Mostri...
La gente ha bisogno di un mostro in cui credere.
Un nemico vero e orribile. Un demone in contrasto col quale definire la propria identità.
Altrimenti siamo soltanto noi contro noi stessi.Queste parole le lessi un giorno quando mi intrufolai dentro ad una biblioteca dopo un banchetto a base di morte e sangue.
Presi un libro dallo scaffale, era sgualcito e profumava di carta e inchiostro vecchio.
Le pagine erano leggermente ingiallite dal tempo e l'inchiostro in alcune pagine era sbiadito.Lessi quelle parole, scritte da un certo Chuck Palahniuk, non sapevo se essere d'accordo con lui o meno.
Io un mostro lo avevo, mi tormentava senza darmi pace, un demone sempre e costantemente sulle mie spalle. Mi teneva la gola stretta nella sua morsa gelida e mi sussurrava parole deleterie.
"Uccidi", "Bevi", "Uccidi", "Ancora uno", "Ancora un sorso."
Questi sibili sconnessi mi istigavano.
Risvegliavano la mia sete, e allora capii.Non esisteva un mostro. Non c'era nessun'ombra sotto il letto o dentro all'armadio.
Ero io il demone, ero io il diavolo, io ero il mostro di cui le persone avevano paura, ero i miti e le leggende che raccontavano.
Ero io l'abominio di cui i genitori mettevano in guardia i figli.Quanti figli, padri, madri, fratelli ho strappato alle loro famiglie...
Innumerevoli, un numero troppo grande per essere definito.
Un numero di cadaveri e funerali troppo grande da dire a voce alta.Quindi stavo in silenzio, non lo dicevo, e continuavo ad essere quel mostro nell'ombra. Continuavo ad essere l'incubo di ogni bambino sulla terra e oltre. Continuavo a nascondermi e a punirmi, obbligando me stessa a non sfamarmi per settimane. Continuavo ad obbligarmi a sentire l'odore che emanava la pelle delle persone tra cui mi nascondevo, continuavo ad immaginarmi il sapore metallico mischiato alla fragranza della loro pelle. Senza mai poterla assaporare. Continuavo a bramare l'aldilà, tormentandomi nell'aldiquà.
Dovetti fare uno sforzo estremo durante il tragitto verso il quartier generale dei vendicatori.
Non osai respirare, stetti immobile e meditai per contenere la sete che mi bruciava la gola.Rogers mi guardava stranito notando che non mi muovevo ne battevo ciglio ma lo ignorai continuando con la mia tattica di controllo fissando il vuoto davanti a me. I suoi pensieri erano contaminati dalla paura, ma era una paura amplificata e densa come stesse condividendo la sua mente e i suoi pensieri con altre innumerevoli persone, era preoccupato e non era d'accordo con Fury riguardo alla missione suicida di cui avrei fatto parte.
Sentivo ansia e un nome pensato in continuazione. "Bucky" "Starà bene?" "Sarà uscito da camera sua oggi?" ma a sovrapporsi a questi pensieri c'erano urla e preghiere, ultimi lasciti, minacce. Ascoltarli era fastidioso, a tratti persino doloroso perciò mi tenni il più possibile lontano da essi.Di solito gli umani mi stavano alla larga, il loro istinto di sopravvivenza mi catalogava come un pericolo senza nemmeno esserne consapevoli. E così stava facendo pure Steve. O così supposi.
Cercai sollievo nella mia mente, cercando di evitare i pensieri di Steve e Nick, vagai lungo i secoli che ho vissuto analizzando i miei ricordi. Non era un sollievo ma una tortura, ripensai alla piccola Selene, a quando fosse bella nel suo cappottino rosso. I capelli corvini acconciati in una coda morbida, ricordai il suo profumo dolce e ripensai a come sarebbe stata bella e forte una volta diventata donna.
Quei pensieri vennero spezzati da lei stessa. La bambina si sedette nel posto difronte a me.
Pallida, gli occhi spenti e con la solita ferita nel collo che le ha spezzato la vita.-Ti sto aspettando ...- disse la sua vocina dolce e acuta.
Quella voce echeggiò tra le pareti della mia testa imprimendosi a fuoco nel mio cervello.
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Fairytale: The venom's oath
Science Fiction"Sarò tua in ogni sogno, In migliaia di vite, ma non in questa" E se il diavolo fosse reale? E se trovasse un luogo di pace e serenità dove possa lenire il suo dolore? Se ritrovasse la sua innocenza e la sua purezze negli occhi spezzati dal dolore...