Song:
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"C'è un pulsante di emergenza?"
"No, ma riprenderà a funzionare in quindici minuti. Non è la prima volta che mi succede."
"Sei già rimasta bloccata qui dentro?"
"Più volte di quante tu immagini." Pronunciando queste ultime parole, sospirò divertita. La guardai nello stesso momento in cui lei guardò me, così distolsi subito lo sguardo. Non sapevo se parlare o stare zitto. Volevo solo che quel silenzio scomparisse, insieme al mio imbarazzo, e al coltempo non volevo mettere lei a disagio. Quando buttai di nuovo i miei occhi sul suo viso, ritrovai i suoi lì ad aspettarmi. Non sembrava a disagio nel guardarmi negli occhi, così realizzai che non aveva senso non guardarla anche io. Chissà perché noi, gli umani in generale, abbiamo paura di guardarci l'un l'altro."Non sei di qui, vero?"
"No, anche se non è la prima volta che vengo ad Arezzo."
"Vieni spesso?"
"Molto spesso."
"Solo per trovare una persona? Intendo, la tua amica che abita in questo palazzo?"
"Diciamo di sì. Vengo qui perché chi incontro è una persona molto importante per me. A volte ci spostiamo in qualche città col treno, ma anche stare in paese non è male."
Alzai le sopracciglia "Beh, immagino non sia così male solo agli occhi di chi ad Arezzo non ci ha vissuto una vita, come me."
"Hai vissuto qui una vita e non hai trovato niente che ti piace? Questa è la cosa assurda."
"No, aspetta, intendevo che... di certe cose ti stufi."
"C'è qualcosa che ti piace, quindi. O che ti piaceva."
"Sì, ovvio che sì. Le strade, per esempio. Non so perché mi piacciano così tanto, sembrano strade qualunque, però sono ben fatte, e con la bici ci passi tranquillo, e quelle vicino al centro poi, quelle sono le migliori, perché..." Il suo sorriso si accentuò, e quando smisi di parlare cercò di trattenerlo con una smorfia "Ti sembro ridicolo, vero?" accennò una risata "No, no! Non mi sembri ridicolo."
"Beh, uno sconosciuto che ti dice che una delle sue cose preferite di un paese sono le strade, di sicuro non ti può sembrare tanto normale."
"Perché no? A me sembra una cosa normale. Una delle poche cose che mi piacciono del mio paese, sono gli alberi."
"Gli alberi?"
"Oh, vedi che sei tu a ridere, adesso?"
Sì: avevo accennato una risata "Direi che siamo pari, dai.""Ecco. Comunque le strade hanno meno senso dei miei alberi."
"Ti riferisci a tutti i tipi di alberi o...?"
"No, ovvio. Gli alberi viola."
"So che sicuramente non sono così, ma nella mia testa mi sto immaginando degli alberi completamente viola, dal tronco alle foglie."
"Certo, come no. Magari se abitassi a Chernobyl. No, no, gli alberi con le foglie viola: meravigliosi."
"Capisco la bellezza, ma non è un po' troppo vago, in ogni caso? Sai, anche qui abbiamo degli alberi. Non so se con le foglie viola, eppure ce ne sono di molto belli sicuramente."
"Mai detto che il mio paese sia un bel paese, sia chiaro. In generale, certo, le strade sicuramente sono più... uniche. Gli alberi li trovi ovunque, di solito, però rimangono comunque la cosa che mi piace di più. Sono belli, colorati, il vento li muove e le loro foglie fanno rumore. Su una strada ci cammini, e poi che fai? Non mi sembra così straordinario il rumore che fanno i piedi quando ci passano sopra, né le ruote di una bici o di una macchina."
"Farò finta che questo paragone della mia bellissima bici alle misere ruote di una macchina non mi abbia offeso e ti spiegherò meglio cosa intendo. Sono in buone condizioni, prima di tutto. Poi, ovunque esse siano, sono circondate da belle abitazioni o, per tua grande gioia, alberi belli."
"Viola?"
"No, peccato!"
"Mi prendi per il culo?" Di primo impatto, non capii se fosse arrabbiata davvero, ma subito dopo rise e risi anche io. Era la prima volta che ridevamo insieme. Il rumore che le nostre voci facevano, unite l'una con l'altra, non mi dispiaceva affatto.
"Il punto è che... la maggior parte di quelle strade non porta da nessuna parte. Adoro i sensi unici, e qui ne abbiamo un sacco. Non ti portano in nessun grandioso posto. Ti fanno guardare ciò che c'è attorno a te e basta."Rimase in silenzio per un po'. Mi aspettavo che presto avrebbe detto: "Che cagate dici?", come la maggior parte delle persone avrebbe fatto di fronte a uno che parla di quanto siano magnifici i sensi unici, invece niente. Non disse niente.
Stare in ascensore con uno sconosciuto è molto, molto imbarazzante. C'è sempre quel silenzio snervante in cui ognuno cerca di guardare altrove, disinteressato. Io, di solito, guardo sempre di fronte a me, nella linea che separa le porte dell'ascensore. Una linea nera che diventa gialla ad ogni piano che supera. Adesso, invece, non guardavo la linea e il silenzio non mi metteva a disagio. Io guardavo lei e lei guardava me. Non avevamo più paura di stare zitti, né di parlarci. È difficile continuare ad aver paura quando capisci di aver trovato qualcuno che, come te, è capace di parlare di alberi viola e vicoli ciechi come se fossero il Big Ben e la Torre Eiffel.
L'ascensore si mosse. Le porte si aprirono. Non avevo mai voluto tanto ardentemente che le porte di un ascensore non si aprissero mai. "Cosa farai se non è in casa?" le chiesi "Cosa?" "La tua amica. Cosa farai se non è in casa?" "Oh, ehm, la aspetterò, credo. Magari andrò a farmi un giro in paese." Fece un passo e uscì dall'ascensore. Aspettai un po' prima di cliccare il pulsante del piano terra. Aspettò anche lei. Quando si girò verso di me, allungò la mano "Mi chiamo Rebecca, comunque" le strinsi la mano "Piacere, Stefano".
Quando le nostre mani si staccarono e lei andò verso la porta più lontana, io cliccai il pulsante e l'ascensore si chiuse. Mentre osservavo la linea diventare nera, poi gialla, poi nera e così via, pensavo a rumore facesse il silenzio quando lo condividevo con lei.

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Ancora Una Volta
RomantizmStefano e Rebecca si innamorano in una notte. Lui non sa che si è già innamorato di lei in altre 30 vite. "L'equazione di Dirac, (∂ + m) ψ = 0, dice questo: se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati...