Boh ahah

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«Buongiorno a lei» ricambiai il saluto appena entrata nell'ufficio.

Tutto era molto asettico: le pareti bianche pallido che parevano appena tinteggiate, i mobili neri senza nessun soprammobile e l'odore asettico di candeggina intriso ad alcool, tranne per il fatto di due raccoglitori strabordanti di fogli riposti su uno scaffale di fianco alla vetrata affacciata su un parchetto adiacente alla struttura.

Mi sedetti su una delle due seggiole - bianche anch'esse - imbottite poste davanti alla scrivania, che fece un debole cigolio quando la alzai per spostarla.

In quella frazione di secondo tutto mi sembrò fermarsi, come se tutti gli orologi di questo Mondo avessero smesso di funzionare: cominciai a pensare a che cosa sarebbe successo se fossi stata accettata per quel lavoro: "Potrò salvare delle vite - cominciai a pensare - però potrei anche sbagliare e far morire qualcuno". Trasalii.

"Avere in mano delle vite non è una bella cosa."

"Ma allora perché sono qua? Perché ho intrapreso questo percorso di studi?."

"Beh, perché mi appassiona."

"Ma non sarebbe stato meglio diventare una professoressa come avrei voluto dalla mia tenera età di tre anni?"

"No, è banale. Mi piace dare sempre il meglio di me stessa."

"Smettila Giulia."

Ritornai nel mondo reale. tutto ricominciò come se nulla fosse.

Dopo essermi seduta appoggiai la mia ventiquattr'ore alla gamba anteriore sinistra della seggiola sulla quale ero. Feci il mio gesto di scaramanzia: chiusi gli occhi, contai fino a tre e li riaprii.

Ero pronta.

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