Occhi di serpente

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Avevano camminato lungo una striscia di sabbia grigia ricoperta di ciottoli. Le lievi onde del lago che accarezzavano le caviglie, sembravano dita leggere che imprigionavano e sospingevano i piedi, come a spronarli ad accelerare il passo. La luna piena era allo Zenit, i suoi raggi creavano luci ed ombre sui visi pallidi colmi di aspettativa, che nella notte risultavano spettrali e troppo minuti per quegli occhi grandi e dalle pupille dilatate.

Subito dopo aver svoltato dietro uno sperone roccioso, l'entrata della grotta si palesò davanti a loro come una bocca spalancata. Le fiaccole illuminavano l'ingresso, sia dall'alto che dal basso, come denti pronti a dilaniare le loro carni.

Le coppie entrarono all'interno una dopo l'altra, scortati dalle guide indigene fornite loro dal Resort. Ai loro occhi increduli si mostrò uno spettacolo mozzafiato.

La grotta era circolare. Le pareti di roccia, con striature di marmo dai colori caldi che andavano dal giallo al viola, brillavano per i cristalli di sali che le ricoprivano. Il soffitto era un'ampia volta con al centro, quello che sembrava un gigantesco occhio: un foro circolare da cui filtravano i raggi della regina della notte che andavano a ricoprire di stelle luccicanti uno specchio trasparente di acqua dolce.

La roccia, su cui posavano i piedi nudi, era stata tutta ricoperta da morbidi tappeti multicolori, ampi cuscini erano sparsi in gruppi, o singolarmente, intorno al laghetto. In un angolo dei musici suonavano una melodia ipnotica con gli strumenti locali composta con la loro ampia scala musicale fatta di sette note, cinque semitoni e dodici quarti di toni.

Su rocce più alte, coperte da drappi dai toni accesi del rosso e dell'oro, erano poggiate ciotole con cibi dagli odori speziati, che potevano prendere e gustare con le dita. Le bevande erano servite in bicchieri di vetro policromo che brillavano come gioielli.

Gli ospiti chiacchieravano, mangiavano e bevevano cullati dalle note e senza rendersene conto iniziarono a ondeggiare. I piedi trascinavano i corpi, le braccia si muovevano sensuali e i braccialetti producevano suoni simili al tintinnio di mille campanelli.

Freja fu attratta dai capelli, ricci come trucioli di legno, di una giovane ragazza e danzando le circondò la vita, nascondendo il naso nella sua capigliatura per aspirarne il profumo.

Le gambe si intrecciarono, i seni si sfiorarono rendendo turgidi i capezzoli, le labbra mischiarono il sapore dei rossetti mentre le mani dell'una corsero a liberare l'altra dei vestiti che erano diventati un odioso ostacolo.

Lucas e l'altro marito si avvicinarono alle ragazze massaggiando loro le spalle, strusciando sui sederi, delle rispettive donne, le erezioni e mordendo loro le scapole. Le mani di entrambi si toccarono e carezzarono strette tra i ventri delle mogli e le lingue si unirono in un bacio al di sopra delle teste di entrambe.

La dea sospirò di piacere quando i peni si amarono toccandosi senza sfiorarsi, separati dalla sottile barriera nel corpo prima di Freja e poi di Margaritha, mentre l'acqua del laghetto in cui erano immersi li cullava come il liquido nel ventre di una madre.

Si risvegliarono nudi, corpi confusi con altri corpi. Corpi estranei, ma che dal calore e dall'odore riconobbero come noti.

Non riuscirono a guardarsi negli occhi gli uni con gli altri. Non ricordavano, o almeno non ricordavano le azioni in sé, ma le sensazioni sì.

Cosa sconcertante Freja aveva ancora ridondante in testa una voce di donna che non le apparteneva, ma che aveva parlato con la sua voce e si era mossa con il suo corpo.

Una nenia, un canto risuonava all'infinito dentro lei:

Ora sei me
Io sono te
Gioisci, esulta,
io ti ho scelta
La bella tra le belle
il ventre tuo,
è il mio di ventre
Tu, uovo
puro involucro
madre putativa
di colui che era
doveva essere
e sarà

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 29, 2021 ⏰

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