III. Amici

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Trascorrere il tempo con James era diventata quasi un'abitudine.

Lily arrivava sempre per prima - insieme agli operai - e riprendevano il lavoro che avevano interrotto il tardo pomeriggio del giorno precedente. Lily andava sul retro e, sul tavolino abbozzato che aveva messo lì prima che i lavori si potessero concentrare su quella parte della casa, sistemava i fascicoli e i fogli con i preventivi.

Puntualmente verso le nove e mezza arrivava James con vassoi colmi di brioches, cornetti e bignè caldi per tutti e prendeva posto all'altro lato del tavolino rispetto a Lily. Era capitato anche che le portasse il caffè di Starbucks.

Non sapeva perché fosse così attento nei confronti di tutti, eppure non riuscì ad evitare che quel piccolo rito le facesse apparire un sorriso genuino ogni mattina.

A Lily non piaceva chiacchierare mentre lavorava, preferiva il silenzio, mentre James amava il rumore e il suono delle parole che si libravano per aria. Nonostante lei avesse storto un po' il naso inizialmente, non poté più far finta che il costante mormorio di James non avesse assunto quella valenza piacevole di cui adesso non poteva fare a meno.

Inoltre Lily aveva scoperto che oltre il leggero velo di superiorità, che le aveva mostrato durante il primo incontro, c'era molto di più. James era spiritoso, divertente e Lily adorava passare il tempo con lui perché più di una volta si era ritrovata a ridere così tanto che le lacrime avevano preso a scendere da sole; James sapeva sempre cosa dire, non l'aveva mai messa in imbarazzo ed era dotato di una cortesia e di una gentilezza che solo poche volte aveva visto in qualcuno. Era sempre allegro, il suo sorriso non spariva mai, nemmeno quando digitava al computer o rispondeva alle telefonate di lavoro; era efficiente e preciso, aiutava i colleghi qualora avessero avuto bisogno di aiuto e trovava sempre il tempo per consigliare Lily riguardo qualche disposizione di mobili o colori.

Aveva quasi trent'anni ma Lily capì che nella sua serietà si nascondeva ancora un ragazzino di sedici anni che voleva assaporare la vita come nient'altro al mondo. Era intelligente ed era dotato di un'astuzia invidiabile. Nonostante Lily, ormai otto giorni prima, avesse detto a James che avrebbe risolto il problema della querela, non immaginava che a due giorni dal processo avesse trovato un'idea e - ovviamente - fosse tutto filato liscio come l'olio. James era a dir poco geniale e Lily, in un certo senso, si sentì orgogliosa di lui.

«Allora, Evans, Boris ti porterà a cena questa sera?» Le chiese mentre si sedeva a terra con la schiena poggiata al muro della casa e alzava il viso verso il sole di quella mattina.

«È Barry.» Lo corresse Lily continuando a premere i tasti del computer mentre scriveva una mail a suo padre circa qualche aggiornamento sui lavori. «E comunque no, perché dovrebbe portarmici?»

James si coprì un po' il viso per guardarla e strizzò un occhio a causa della luce. «Non è tuo marito?»

«Non ancora», disse ancora Lily premendo invio e girandosi verso di lui. Poggiò un braccio sullo schienale.

«In ogni caso dovrebbe portartici», spiegò il ragazzo mentre continuava a fissarla. Lily aggrottò le sopracciglia non capendo. «Se io dovessi sposarmi, lo farei per amore...»

«Anche lui lo fa per amore», lo interruppe piccata.

James ridacchiò e distolse lo sguardo. «Non ho mai sostenuto il contrario, Evans.»

Lily sentì le sue guance accaldarsi a causa dell'imbarazzo. Non aveva nemmeno idea del perché avesse reagito così. Inconsciamente però lei sapeva che il suo gesto istintivo fosse in qualche modo collegato al suo poco trasporto per l'argomento.

«Ad ogni modo», continuò James. «Se mi sposassi per amore e stessi tutta la giornata lontana da, ad esempio, te; non vedrei l'ora che sia sera per poter stare insieme. Non dovrebbe per forza essere una cena fuori, mi basterebbe anche addormentarmi sul divano mentre in tv c'è un film estremamente noioso.»

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