di certo... la pretendeva.

Il suo orgoglio non le avrebbe mai permesso di perdere proprio il primo match, non avrebbe fatto crollare la reputazione di miglior capitano dello stato, ma soprattutto... non avrebbe deluso Huang Renjun.
Non quando aveva posto in lei così tanta fiducia.
E non contro suo fratello.

Deglutì via i pensieri, poi sistemò i capelli in una coda alta e si osservò allo specchio: il viso pallido, gli occhi scuri dallo sguardo furbo e determinato di un gatto, la maglia lunga e larga, a maniche corte, bianca dalle rifiniture blu notte, sul cuore lo stemma dorato della scuola e sul retro, disegnato a caratteri cubitali, il suo cognome scritto in stampatello, seguito dal suo numero rappresentativo: zero.

L'uniforme della squadra.
La sua.

Sistemò meglio i pantaloncini blu, quasi interamente nascosti dalla maglietta, poi indossò le ginocchiere e, infine, le scarpe da ginnastica.

Il cuore le batteva energicamente, come nel giorno in cui, a quindici anni, fu annunciata ufficialmente capitano della squadra istituzionale di Busan.
Un nuovo inizio.

Un breve sorriso timido comparve sulle sue labbra: finalmente sentiva quel calore, quella scintilla di emozione che le erano mancati nell'ultimo anno.

Il sorriso scomparve gradualmente quando si ricordò che proprio Renjun la stava aspettando nell'ufficio della palestra per discutere delle ultime procedure riguardanti la squadra.

Quando la figura della ragazza fece capolino dallo stipite della porta, Renjun non poté non fermarsi ad osservarla: Minji era bellissima, non importava cosa indossasse. Dal fisico tonico, al viso pallido contrastato dalle labbra rosee.

Non riuscì a mantenere i pensieri saldi, i suoi occhi si muovevano ovunque sul suo corpo in questione di attimi e, quando finalmente Minji entrò nella stanza, il suo sguardò si fermò più del previsto sulle sue cosce scoperte.

Un déjà-vu illuminò la sua mente, ricordando lo stesso istante in cui, pochi giorni prima, lo sguardo si era soffermato sullo stesso punto a differenza che, in quel momento, la ragazza indossasse la corta gonna dell'uniforme.

Non riuscì a pronunciare mezza parola e capì che aveva osservato il suo corpo più a lungo di quanto avesse immaginato, Minji parlò.

"E' carina, non trovi?" domandò con un sorriso, riferendosi niente meno che alla divisa.

Solo ed unicamente il pensiero che Yang Minji fosse la gemella di Jungwon riuscì a risvegliarlo da qualsiasi pensiero avesse elaborato in quei frangenti di attimi. Il suo sguardo tornò serio, di ghiaccio, e si spostò dalla ragazza ai sette fogli sul tavolo.

"Non montarti troppo la testa, Yang" disse, attendendo che Minji prendesse posto davanti a lui.

Solo quando fu seduta, la ragazza riuscì a comprendere cosa fosse scritto sui documenti: erano tutti e sei i curriculum dei membri della squadra, tutti incompleti, in attesa che il necessario venisse trascritto.

HUNDRED BROKEN HEARTS [The ᏓᎥᏰᎥᏧσ Project]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora