Capitolo 3

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Era in paradiso. Crystal non trovava altre definizioni per spiegare la sensazione di sicurezza e pace che sentì pervadere il suo corpo al momento del risveglio. Era una sensazione bellissima. Eppure, a farla tornare bruscamente alla realtà fu il momento in cui iniziò a muoversi, avvertendo fitte di dolore lancinanti in tanti punti diversi. Gemendo, gli occhi ancora chiusi, tastò le coltri e la superficie su cui giaceva. Era un letto e, a giudicare dalle lenzuola di seta, era fuor di dubbio che si trovasse in una reggia, non nella solita locanda. Dopo aver dormito in stanze prive delle più elementari norme igieniche, e persino sotto ponti disastrati, quello in cui veniva a trovarsi in quel momento doveva essere davvero il paradiso. Mosse le dita, portandole al volto, e saggiò l'entità del danno causato dall'omone che la sera precedente l'aveva colpita. Era gonfia.

Dannazione, imprecò mentalmente, arrivando a Parigi aveva sperato di risolvere gran parte dei suoi problemi e invece la sfortuna continuava a perseguitarla. Aprì gli occhi, nonostante tutto, e si guardò intorno curiosa. Era su un letto a baldacchino e, a giudicare dall'arredamento elegante e pregiato, di alta qualità, avrebbe scommesso che chi l'aveva salvata era qualcuno necessariamente ricco, molto più che benestante.

La domanda era: chi?

All'improvviso sentì delle voci concitate, seppur sommesse, avvicinarsi sempre di più alla camera da letto e, presa dal panico di non sapere chi avrebbe avuto di fronte, Crystal preferì chiudere gli occhi di nuovo e fingere di stare ancora dormendo. Sentì aprire la porta in modo cauto, come a non voler disturbare il sonno dell'ospite, e dei passi superare la soglia. Trattenne il fiato.

«Sta ancora dormendo...»

La voce proveniva da una donna.

«Povera creatura. Doveva essere al limite delle sue forze» continuò quella, raggiungendola.

«Davvero, Madame Morel, ancora mi domando cosa diamine ci facesse una ragazzina fuori al buio e da sola. In piena notte, per giunta.»

Un'altra donna, giudicò Crystal, però più giovane della prima.

«E dire che è cosi una bella ragazza... Beh,, magari togliendo quel livido sul viso, le occhiaie e il fatto che sia quasi pelle e ossa. Per non parlare dei capelli sporchi e corti, che toccano a malapena le spalle...»

Altri complimenti?, pensò infastidita.

Avrebbe voluto vedere lei, nelle sue stesse condizioni, ridotta a vivere una vita da vagabonda per tre mesi.

«Smettila, Julia. Non sappiamo cosa abbia passato per essersi ridotta in questo stato» disse la signora anziana, difendendola.

Ben detto!, pensò Crystal mentre un sorriso le increspava le labbra.

Decise che era giunto il momento di rivelarsi, quindi si mosse tra le coltri, facendo finta di svegliarsi. Ma quando aprì gli occhi un raggio di sole la colpì in pieno volto. Si schermò il viso in fretta e quel movimento repentino produsse delle fitte che la fecero gemere di dolore, nonostante gli intenti iniziali.

E così, sentendo il suono , le due donne si voltarono nella sua direzione.

«Si è svegliata» disse la signora più anziana, sulla cinquantina e grassottella, andando verso di lei con un sorriso cordiale che esprimeva tanta bontà. «Come ti senti?» le chiese poi.

Crystal, ricambiò il sorriso, tentando di abituarsi alla luce che continuava, insolente, a ferirle gli occhi.

«Ho avuto momenti migliori» bofonchiò intimidita.

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