Non appena Louis vide Harry, qualcosa cambiò.
Non era semplice da capire, ma all'improvviso, gli sembrò di essere tornato al suo primo anno di università, lui sdraiato a letto con gli occhi fissi sul soffitto, con le dita che battevano nervose contro il petto. C'erano tre lezioni ad attenderlo, ma non avrebbe partecipato a nessuna di esse. La stanza era pregna del fumo delle sigarette, uno stato mentale da cui non riusciva a liberarsi. Il suo telefono squillò, ma non rispose. Una sirena risuonava da qualche parte fuori, e tutto ciò a cui riusciva a pensare, era come sarebbe stato morire. Non pensava alla morte in sé, ma all'intero processo, la discesa – o ascesa – nel vuoto. Voleva sapere se, anche per un solo piccolo istante, in quel momento, si sarebbe sentito più vivo di quanto lo fosse stato per tutta la sua vita.
Voleva sapere se ne sarebbe valsa la pena.
Ricordò di Niall che gli faceva visita e che gli diceva qualcosa sul dover uscire, aprire le persiane di tanto in tanto e di smetterla di autocommiserarsi al buio.
Il fatto era che farlo gli faceva paura e non aveva senso ed era stanco.
Dormiva tutto il tempo, eppure, continuava ad essere stanco.
E poi c'era stato il cambiamento.
Si era rimesso in piedi e aveva respirato sotto il cielo aperto. Era stato tutto così luminoso, ogni cosa aveva assunto un colore, e stare bene non avrebbe dovuto essere una novità, eppure lo era stato.
Ricordò di aver ballato con Harry quella prima sera, di aver dipinto con lui, di Harry che lo dipingeva.
Niente gli aveva mai fatto desiderare così tanto di vivere come in quel momento.
E adesso, vedere quello stesso ragazzo lì di fronte a lui, ad un solo passo di distanza, era-
Niente gli aveva mai fatto desiderare così tanto di lottare.
Perché si trattava di Harry – Harry, il ragazzo dolce che indossava abiti color pastello, Harry che preparava rotoli alla cannella – in piedi di fronte a lui, con la pioggia a fargli da sottofondo, dei lividi a marchiargli la pelle come macchie sulla pagina di un libro e-
No.
Il mondo non era più una storia. Louis non poteva più permettersi di narrarla nella sua mente, dal punto di vista sicuro di una terza persona.
Doveva viverla.
Doveva lottare per essa.
Doveva fare qualcosa.
E allora pianse.
Pianse mentre trascinava il corpo di Harry sul gradino della porta, pianse mentre lo baciava sulle labbra, pianse mentre lo conduceva barcollante nell'appartamento e nel suo piccolo bagno e mentre accendeva l'acqua e riempiva la vasca.
Pianse quando gli ci vollero quattro tentativi per convincere il ragazzo a permettergli di spogliarlo con le sue mani, e non sapeva perché stesse piangendo, perché era di Harry che si trattava. Forse anche lui stava piangendo. Era difficile da dire, considerato il vapore che aveva avvolto il bagno e le goccioline d'acqua sui pannelli in vetro.
''Ti prego, Harry,'' lo implorò, le dita ferme sul quinto bottone. Harry era molto più alto di lui, ma in quel momento, rannicchiato nella sua spalla con gli occhi chiusi, sembrava piccolo.
''Non posso, Lou. Io-''
Quell'ambiente era così caldo e soffocante, e il modo in cui stavano immettendo aria nei propri polmoni, era ben lontano dal respirare.
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Little Technicolor Things [Larry Stylinson || Italian Translation]
FanfictionLouis è uno scrittore squattrinato e laureato di recente. Tormentato dalla depressione e dall'ansia, vive a Londra quando incontra Harry, un artista che convive con un segreto e che ama dipingere tramonti e bellissimi ragazzi della California. Tutti...