Il suo battito cardiaco accelerato mi risuonava nelle orecchie come un concerto.
La ferita alla gamba sgorgava sangue quasi fosse un fiume.
-T..ti prego. Ho una famiglia. Non uccidermi.- singhiozzò strisciando lontano da me.Torreggiavo su di lui con le mie iridi nere contaminate da pagliuzze color cremisi attorno alle pupille dilatate dal desiderio di assaporare ogni goccia del suo sangue.
Le vene gli si ingrossarono assecondando le pulsazioni del cuore, analizzai la sua figura.
I capelli castani erano appiccicati alla fronte madida di sudore. Il corpo asciutto coperto da abiti costosi ormai per metà a brandelli. Che spreco, era un bell'uomo.
Sulla camicia bianca una macchia rossa si diffondeva sporcandola di quel fluido caldo e metallico. I suoi pensieri mi arrivarono come un flusso di preghiere e pentimenti.Li sentivo come se parlasse ad alta voce. Mi arrivarono tremanti come la sua voce. Intrisi di paura.
Il desiderio fu incontrollabile la mia gola secca lo reclamava, sentii il veleno inondarmi le vene e con un ringhio mi avventai su di lui prosciugandolo di ogni singola goccia di sangue.
L'arteria esplose sotto i miei canini appuntiti riempiendomi e sfamando la mia sete incontrollabile.Il liquido caldo mi scese lungo la gola attenuando il bruciore dovuto alla fame.
I lamenti si spensero insieme al flusso di pensieri, l'arteria smise di pulsare prosciugata completamente.
Con una mano trapassai il suo petto ed estrassi il suo cuore morto.Lo guardai e riflettei... pure il mio cuore era fatto in questo modo?
Dentro la mia cassa toracica non c'era nemmeno il più flebile battito.
Guardai il povero malcapitato sotto di me, pallido. Gli occhi verde foresta erano vitrei e puntati oltre le mie spalle.
Curiosa di sapere cosa avesse visto come ultima cosa mi voltai... rimasi spiazzata per qualche attimo e quasi pentita di quello che avevo fatto.Ma quello stupore e quel pentimento venne interrotto dalla mia gola che ancora fremeva e bramava sangue.
Una bambina di poco più di otto anni mi fissava sotto shock.
Lei mi guardava, io la guardavo.
Lei tremava, io ero immobile come una statua.
Il suo cuore iniziò a pulsare freneticamente e a contaminare il suo sangue pulito di paura, la mia gola la voleva.In un nano secondo le fui davanti con la bocca sporca ed un'irrefrenabile voglia di analizzare la sua anima.
I suoi occhietti celesti mi fissavano senza battere ciglio. Occhi familiari e penetranti.
-Come ti chiami, piccola?- le chiesi, la voce arrochita dalla sete. I suoi pensieri erano tanto confusi quanto pieni di terrore.
-I...io, m..mi chiamo Selene.- balbettò.
Oh piccola Selene, chi sei tu che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più sporchi segreti?
Gli occhi limpidi della piccola mi penetravano ghiacciando la mia anima sporca unta di sangue, morte e melma.
Nei suoi occhi vidi l'innocenza, la purezza che un tempo possedevo. Che un tempo costudivo ma che mi fu strappata via dal veleno. E da altro.
Oh mio piccolo angelo, perdonami, ti prego. Perdonami.
-Mi dispiace Selene.- sussurrai.Lei mi guardò consapevole, quasi le andasse bene ciò che stavo per fare. Il suo cuoricino rallentò, non aveva paura di morire. I suoi desideri però la tradirono. I pensieri sembravano più miei che suoi, ricordi, riflessioni, sembrava di stare dinnanzi a uno specchio.
Chiuse gli occhi e respirò profondamente destabilizzandomi completamente.-Ci rivedremo, non temere.- rispose lei, ma la ignorai acciecata dalla fame.
Fu veloce, soffocò uno strillo e subito dopo la vita abbandonò i suoi bellissimi zaffiri riportandomi brutalmente alla realtà.
STAI LEGGENDO
Fairytale: The venom's oath
Science Fiction"Sarò tua in ogni sogno, In migliaia di vite, ma non in questa" E se il diavolo fosse reale? E se trovasse un luogo di pace e serenità dove possa lenire il suo dolore? Se ritrovasse la sua innocenza e la sua purezze negli occhi spezzati dal dolore...