21 Febbraio 3406
Il motivo per cui Kane Barden non stava affatto disprezzando quel raggio di sole come tutti gli altri era che in realtà al sole non ci stava minimamente pensando. A dire il vero, non lo aveva neanche notato. Perché sebbene il suo sguardo fosse diretto proprio al centro della piazza dove la luce creava particolari giochi di ombre incontrando le ramificazioni degli alberi spogli, quello che vedeva era tutt'altro. Vedeva un stanza, un salotto, arredato con costosi mobili in legno massello, e al centro della stanza un bambino, con i suoi stessi capelli scuri, con gli stessi occhi color ghiaccio e con la stessa cicatrice che attraversava il sopracciglio destro. Una donna matura, con uno sguardo identico al suo, si voltava verso di lui non appena le sue labbra finivano di muoversi per porre una domanda e di scatto allungava la mano per colpirlo in pieno viso. Quale fosse la domanda Kane non lo ricordava proprio, ma la risposta era chiaramente impressa nella sua mente: "vedi bambino mio, quello che chiedi ti porterà a tanti guai. Le domande sono pericolose, cerca di ricordartelo in futuro. È così che vanno le cose, e devi fartene una ragione". Si rese conto, proprio mentre ricordava, che forse "bambino mio" sua nonna non l'avrebbe mai detto, che probabilmente era solo frutto della sua fantasia. Comunque fosse andata quel ricordo tornava periodicamente a affollare i pensieri di Kane e lui aveva deciso di migliorarlo, a suo piacimento. Ciò che infatti sua nonna aveva aggiunto poco dopo aveva modificato in qualche modo una parte della sua vita. Le parole"Vana, questo ragazzo deve essere messo in riga", avevano suscitato una reazione in sua madre, che di conseguenza lo aveva messo in punizione. E da allora era così: ogni sbaglio, ogni svista, ogni errore se pur minimo, era seguito da una penitenza. Ma ciò che quel giorno gli aveva lasciato erano due preziosi insegnamenti: che le domande doveva tenersele per se e che ogni sua scorrettezza gli garantiva la considerazione di sua madre. E per questi motivi non riusciva a scacciare quel ricordo dalla testa.
«Momento di incanto?», la voce di suo padre arrivò come da molto lontano al suo orecchio sinistro, ma questo bastò perché Kane si riscuotesse. Da quanto tempo stava fissando fuori?
«No, no, ehm», Kane si guardò intorno alla disperata ricerca di qualcosa che gli indicasse cosa stava facendo. Alaic sospirò accennando un sorrisetto senza farsi però vedere dal figlio.
«Il pane, devi tostare il pane», disse.
Kane si affrettò a prendere il coltello, posizionare il pane sul tagliere e a dividerlo in fette di identico spessore, rivelando una certa esperienza in quel gesto. Le inserì nel tostapane e spinse in giù la leva, mentre con lo sguardo tornava a vagare oltre la finestra. Solo allora notò che fuori c'era un certo trambusto. Si sporse un po', ma il bancone della cucina divenne un vero e proprio ostacolo impedendogli di vedere cosa stava succedendo nell'angolo est. Perciò Kane si limitò a seguire il filo di luce che arrivava a colpire proprio il centro del giardino della piazza. Sorrise. Ricordò un giorno simile a quello, in quel medesimo punto, quando suo fratello tentò di nascondersi sotto l'ampia gonna di un'anziana signora per non farsi prendere da lui. Suo padre lo sgridò così forte che per poco non pianse, ma una volta rientrati in casa Alaic scoppiò in una risata talmente fragorosa che sicuramente fu sentita anche dagli appartamenti adiacenti. Era questa la sua infanzia: lui, Alaic e Zic. Quel giorno nel salotto della nonna aveva scandito l'entrata in scena nei suoi sbiaditi ricordi anche di sua madre: non più due occhi vuoti che lo fissavano con indifferenza, ma occhi vigili, giudiziosi e minacciosi. Vana non gli aveva mai dato amore, come invece aveva fatto con suo fratello, ma non riusciva assolutamente ad invidiarlo: Kane non conosceva quella sensazione. Alaic aveva cercato nel miglior modo possibile di compensare quella mancanza. Aveva riempito gli spazi vuoti nel cuore di Kane cercando di rattopparli con giornate cariche di iniziative, di insegnamenti, di attività e di gesti affettuosi. Per questo Kane gli era assolutamente grato, ma quel cuore quasi completamente riparato rimaneva comunque scoperto in un certo punto. L'unico tipo di amore che Kane conosceva era quello che provava verso suo padre e suo fratello; ciò che invece aveva con sua madre era una specie di rapporto formale, fatto di imposizioni su se stesso in sua presenza, di assensi e di rispetto. Eppure ogni volta che si guardava allo specchio, sentiva quella donna tanto lontana troppo vicina, giudicarlo continuamente attraverso i suoi occhi: occhi color del ghiaccio, tanto chiari da non poter essere scambiati con altri se non quelli della famiglia Barden. Occhi che in quell'istante cominciavano a bruciare in quella cucina così annebbiata, e che invece continuavano a giudicare ininterrottamente qualche stanza poco più a destra.
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3406
FantasyKane è un ragazzo di 21 anni, cresciuto in un mondo in cui le donne hanno il potere, privo di istruzione e cultura. E' destinato a una vita semplice, dedicata alla cura della casa, della moglie e dei figli. Ma se la sua vita prendesse un'altro perco...