Il mattino seguente dopo la battuta di caccia tornai alla base entrando dalla portafinestra di quella che divenne la mia stanza.La lunga chioma di una cometa lacerava l'alba aprendo un rosso squarcio sanguinante lungo il cielo inquinato della città come una ferita dalle sfumature cremisi e violette.
Quella cometa significava una cosa sola, e non era nulla di buono.
Mi lavai di dosso il sangue dei tre cervi che avevo prosciugato e cercai qualcosa di pulito da mettermi frugando nella cabina armadio della stanza. Nulla era tutto vuoto.
Mi tornarono in mente le parole di Natasha, così chiesi all'intelligenza artificiale.
-Friday..?- domandai titubante all'aria.
-Buongiorno agente Volkov, come posso aiutarla?- rispose la voce robotica.
-Sai dove posso trovare dei vestiti puliti?- Assurdo, fino a due giorni prima non sapevo usare il tostapane e in quel momento parlavo con una mente artificiale.
-Può trovare vestiti puliti nello spogliatoio della palestra A.-
-Grazie... Friday.- senza aggiungere altro mi rimisi la tuta e mi diressi verso la palestra.
Dormivano tutti quindi non correvo il rischio di incontrare qualcuno con la tuta piena di sangue.
La cometa era ancora presente, e il rossore dell'alba cominciava a lasciar spazio all'azzurro limpido del cielo, rendendo ancor più visibile lo squarcio cremisi della chioma del male.
Avevamo troppo poco tempo per prepararci, non dovevamo lasciare nulla al caso, o ci si sarebbe torto conto.
Raggiunsi la palestra in qualche secondo usando la velocità da vampiro e cercai lo spogliatoio.
Qualcosa non andò secondo i piani. Sentivo una presenza, qualcuno stava usando la palestra e quel qualcuno era molto turbato.
I colpi accompagnati da grugniti rabbiosi rimbombavano nella palestra come tuoni.
Mi sporsi in avanti per vedere chi fosse aprendo maggiormente la porta per avere una visuale più ampia.
Al centro della stanza il sergente di ghiaccio colpiva ripetutamente un sacco da boxe con violenza e una precisione maniacale. Ogni suo colpo sembrava seguire uno schema logico pensato a disintegrare l'avversario.
Si presentò davanti a me in tutta la sua bellezza selvaggia con addosso un semplice pantalone sportivo e il torace nudo. Guardai le linee ben definite dei muscoli sodi coperti da una sottile patina di sudore che brillava riflettendo i raggi dorati del sole, i pettorali scolpiti che avrei accarezzato volentieri, i capelli anch'essi umidi ondeggiavano seguendo i movimenti del capo.
Tutto in lui urlava: prendimi, toccami, mordimi. Ma i suoi occhi... quelli urlavano: salvami, sceglimi, guardami dentro anche se rischi di ferirti con i miei rovi di spine.
Le sue spalle leggermente ricurve sembravano sostenere il peso di un enorme fardello, e lo vidi il suo fardello e la vidi la sua rabbia.
Il braccio sinistro era interamente di metallo fino alla spalla dove un'enorme cicatrice univa la carne con il metallo.
Conoscevo la sua rabbia.
La nostra era una rabbia che non aveva niente a che vedere con la cattiveria. E' il ruggito di chi protegge le proprie fragilità.
Mi riscossi dai miei pensieri quando con il braccio bionico tirò un gancio più forte dei primi che spezzò la catena che sosteneva i suoi colpi e lo mandò dall'altra parte della palestra con tu tonfo sordo accompagnato da un grido furibondo.
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Fairytale: The venom's oath
Science Fiction"Sarò tua in ogni sogno, In migliaia di vite, ma non in questa" E se il diavolo fosse reale? E se trovasse un luogo di pace e serenità dove possa lenire il suo dolore? Se ritrovasse la sua innocenza e la sua purezze negli occhi spezzati dal dolore...